Cronaca

Parma, il grazie di due famiglie alla
TIN. "Hanno salvato i nostri figli"

Chiara Daolio: "“Durante quei 6 mesi di calvario ho rischiato più volte di perdere la testa. Tre cose mi hanno salvato: mio marito, mia figlia grande, il personale della Neonatologia. Al dottor Enzo Romanini e ai medici che ci hanno seguito, alle infermiere, devo la vita di mia figlia e la mia salute mentale”

Hanno condiviso gli stessi timori e le stesse paure, la stessa fatica che segna i volti dei genitori di bambini nati prematuri ma alla fine lo stesso sorriso. Lo aveva scritto Chiara Daolio, di Casalmaggiore, la mamma di Arianna nata di 600 gr alla 24esima settimana in una lettera aperta ai giornali “Durante quei 6 mesi di calvario ho rischiato più volte di perdere la testa. Tre cose mi hanno salvato: mio marito, mia figlia grande, il personale della Neonatologia. Al dottor Enzo Romanini e ai medici che ci hanno seguito, alle infermiere, devo la vita di mia figlia e la mia salute mentale”.

LA LETTERA DI CHIARA – Scrivo per raccontare una storia particolare, in un anno particolare. Mi chiamo Chiara, ho 36 anni e il 22 gennaio 2020, al quinto mese e mezzo di gravidanza, sono partita da Casalmaggiore in macchina, insieme a mio marito, in preda alle contrazioni. I medici hanno tentato di fermare il parto, ma è stato inarrestabile: è nata una bambina. Arianna, 610 gr di peso, subito intubata e portata in terapia intensiva nel reparto di neonatologia dell’Ospedale dei bambini di Parma. Io sono rimasta ricoverata qualche giorno in ostetricia, la mia mente si rifiutava inizialmente di andare a vedere la bambina o probabilmente avevo troppa paura di quello che avrei visto. Il 25 mi sono fatta coraggio e, spinta sulla carrozzina da mio marito, abbiamo raggiunto il secondo piano del NOB, dove ci hanno guidato in una stanza con una culla in vetro coperta da una trapunta colorata. Era sera. Ricordo la faccia di un’infermiera giovane, sorridente, ma una faccia in cui ho letto chela situazione era molto grave. Da quel 25 gennaio io e mio marito siamo andati da nostra figlia ogni giorno, prima insieme, poi, quando il Covid ha sconvolto tutto, uno alla volta, da Casalmaggiore a Parma ogni giorno per 6/8 ore, fino all’ 8 luglio. Arianna ha subito 8 interventi chirurgici, per svariate volte l’abbiamo salutata, fuori dalla sala operatoria, pensando di non rivederla. Le nostre giornate si svolgevano in maniera assurdamente monotona: poche ore di sonno agitato, i cellulari accesi sui comodini per scongiurare una chiamata notturna con prefisso 0521, il risveglio, il pensiero “cosa mi diranno quando entro, cos’altro succederà oggi”, una pigra colazione, un bacio alla mia figlia più grande, 6 anni, -“la mamma va dalla tua sorellina che aveva così tanta voglia di nascere che è uscita dalla pancia tanto presto che adesso deve stare in una culla di vetro finché non è pronta per nascere davvero”- il viaggio in macchina con gli occhi fissi sulla strada e la testa già in ospedale, giù dalla macchina, su la mascherina, si entra, saluto OSS, infermieri, cerco di carpire le prime informazioni, fermo il primo medico che incontro per chiedere novità; a volte non ho il coraggio di chiedere se ci sono novità e allora semplicemente mi siedo, mi tiro il latte, piango e penso a cosa serva tirarmi il latte se tanto la bambina non ce la farà. Alla fine Arianna ce l’ha fatta. Adesso è più di 5 kg, ha già visto il mare e la montagna e sorride a chiunque le si avvicini. Durante quei 6 mesi di calvario ho rischiato più volte di perdere la testa, in più occasioni ho come sentito di aver perso il controllo della ragione. 3 cose mi hanno salvato: mio marito, mia figlia grande, il personale della neonatoIogia. Al dottor Enzo Romanini e ai medici che ci hanno seguito, alle infermiere, devo la vita di mia figlia e la mia salute mentale. Non avrei mai potuto superare quei giorni disumani se non fossi stata in un reparto dove tutte le persone che lavorano, OSS, donne delle pulizie, medici, infermieri, ti salutano con un sorriso ogni volta che ti incrociano e ti fanno sentire il più possibile a tuo agio in un reparto che è l’ultimo posto dove un genitore vorrebbe trovarsi. Grazie per i vostri sorrisi, grazie per i vostri saluti, grazie per il vostro lavoro, grazie per la vostra passione, grazie per aver condiviso tanti momenti con noi, grazie per averci consolato, grazie per averci insegnato ad “andare avanti giorno per giorno, ora per ora, perché anche una sola ora è importantissima”, grazie per il modo in cui ci avete accompagnato in questo folle viaggio. Abbiamo vinto, insieme! Grazie di cuore.  CHIARA DAOLIO insieme a NICOLA LANA, ALICE E ARIANNA

I genitori di Arianna e i genitori di Ginevra, nata alla 28esima settimana che ha da poco compiuto un anno, hanno voluto donare alla Terapia intensiva neonatale dell’Ospedale Maggiore di Parma di cui è responsabile Enzo Romanini un’apparecchiatura utilissima in questo momento per gestire le bronchioliti e/o il distress respiratorio.

Si tratta di un miscelatore di gas ad alti flussi, un metodo di supporto ventilatorio a circuito aperto, sicuro, non invasivo e ben tollerato che negli ultimi anni è sempre più impiegato nel paziente neonatale con distress respiratorio. Tecnicamente l’apparecchio lava dalla CO2 lo spazio morto naso-faringeo, riscalda e umidifica in modo ottimale i gas respiratori e fornisce una pressione positiva che riduce il lavoro dei muscoli respiratori, mantiene l’apertura degli alveoli, previene le microatelectasie.

Ai donatori è andato un sentito ringraziamento da parte del personale sanitario con la coordinatrice infermieristica Mara Cauli e il responsabile Enzo Romanini.

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