Cronaca

Lotta Giorgio in ospedale a
Bergamo: ha forza e coraggio

Non lo lasciano solo, non lo lasceranno solo. Lo aspettano con la tenace convinzione che ce la possa fare e quella, ugualmente tenace, che possa sentire tutto l'affetto e l'amicizia che c'è, e farsene forza

Sta lottando come sa fare. Con tutto il coraggio che ci vuole. E chissà se sente tutta l’energia, e la speranza che lo circonda. Non lo lasciano solo gli amici di una vita, combattono e sperano con lui. Gli parlano. E’ lì, in un letto d’ospedale, sempre sospeso tra la vita e la morte e lotta. Giorgio Bianchi, l’escursionista 54enne di Motta San Fermo, frazione di Casalmaggiore, caduto due giorni fa mentre stava tornando dal lago del Diavolo verso il Rifugio Longo a 2000 metri, sulle Alpi Orobie a Carona, in provincia di Bergamo, trasportato dall’elisoccorso al Papa Giovanni di Bergamo in condizioni critiche, operato alla testa e curato con tutta la professionalità dell’ospedale bergamasco ha superato le prime 36 ore. Dicono che le prime 48 ore, in condizioni come le sue, siano fondamentali.

Non è messo bene. Un volo di 50 metri su un percorso roccioso, fratture e traumi vari, un taglio profondo alla testa. Ma, sino a ieri sera (ultimo aggiornamento) era lì, a lottare. I medici del nosocomio bergamasco tengono tutti con i piedi a terra. Le condizioni – come dicevamo – sono molto serie. La vita è attaccata a un filo e le condizioni restano gravissime. Ma Yorghe resiste. Ha la tempra della sua terra, lo spirito lieve di chi è avvezzo alla fatica e l’affronta. Ieri, oggi, sempre.

Per chi crede c’è la fede. Tantissima ne hanno i suoi genitori, Franco ed Annunciata. Tanta la sua comunità che spera. Per chi non crede – o crede in maniera diversa – c’è la solidarietà umana. Quello spirito che ha sempre animato la sua vecchia compagnia di amici. Gente dalla testa dura come la sua, e dal cuore grande che sta sostenendo, e sosterrà quella sua lotta anche nei giorni a venire. Non lo lasciano solo, non lo lasceranno solo. Lo aspettano con la tenace convinzione che ce la possa fare e quella, ugualmente tenace, che possa sentire tutto l’affetto e l’amicizia che c’è, e farsene forza.

N.C.

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