Ambiente

Golena, servono politiche
diverse. E una più stretta tutela

Serve ripensare al fiume e alle sue terre come un'area unica. Un'area in cui le tutele non possono essere regole a metà, aree in cui si ragioni come d'un immenso parco naturale. Servono vincoli ambientali rispettati e fatti rispettare.

Servono politiche nuove, e nuove consapevolezze. La golena è sempre più povera, sempre più in balia delle poche regole e degli ancora più scarsi controlli. E la golena cremonese non è immune dalla deriva. Sono cambiate le terre e gli orizzonti, e non perché le lande al di là degli argini siano – da sempre – lande disegnate dalla natura, dal suo susseguirsi di piene e secche, ma perché è l’uomo il primo artefice dei radicali cambiamenti.

Negli ultimi dieci anni – per non andare troppo in là – sono scomparse aree umide, si è assottigliato in numero di piante, di aree naturali, si è assottigliato anche il numero dei fossi. Dei fiori di campo, delle aree di ripopolamento, di quelle di nidificazione. La golena è cambiata e sta cambiando. In peggio.

C’è qualche piccola luce. Qualche piccolo progetto come quello dell’oasi Le Margherite di San Daniele, o quelli dell’area tra Martignana e Casalmaggiore seguiti dal Rotary con la piantumazione di essenze, la creazione (o il ripristino) di percorsi e di aree naturali. C’è qualche microprogetto, qualche piccola luce che non serve a illuminare il buio, l’immenso buio.

Servono politiche nuove, e nuove consapevolezze. A partire da quella – più importante – che senza tutele le aree golenali sono e saranno sempre più soggette al degrado se non si interviene in maniera radicale. Il Casalasco ha perso le sue GEV, la Polizia Provinciale (l’unica autorizzata a trattare le speci selvatiche) è una presenza evanescente. In sottonumero, a diretta responsabilità di un ente, la provincia, che per sopravvivere è costretto ai salti mortali, non si incrociano quasi mai in golena. Le segnalazioni di abbandono di rifiuti sono sistematiche. L’inchiesta di Brescia sui gessi avvelenati – se tutto l’impianto verrà confermato – ha mostrato come alcuni di quei campi in cui venivano sotterrati gessi di defecazioni mischiati a liquido per batterie e chissà cos’altro sono in terre golenali. Sono quelli soggetti a piene, quelli in cui l’acqua poi si riprende parte di quella terra, parte di quello schifo, e lo ridistribuisce in altri dove.

Servono politiche nuove. Non servono le iniziative estemporanee, i premi virtuosi, le buone pratiche che fanno bene forse e solo per sentirsi più tranquilli. E al momento pure il mab unesco è poco più di una targa da appendere a qualche parete. Millemila riunioni per fissarne altre millemila. Millemila panini con la salamella e birre per dirsi quanto è bello il fiume. Millemila parole, pure queste, pure quelle scritte qui, pressoché vane.

Serve ripensare al fiume e alle sue terre come un’area unica. Un’area in cui le tutele non possono essere regole a metà, aree in cui si ragioni come d’un immenso parco naturale. Servono vincoli ambientali rispettati e fatti rispettare. Serve, e servirebbe, tutto quello che non c’è. Ed è questa la vera tristezza delle aree che dall’altra parte della dorsale arginale guardano al fiume: la golena è terra sempre più povera e degradata. E il futuro non sembra lasciar presagire nulla di buono.

N.C.

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