Sanitari senza vaccinazione: 188 casi
in Ats, ma la situazione è in evoluzione
Una situazione delicata e in continua evoluzione, che non aiuta a fare chiarezza su quanti siano realmente i sanitari “no vax” irriducibili.
Numeri in costante aggiornamento, quelli del personale sanitario che ha ricevuto dall’Ats Valpadana il provvedimento di sospensione dal lavoro, per non avere ottemperato all’obbligo vaccinale. Gli avvisi dell’Ats stanno arrivando ai diretti interessati e ai rispettivi ordini profesisonali da diversi giorni e la situazione è fluttuante. Stando ai dati della Direzione Regionale Welfare relativi a tutta la Lombardia, fino al 30 luglio erano stati emessi 2.525 atti; oltre 1000 riguardavano l’area milanese; 188 quelli emessi dall’Ats Valpadana. Oggi, a sei giorni di distanza, la cifra potrebbe essere aumentata, ma come detto è fluttuante di giorno in giorno, anche perchè vi sono dei casi in cui il singolo sanitario che aveva sottovalutato l’importanza di dare una risposta tempestiva alle prime richieste dell’Ats, sta decidendo in ritardo di ottemperare all’obbligo. E questo fatto a sua volta determina la revoca da parte di Ats del provvedimento di sospensione.
Una situazione delicata e in continua evoluzione, che non aiuta a fare chiarezza su quanti siano realmente i sanitari “no vax” irriducibili.
Guardando ai due ordini professionali dei Medici e degli Infermieri, al momento sono cinque i casi di medici che hanno ricevuto la sospensione, all’esame della segreteria dell’Ordine. A questi cinque casi, spiega il presidente dell’Ordine provinciale Gianfranco Lima, ne vanno aggiunti altri 20 già esaminati nei giorni scorsi. Sarebbero quindi 25, secondo quanto risulta all’Ordine, i medici che non hanno dato risposte valide all’Ats sulla mancata vaccinazione come prevede la legge che fissa l’obbligo vaccinale per i sanitari e per i quali è scattato il provvedimento di sospensione. Un provvedimento, questo, che non significa il non potere esercitare il ruolo di medico, ma che impone al datore di lavoro lo spostamento ad altra mansione del professionista, almeno fino al 31 dicembre oppure fino all’avvenuta vaccinazione.
Gli Ordini non hanno responsabilità specifiche in questa procedura ma svolgono un ruolo di raccordo tra singolo iscritto, datore di lavoro e autorità sanitaria, in pratica per capire se vi siano motivazioni plausibili alla base delle scelta di non vaccinarsi (malattia pregressa, ad esempio) o vi siano stati disguidi nelle comunicazioni con l’Ats. Come spiega ancora Lima, un caso embleatico è quello in cui il medico ha ricevuto il vaccino in un’altra regione ed è mancato lo scambio di dati tra le aziende sanitarie di competenza.
Tra gli iscritti all’Ordine provinciale delle professioni Infermieristiche sono invece una trentina quelli che hanno ricevuto la sospensione, stando a quanto risulta al presidente provinciale Enrico Marsella. Anche qui, comunque, numeri in continua evoluzione. Se siano più liberi professionisti o dipendenti di aziende ospedaliere o case di di cura private non è dato sapere: “Tra questi trenta – spiega Marsella – ci possono essere persone che hanno problemi di salute. La legge ci affida il compito di comunicare all’iscritto il provvedimento di sospensione; poi, dal momento che molti degli iscritti sono liberi professionisti, confido che sia il committente a verificare l’avvenuto obbligo vaccinale. L’iscritto che viene sospeso non può esercitare la professione e ci sono sanzioni pesanti anche per il committente che gli affida un lavoro.
Ad ogni modo è sempre possibile verificare l’eventuale sospensione nell’elenco nazionale degli iscritti consultabile sul sito”.
Giuliana Biagi