Veni vedi vici: Stefano Marin
campione del mondo di Trout Area
Il successo è arrivato a Teramo, al lago Vecchio Mulino, che ha portato decisamente bene, prima a Stefano e poi ai colori dell’Italia. “Il 25-26 settembre ho vinto il titolo italiano, sfidando un altro centinaio di pescatori. Il 6-7 novembre, invece, è arrivato il titolo mondiale".
In inglese sarebbe un underdog, ossia un grande sfavorito che alla fine si impone e vince. Una storia da film hollywoodiano, insomma. Stefano Marin, classe 1992 da Casalmaggiore, ha iniziato a pescare a 5 anni grazie al papà. Mai avrebbe immaginato, alla soglia dei 30 anni, di potersi già ritirare dopo soltanto un anno e mezzo di attività agonistica, con un titolo italiano e uno mondiale nel palmares. “E’ stato tutto molto inaspettato e anche per questo ho deciso di ritirarmi, comunicando la decisione alla Federazione e al Ct della Nazionale – spiega Stefano -. Io sono un agonista in tutto, ci tengo a vincere sempre ma francamente il lavoro e l’azienda di famiglia, che conta 70 dipendenti, mi assorbono per parecchie ore e con lunghi viaggi per l’Italia. Dunque ho dovuto fare una scelta. La pesca sarà sempre la mia passione, un divertimento, ma ora mi ritiro con molta serenità: anche perché più di così non posso fare. Un titolo mondiale è qualcosa di impensabile”.
Il successo è arrivato a Teramo, al lago Vecchio Mulino, che ha portato decisamente bene, prima a Stefano e poi ai colori dell’Italia. “Il 25-26 settembre ho vinto il titolo italiano, sfidando un altro centinaio di pescatori. Il 6-7 novembre, invece, è arrivato il titolo mondiale a squadre assieme ad altri quattro compagni di nazionale. L’Italia ha davvero dominato e infatti Daniele Burchielli ha vinto il titolo iridato e io mi sono piazzato al secondo posto. Era il primo mondiale Trout-Area della storia, dunque c’era molta attesa: il Covid ha un po’ sfoltito la partecipazione, ma c’erano comunque Nazionali molto forti, in particolare dall’Est Europa”.
Trout-Area, una disciplina nuova. Cosa puoi dirci? “Anzitutto è uno sport sostenibile, perché tu peschi la trota e poi la rilasci subito. Nessun pesce viene ucciso e questo passaggio per me è molto significativo. Detto questo, il lago dove si pesca in tre diverse sessioni – sabato e poi col doppio turno di domenica – viene diviso in spicchi e, a rotazione, come un orologio, ci si sfida in duelli nelle varie zone. Vince chi pesca più pesci in un determinato lasso di tempo, senza considerare il peso. Se sei bravo, nell’arco della due giorni, arrivi a pescare anche 250 trote. Le sfide sono serrate: i primi turni del mattino durano 8 minuti, perché il pesce è meno stressato e in genere abbocca prima, dunque serve meno tempo. Poi il quadrante si allarga e si arriva ai duelli finali da 16 minuti”.
Hai vinto da underdog, si diceva. Come è stato? “Molto particolare, bello perché inatteso. Io non ho mai avuto il tempo di allenarmi seriamente. E qualcuno potrebbe pensare che questo sia di aiuto perché ti toglie la pressione. Forse da questo punto di vista è vero, ma non conoscere affatto il campo di gara ti toglie altresì dei punti di riferimento che possono risultare decisivi: per esempio il colore del lago, le increspature, il movimento dei pesci che si può intuire. Insomma, tante piccole sfumature che chi pesca sempre in quel determinato specchio d’acqua può sfruttare una volta che arriva in gara. Io non riesco, non posso proprio, perché purtroppo questa disciplina si è sviluppata molto nel Centro Italia e dunque per potermi allenare seriamente dovrei sostenere trasferte da 3-4 ore ogni volta. Nell’ultimo anno e mezzo, Covid compreso, avrò pescato sei volte. E in cinque occasioni ero in gara, dalle qualificazioni per gli Italiani, dove nei vari raggruppamenti nazionali partecipano oltre mille agonisti, fino all’apice di Teramo”.
Casalmaggiore, o in generale il Casalasco, possono attrezzarsi per competizioni di questo tipo? “E’ difficile, al momento non vedo strutture. E’ anche vero che è uno sport nuovo, appena sbarcato in Europa dal Giappone, dove da sempre c’è molta attenzione all’ambiente. Non a caso è nato lì questo tipo di pesca molto sostenibile”.
A chi dice che la pesca non è uno sport, cosa rispondiamo? “Dovrebbe provare. Arrivi a fine corsa che sei stremato: è un discorso di pazienza, di concentrazione e ovviamente di forza. Magari le prime pescate, quando sei fresco, riescono meglio, ma posso assicurare che quando arrivi agli ultimi turni, e stai pescando da 6-7 ore, diventa davvero una prova di resistenza. Lì, per me, ha fatto la differenza il mio spiccato senso dell’agonismo”.
Ne parli con entusiasmo. Sei proprio sicuro di volerti ritirare? “Assolutamente sì, non ho ripensamenti. Andrò a pescare per divertimento, ma non in gara. Non voglio sembrare quasi blasfemo, ma sono tra quelli che hanno criticato Valentino Rossi per essersi ritirato tardi e non all’apice della carriera. Ecco, io nel mio piccolo mi ritiro da Campione del mondo. Meglio di così!”.
Giovanni Gardani