Cronaca

Mostra, Andiamo a Nozze. Tracce di
vita intensa nella Chiesa di Martignana

All'allestimento hanno partecipato la Parrocchia di Santa Lucia, le ACLI locali e le Aquile di San Giovanni in Croce. E' aperta al pubblico ogni pomeriggio dalle 15 alle 17.30 fino al 9 gennaio compreso. Merita di essere vista. Sono ricordi, tranches de vie come definirebbero in maniera poetica i francesi. E la poesia c'è tutta: una poesia popolare e gentile ma non per questo meno preziosa

Nella parrocchiale di Santa Lucia scorrono le immagini, proiettate sul telo messo a fianco dell’altare. Sono le scene di matrimoni, di 26 matrimoni documentati, di nativi di Martignana Po o di chi, nato in altre lande, a Martignana Po si è trovato a vivere. In chiesa c’è don Gino Assensi insieme ad una donna che accompagna un’anziana. E’ una delle spose ritratte, ma conosce molti dei volti che scorrono nella proiezione. In paesi come Martignana ci si conosce un po’ tutti. Don Gino, animo gentile seppur refrattario alle riprese, fa un po’ da cicerone. Perché la mostra Andiamo a nozze  è bella da vedere, traccia una parte di storia del paese, ma è ancor più interessante per tutti gli aneddoti che don Gino può raccontarti.

Parte da un giorno speciale del 1966. In quel giorno furono tre i matrimoni celebrati. Un evento per la piccola comunità: “Due – ci racconta il parroco – erano famiglie piuttosto benestanti, la terza era povera gente. Siccome doveva essere un giorno di festa per tutti, le due coppie benestanti decisero di provvedere loro anche per il terzo matrimonio”. Grazie a quel gesto fu una giornata bellissima per tutti. La solidarietà di paese è pure questa.

Le chiamano piccole mostre locali. Sono l’importante spaccato di vita di una comunità. Eventi unici, dall’infinito calore e bellezza. Tante di quelle anime ritratte non ci sono più, volate in altri lidi. Ma fa piacere rivederne alcuni. Ritrovarli tra le pieghe di una storia locale. C’è il medico di base, l’agricoltore, ci sono persone conosciute tramite gli scutmai che qui sono di moda. Tra i matrimoni che scorrono ce ne è uno celebrato da don Brioni nel Duomo di Santo Stefano: “Allora i matrimoni – continua a spiegarci don Gino sorridente – non erano tutti uguali. C’erano quelli di prima categoria, per i benestanti e quelli di seconda categoria per chi aveva meno possibilità. La differenza c’era, e anche l’attenzione prestata alla coppia”. La gente lo notava un po’ meno. Quello era un giorno felice, al di là degli averi. Nella mostra c’è anche un po’ di storia del costume. Fa sorridere una foto di gruppo con tante signore a un matrimonio celebrato a Martignana ornate da improbabili cappelli. Allora la moda era quella: “Sembra quasi che abbiano svaligiato la cucina!” e in effetti alcuni di quei cappelli allora alla moda sembrano pentole rovesciate.

Tra i documenti più interessanti c’è un’inventario di dote del 1894.La dote, ci racconta don Gino, era fondamentale a quel tempo. La portava la sposa, in parte in oggetti e in parte in denaro. Ci racconta di Cremona, di enti religiosi in tante parrocchie che si occupavano di fornire dote a chi non ne aveva. Perché sposarsi senza dote era difficile, se non impossibile. A Cremona c’era il Consorzio sant’Omobono. Il parroco ci racconta anche di una dote estratta a sorte tra le spose più povere. L’inventario di dote è comunque un documento straordinario. Un vero e proprio atto ufficiale in cui venivano stimati i valori degli oggetti che la sposa portava. Sono i poveri oggetti che Bortolotti Pietro dava alla figlia Filomena, che andava in sposa a Luigi Bottoli. C’è un letto di piuma usato, valore 18 lire, una fodera, 6 lenzuoli, 5 paia di foderette nuove e 2 usate, valore complessivo 65 lire. E poi sottane, calze, scialli (nuovi e usati, stivali ed un comò di noce. La stimatrice che firmava l’atto era in genere una conoscente che sapeva quello che faceva. Il valore della dote di Filomena, valore complessivo, era di 338 lire.

Sono ben 26 i matrimoni con foto che fanno parte della mostra. Il primo è datato dicembre 1945. L’ultimo settembre 2014. Cambiano usanze e costumi, cambiano anche le regole “La dote – ci dice don Gino – è una cosa fortunatamente superata”. Lo stesso parroco ci racconta un altro aneddoto. “A Martignana, nel 1945, furono celebrati ben 23 matrimoni subito dopo la fine della guerra”. Martignana ripartiva anche da lì.

Si potrebbe stare ore a ricostruire le storie di tutti i protagonisti degli scatti. Don Gino è un’ottima compagnia in questo senso. Ma anche Cesarino e Maurizio non scherzano. Tra i ricordi più intensi che porto con me ci sono quelli di 40 anni fa quando, sul balcone mia nonna raccontava ai suoi figli di tanti protagonisti del passato che i suoi figli e lei stessa avevano attraversato. Una sorta di storia a cielo aperto, che mi incuriosiva molto. In fondo lo spirito è lo stesso, e pure la tenerezza di quello che si vede scorrere. La mostra è una continuazione di quella bellissima sulla Sacra Famiglia tenutasi sempre a Martignana. Su quella scia è stata messa in piedi quella attuale che, per evitare troppi pannelli in chiesa e troppi contatti è stata allestita a mo’ di presentazione proiettata a ciclo continuo e la domenica dopo le funzioni. Se ci sono fatevi guidare da don Gino o dagli altri due allestitori. Perché il racconto è parte intensa della mostra. Parte importante.

All’allestimento hanno partecipato la Parrocchia di Santa Lucia, le ACLI locali e le Aquile di San Giovanni in Croce. E’ aperta al pubblico ogni pomeriggio dalle 15 alle 17.30 fino al 9 gennaio compreso. Merita di essere vista. Sono ricordi, tranches de vie come definirebbero in maniera poetica i francesi. E la poesia c’è tutta: una poesia popolare e gentile ma non per questo meno preziosa.

Nazzareno Condina

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