Casalmaggiore e i "tempi antonini":
la ricerca dello storico Tino Rosa
Non smette di farsi guidare dalla sete di conoscenza Costantino Rosa, che associa la storia sempre all’orizzonte locale, offrendo così uno spaccato dei tempi andati e di grandi guerre che interessarono anche Casalmaggiore. GUARDA IL SERVIZIO TG DI CREMONA 1
Un viaggio nella storia, quella del Cinquecento, un percorso a ritroso a caccia di curiosità e di spiegazioni: non smette di farsi guidare dalla sete di conoscenza Costantino Rosa, che associa la storia sempre all’orizzonte locale, offrendo così uno spaccato dei tempi andati e di grandi guerre che interessarono anche Casalmaggiore.
Tutto parte da una domanda: perché i tempi duri, da queste parti, si chiamavano fino a qualche decennio fa “tempi antonini”? “Cosa vuol dire – si chiede Rosa – e perché anticamente e per moltissimo tempo si usò a Casalmaggiore tale espressione? La spiegazione la troviamo nella storia di Casalmaggiore del Romani e non solo. Andiamo con ordine. Luigi Gonzaga, detto “Rodomonte” il 25 novembre del 1525 entrò in Casalmaggiore per prenderne possesso, avendo il padre, Ludovico, acquistato da tempo detta cittadina e tutto il suo contado, al caro prezzo di 20.000 scudi d’oro, dal duca Massimiliano Sforza di Milano.
Da Casalmaggiore ne uscì dopo pochi giorni con l’intero suo seguito e truppe. Cos’era successo? Semplicemente era successo che da parte dei nuovi padroni della Lombardia, gli spagnoli, non era ben chiaro se dovevano riconoscere la proprietà di Casalmaggiore ai Gonzaga o meno, poiché nel frattempo ne reclamavano il possesso i francesi e lo Sforza stesso.
L’Imperatore in persona affidò allora al Vice Re di Napoli il compito di studiare la questione, anche perché se i Gonzaga di Sabbioneta non potevano ottenere il possesso di Casalmaggiore, chiedevano almeno la restituzione della somma versata. Non essendo stato ancora risolto il problema, l’Imperatore affidò l’incarico a Francesco Ferdinando D’Avalos, ma anche costui per causa di morte, non poté prospettare una soluzione.
Nel frattempo Casalmaggiore passò di “proprietà” dai francesi agli Sforza, dai Gonzaga agli spagnoli per ritornare ancora ai francesi e via dicendo, fintanto che gli spagnoli, per evitare qualsiasi questione, l’occuparono con ben 700 soldati e 120 cavalli inviati da Antonio de Leva comandante dell’esercito di Carlo V in Lombardia, occupazione che non sarebbe stata né la prima e nemmeno l’ultima.
A tali truppe la nostra comunità prospettò un trattamento di tutto riguardo purché non infierissero sulla popolazione: inutile speranza! Non solo non rispettarono gli accordi per i loro alloggiamenti o acquartieramenti (vitto, alloggio e paga) ma ben presto iniziarono a pretendere molto di più di quanto concordato ed a svaligiare le case soprattutto nelle frazioni, rubando a man bassa non solo i prodotti della terra ma anche beni sacri conservati nelle chiese, picchiando e molestando chi non poteva pagare. Molti abitanti dei nostri paesi non avendo più nulla da dare, distrussero le proprie case per vendere le pietre nientemeno che a Ludovico Gonzaga di Sabbioneta (che in quel periodo stava rafforzando le mura della sua cittadina), per poi consegnare l’incasso alla soldatesca.
Anche gli occupanti vendevano a loro volta i materiali delle case distrutte al duca sabbionetano e facevano trasportare pietre, porte, travi e quant’altro con carri provenienti da Casalbellotto e Quattrocase. Quindi tempi veramente drammatici chiamati proprio “tempi antonini” poiché Antonio de Leva (scritto anche De Leyva 1480-1536) veniva considerato colpevole di aver lasciato mano libera alle sue truppe di compiere ogni scempio nelle nostre terre dopo che negli anni precedenti erano avvenute distruzioni, rapine, sottrazione di oggetti sacri nelle chiese ed altre nefandezze per mano di soldati francesi e spagnoli (il Romani li definisce assassini, esseri invisi più dei turchi o dei barbari dell’Africa), dopo che i vari dominanti si erano sbizzarriti nell’applicare nuove gabelle (l’ultima in ordine di tempo quella sui focolari) ed in assenza di un governo della nostra città capace di mantenere l’ordine o comunque di proteggerla.
Ma chi era Antonio de Leva? Era un comandante particolarmente aspro nel carattere probabilmente a causa di una vita trascorsa fra gli orrori delle guerre e le sofferenze personali dovute a malattie (morì di gotta), al servizio dell’imperatore Carlo V. Era anche il bisnonno paterno di Marianna de Leyva ossia suor Virginia o meglio la Monaca di Monza di manzoniana memoria.
Finalmente lo scempio ebbe termine con Luigi Gonzaga che nel 1526 riuscì ad entrare in Casalmaggiore (con il beneplacito dell’imperatore per abbandonarla definitivamente e per sempre di lì a poco) e successivamente per il ritorno vittorioso dei veneziani. Le distruzioni continuarono ancora a lungo (di lì a poco sarebbe arrivata anche la peste) e dovranno trascorrere ancora lunghissimi “tempi antonini” prima di vedere la nostra cittadina vivere in santa pace!”.
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