Estetiste, grido d'allarme: "Abusivismo
ci mette in ginocchio come il Covid"
“A noi lo Stato, cioè il nostro «socio occulto», è tornato a chiedere di rispettare le scadenze, con cartelle di pagamento difficili da onorare per la maggior parte delle imprese, indebolite da un anno e mezzo trascorso, per lo più, con le serrande abbassate".
Il Gruppo Estetiste della Confcommercio lancia l’allarme: la ripartenza (anche se non omogenea) c’è stata ma il settore resta comunque a rischio. Le ragioni della fragilità sono diverse. Su tutte – per Sonila Drita, presidente del Gruppo, per la sua vice Daniela Baggio e per Noemi Bonetta, consigliera – la piaga dell’abusivismo.
“Il sommerso illegale – spiegano – vale una quota tra il 20 e il 30% del fatturato del settore. Una percentuale troppo importante per poter essere trascurata”. “La pandemia – continuano – ha alimentato il fenomeno. Chi, negli ultimi due anni ha raggiunto la soglia della pensione o si è arreso alle difficoltà economiche, e quindi ha chiuso la partita iva, ha continuato ad esercitare a domicilio”.
Per Confcommercio, se si vuole risolvere il problema deve essere messo in campo un impegno trasversale. Cittadini, clienti ed imprese devono avvertire il dovere delle segnalazioni. “Ma poi – chiede Palazzo Vidoni – i controlli e le sanzioni delle autorità preposte devono arrivare in tempi stretti. Diversamente si rischia di alimentare una cultura dell’illegalità, pericolosa dal punto di vista della salute e inaccettabile sul fronte economico”.
Anche perché, spiegano le estetiste Confcommercio, “A noi lo Stato, cioè il nostro «socio occulto», è tornato a chiedere di rispettare le scadenze, con cartelle di pagamento difficili da onorare per la maggior parte delle imprese, indebolite da un anno e mezzo trascorso, per lo più, con le serrande abbassate, con nessun introito ma con spese che hanno continuato ad esserci”.
“Annunciata dal Dpcm la moratoria fiscale deve essere tradotta in misura attuativa in tempi strettissimi, – rilanciano le operatrici della bellezza – diversamente non potremo organizzarci per le scadenze delle prossime settimane. Occorre comprendere che la posta in gioco è alta, che in questo modo si rischia di costringere altre pmi ad arrendersi, con un impoverimento del tessuto economico e dei servizi alla comunità e con conseguenze gravi per l’occupazione”.
Serve, per la Confcommercio, una inversione di rotta, con l’adozione di misure che facilitino e alleggeriscano il peso della ripartenza. “Abbiamo vissuto una emergenza straordinaria – spiegano Sonila Drita e il suo direttivo – e di uguale portata devono essere le azioni per il rilancio dell’economia. Vanno affronti i temi strategici del lavoro (rendendolo meno oneroso e più flessibile), del fisco (oggi un peso insopportabile), dei contributi e dei bandi per favorire l’innovazione, del credito con la rinegoziazione dei mutui”.
Se il presente è incerto, conferma Confcommercio, non più sicuro appare il futuro. “Siamo preoccupate – concludono – per possibili nuove ondate di contagi, dopo l’estate. I dati sulle varianti, il trend di alcuni Paesi, mettono a rischio la speranza di un ritorno solido e veloce alla normalità. Sappiamo che i ristori sono stati inadeguati, che il nostro settore è stato tra i più penalizzati, con disposizioni spesso illogiche e contraddittorie. Il pericolo di nuovi lockdown va comunque scongiurato, proseguendo quella collaborazione che stiamo sviluppato con ATS, partendo dalla consapevolezza condivisa che nei nostri centri possiamo lavorare garantendo la massima sicurezza ai clienti e a noi stessi”.
“Siamo fermamente decise a rispondere a questa crisi con tutto il nostro coraggio e la massima determinazione. Ma è importante la coesione di tutto il settore. Diversamente rischiamo di essere ancora una volta messe in difficoltà da decisioni che non riconoscono e rispettano la nostra professionalità”.
“La fotografia dei danni del Covid è impietosa, sia da un punto di vista sociale che economico – conferma Andrea Badioni, presidente provinciale Confcommercio – E il settore delle estetiste non fa differenza. Con un calo complessivo dei consumi dell’11,7%, pari ad oltre 126 miliardi di euro, il 2020 ha registrato il peggior dato dal secondo dopoguerra. il crollo della domanda ha comportato, mediamente, una riduzione di oltre 2.000 euro rispetto al 2019 riportando i consumi ai livelli del 1995 e le regioni del Nord risultano tra le aree più penalizzate. L’economia italiana si è rimessa in moto ma a velocità differenti. Ci sono settori che torneranno ai livelli pre-covid solo nel 2023 e molte imprese sono a rischio. È dunque necessario proseguire nella politica dei sostegni mentre il piano di ripresa deve risolvere i problemi strutturali e favorire la crescita più robusta del nostro Paese”.
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