Economia

Approvata la nuova Pac più "green",
ma il rischio è dimenticare i produttori

Il Parlamento europeo ha licenziato la nuova Politica agricola comunitaria per il periodo 2023-2027. La Pac si caratterizza per una svolta verde che, tuttavia, potrebbe mettere in difficoltà il sistema agroindustriale con conseguenze negative per l'agricoltura europea e forse, paradossalmente, anche per l'ambiente.

Dopo circa tre anni di negoziati, dialoghi e triloghi, il Parlamento europeo, riunito in sessione plenaria, ha finalmente licenziato la nuova Politica agricola comunitaria, con i tre regolamenti che le daranno corpo nel periodo 2023 – 2027. Così, la nuova Pac prenderà il via il primo gennaio 2023, con due anni di ritardo rispetto alla programmazione iniziale, e questo la dice lunga sulla difficoltà nel trovare una intesa tra i 27 paesi Ue. Il complesso di regolamenti che riguardano l’agricoltura è l’atto più importante dell’Unione europea con lo stanziamento di ben 387 miliardi di euro pari al 33% del totale del suo bilancio e destinati ai  venti milioni di aziende agricole europee. All’Italia spetteranno la bellezza di 38 miliardi di euro. Ma è sulla loro distribuzione che c’è una grande diversità di posizioni.

La nuova impostazione della Pac prevede una decisa svolta green e viene definita più verde, più flessibile, più equa e trasparente e di certo mette gli agricoltori in condizioni piuttosto complicate per poterne ottenere i benefici. Di fatto sono due i segnali importanti che derivano da questa Pac. Il primo è che le risorse messe a disposizione diminuiscono di circa il 10% e il secondo è che guarda molto più attentamente ai consumatori e alle nuove esigenze legate all’ambiente, ai cambiamenti climatici e al rispetto del benessere animale. Tutto ciò secondo le linee di indirizzo dettate dalla strategia definita nel documento “Farm to fork”.

Ma sulla questione della “svolta” ambientale della Pac si sono levate voci critiche, non solo dal mondo agricolo e produttivo, ma anche dalle Università. Intanto si lamenta il fatto che, prima dell’adozione della nuova Pac, non sia stato fatto un approfondito studio sul suo impatto sull’agricoltura europea, e poi che per quanto riguarda gli aspetti ambientali non sia stata coinvolta la parte agro industriale.

Insomma, si corre il rischio che le troppe condizionalità legate all’ambiente possano compromettere gli aspetti produttivi, come dice Alessandro Olper, dell’Università di Milano, che ritiene che l’offerta interna di prodotti agricoli si potrebbe ridurre del 5% per i cereali, del 10% per il latte e di oltre il 15% per la carne. Il tutto anche a fronte di un incremento dei prezzi al consumo.  Il che significa una riduzione del tasso di autosufficienza alimentare nella Ue ed un maggior ricorso alla importazione da paesi terzi.

Con questi presupposti, e in un’ottica globale, come si può dire che questa Pac sarà più sostenibile rispetto alle questioni ambientali e della sicurezza alimentare?

Per il momento contingente bisogna poi sottolineare come l’Italia sia in forte ritardo nella predisposizione del “Piano Strategico Nazionale per la Pac 2023-2027” che dovrebbe inviare alla Commissione Europea entro il 31 dicembre 2021. Documento che, nel recepire i regolamenti della Pac stessa, deve indicare alcune scelte strategiche del nostro paese in tema di agricoltura ed ambiente. Una su tutte, a titolo di esempio, quella sugli ecoschemi. Allo stato attuale è stata presentata da parte del Ministero delle politiche agricole una bozza del PSN che, secondo alcuni addetti ai lavori, è ancora piuttosto vaga.

Insomma, il rischio che si corre è che si inseguano delle posizioni, diciamo non prettamente agricole, snaturando le ragioni stesse per le quali è nata la Pac, e che alla fine potrebbero essere controproducenti per la stessa agricoltura europea e, forse, anche per le questioni ambientali. Senza tenere conto che l’agricoltura è la sola attività produttiva che, oltre a produrre emissioni, ne assorbe anche. Molte di più di quante ne emette. Con un evidente danno per le imprese agricole professionali visto che è stato stimato come, per la sola Regione Lombardia, a causa della convergenza interna si perderebbero circa 90 milioni di euro per i soli titoli base. Un evidente e costoso controsenso.

redazione@oglioponews.it

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