Addio a Giorgio Fazzi, medico di base
per vocazione dalla grande umanità
Un mestiere, che è prima di tutto una vocazione, e che infatti Giorgio ha esercitato fino a 75 anni, andando in pensione di fatto soltanto perché costretto (aveva persino fatto un ricorso al Tar per poter andare avanti a esercitare).
Una colonna della medicina locale a Casalmaggiore e nel Casalasco: aveva compiuto 87 anni sabato scorso Giorgio Fazzi, circondato dall’affetto dei suoi cari che nelle scorse ore hanno dovuto salutarlo. Si è spenta così una figura stimata da tutti per la professionalità e prima ancora per l’umanità che ha sempre dimostrato nella sua professione.
Un mestiere, che è prima di tutto una vocazione, e che infatti Giorgio ha esercitato fino a 75 anni, andando in pensione di fatto soltanto perché costretto (aveva persino fatto un ricorso al Tar per poter andare avanti a esercitare).
Laureato a Parma, Giorgio Fazzi è sempre stato medico di base. O meglio è stato qualcosa di più: in qualche caso consulente, in altri psicologo, di sicuro una figura sulla quale potevi sempre contare per qualsiasi problema. La disponibilità ad andare a trovare i pazienti nelle proprie case lo avevano reso una certezza per le tante famiglie che si erano affidate a lui. E per tante generazioni, soprattutto. Anche perché Giorgio Fazzi si era specializzato, tra Parma e Modena, in Pediatria e in malattie dell’apparato digerente, e soprattutto con i bambini era molto attento.
Giorgio Fazzi verrà salutato martedì alle ore 15 con il funerale, seguito dalle Onoranze Funebri Roffia. Lunedì alle 20.30 sarà recitato il Santo Rosario in chiesa a San Leonardo, dove il giorno successivo saranno celebrate le esequie. La famiglia, con la moglie Giancarla, il figlio Mario, la nuova Mariafrancesca e il nipote Giorgio, ringrazia i medici, gli infermieri e gli operatori sanitari per la professionale e amorevole assistenza prestata.
A descrivere chi era Giorgio Fazzi pensa poi una sua paziente, Giovanna Anversa, che così lo ricorda:
“Il Dottore è come il prete, il maestro, il papà, è colui di cui ti fidi, a cui affidi le tue paure, le tue incertezze, la tua vita. E lui era così, il Dottor Giorgio Fazzi era così, il medico di una volta, che veniva a casa, che ti dava del tu e che ti parlava in dialetto. Lo vedevi per strada , nel suo portamento elegante, e si fermava, chiacchierava, ti salutava, un Signore di quelli che la signorilità ce l’hanno alla nascita, attaccata al cordone ombelicale. Medico preparato, capace di non dare peso alle sintomatologie non gravi, un leone di grande azione davanti a sospetti allarmanti.
Il Dottor Fazzi ti accoglieva nel suo studio, con la finestra che dava sul giardino di casa sua e da cui entrava il ragliare del suo asinello a cui era così affezionato, ti ascoltava non solo con le orecchie ma con gli occhi e col cuore, ti faceva parlare e parlare prima di dire la frase classica: “Si metta sul lettino”. Voleva capire cosa c’era di organico e di psicosomatico e se non era nulla di grave: “Sta mia preucupat, a ghè angot, mangia, va a let prest e pensag mia”. Poi si stava lì ancora un quarto d’ora a chiacchierare del più e del meno, dei fatti del paese, della bella Italia, della Reggiana, la squadra di calcio che amava moltissimo, lo chiedeva a mio padre che lavorava Reggio Emilia: “Luigi, e la me Reggiana?”.
Non metteva soggezione, non ostentava affatto la sua cultura anzi, scendeva tra la gente e parlava il suo linguaggio: “Luigi tal sè cat ghè da lasà lé ad fumà? e garés da lasà lé anca me!!!!” Era una certezza, anzi una presenza certa, anche di sabato e domenica, lo si chiamava a casa, ricordo ancora il suo numero di telefono a memoria, rispondeva la moglie gentilissima – appena rientra glielo dico – e arrivava con la sua borsa in pelle nera contenente il necessaire per visitarti – cosa è successo? “Ma Dio Dutur, a sto mia ben!!”.
Poi si sedeva, scriveva a mano la ricetta, spesso gradiva il caffé e due bagole cordiali e quando se ne andava ci si sentiva rincuorati. Veniva a casa, per verificare, tranquillizzare a volte anche per sgridare e scuotere, o per agire con tempestività quando invece c’era gravità. Capitava che tirasse le orecchie alla tua ipocondria, che ti dicesse, elegantemente, di smettere di stufare e di sguazzare nelle paturnie di credersi malati, ma aveva antenne, veri e propri radar, per i sintomi allarmanti, e tenendoti calmo, agiva. Non raccontava frottole, diceva chiaramente cosa constatava, con dolcezza e tatto se qualcosa davvero non andava bene, prendendoti un pò giro se invece erano sciocchezze. Ho voluto bene al mio Dottore, mi fidavo di lui, e la mia famiglia tutta si è commossa con lui quando con le lacrime ci ha detto che andava in pensione.
Era il mio Dottore, quello di una volta, sempre pronto, sempre a disposizione, un pò severo e un pò paterno, interessato alla vita dei suoi pazienti. Era il Dottore dagli occhi grigi e penetranti che guardando i miei capivano tutto, dal fare calmo e risoluto che dava tranquillità. Casalmaggiore oggi saluta un suo figlio che fu padre di tanti, saluta “il Dutur” che sapeva essere presenza, pacca sulla spalla e coperta calda. Grazie Dottor Fazzi”.
G.G.