Saman Abbas, un caso aperto:
le nuove piste (con gli uomini di Regni)
Sul fronte internazionale si muovono le ricerche dell’altro zio e del cugino di Saman, accusati di essere gli esecutori materiali del delitto. Tutte tessere di un puzzle complicato, sul quale però gli uomini di Regni, pur provati anche psicologicamente (un “caso aperto” è sempre fonte di crucci), continuano a lavorare. GUARDA IL SERVIZIO TG DI CREMONA 1
I riflettori sembrano essersi un po’ abbassati, ma c’è qualcuno che continua a lavorare sotto traccia per arrivare a risolvere il giallo che ha sconvolto l’estate nella Bassa Reggiana, tra Novellara e a Guastalla. Quel qualcuno è il Tenente Colonnello Luigi Regni, comandante della stazione Carabinieri di Guastalla ed ex guida della compagnia di Casalmaggiore, e i suoi uomini sono con lui. Il giallo in questione, ovviamente, è quello di Saman Abbas, la ragazza pachistana scomparsa a fine aprile e probabilmente uccisa dai famigliari che non accettavano la sua “occidentalizzazione” e in particolare la sua relazione con un ragazzo italiano.
Le ultime notizie passano da una lettera anonima al “Resto del Carlino” che spinge le ricerche verso il fiume, dove il corpo di Saman si troverebbe da sempre, “fatto a pezzi e dato in pasto ai pesci”. All’ipotesi del fiume, tuttavia, Regni non ha mai creduto perché in quei giorni il lockdown pressoché totale avrebbe reso molto rischioso, con i controlli in strada (spesso anche su vie secondarie), sbarazzarsi del corpo arrivando fino al Po, dunque percorrendo diversi chilometri.
Quel che è certo è che il lavoro è stato puntuale, certosino e faticoso. Non solo fisicamente, ma anche psicologicamente. Le ricerche sono andate avanti per tutto il mese di maggio, per quello di giugno e poi fino al 20 luglio, quando sono state sospese. Il gran caldo di quei giorni ha anche imposto di muoversi soltanto la mattina presto o la sera tardi, in mezzo ai campi dove l’afa si percepisce anche di più che altrove.
Dapprima i Carabinieri si sono mossi con particolari punteruoli che, forando il terreno, avrebbero potuto intercettare la presenza di gas corporei, percepiti poi dai cani delle unità cinofile, che sono arrivate anche dalla Svizzera e dalla Germania, dove gli animali vengono addestrati in maniera molto più specifica.
Non è tutto: sono stati battuti – palmo a palmo ed ettaro per ettaro – i vari campi della zona di Novellara con l’ausilio di un elettromagnetometro, che consente di individuare stratificazioni del terreno tipiche di una zona appena mossa o dove la terra ha subito modifiche recenti. E ancora sono stati contattati esperti di archeologia, per cercare di “studiare” eventuali modifiche del terreno, che si notano in caso di sepoltura. Nulla da fare, a parte qualche falso allarme.
Le prossime mosse? Anzitutto sperare di avere qualche informazione da uno dei cugini di Saman (non quello ritenuto responsabile dell’omicidio, ma “semplicemente” il complice), che è stato fermato in Francia e da qualche giorno si trova in carcere a Reggio Emilia. Dopo di che si attendono le mosse dell’Interpol, la polizia internazionale che potrebbe riuscire a organizzare un interrogatorio in Pakistan dai genitori di Saman, che nel frattempo non sono rientrati nella loro casa di famiglia, dove avevano detto di essersi recati, subito dopo la sparizione della ragazza, perché un loro parente stretto si era sentito male.
Sul fronte internazionale si muovono anche le ricerche dell’altro zio e del cugino di Saman, accusati di essere gli esecutori materiali del delitto. Tutte tessere di un puzzle complicato, sul quale però gli uomini di Regni, pur provati anche psicologicamente (un “caso aperto” è sempre fonte di crucci), continuano a lavorare.
Giovanni Gardani