Opinioni

Misteri e leggende del
Po: il budri di Ragazzola

Il “budri”, va evidenziato ancora una volta, non deve morire, come non deve morire la storia, condensata da affascinanti leggende, che lo riguardano e lo rendono prezioso in questo lembo di golena a metà strada tra Parma e Cremona

Il “budri” di Ragazzola, almeno per gli appassionati frequentatori ed i cultori del Grande fiume, è un luogo che, nella sua semplicità, rappresenta un piccolo ma significativo simbolo della golena. Per gli abitanti del borgo della Bassa Parmense è un emblema, un pezzo di storia, a suo modo un “compagno di viaggio” della vita del paese.

Molti si staranno già chiedendo, ma cos’è un “budri”? La risposta è presto data; si tratta innanzitutto di un termine dialettale (ma è bello utilizzarlo proprio perché, per tutti, localmente questo è il suo nome) col quale si va ad identificare il “bodrio”, vale a dire un piccolo specchio d’acqua (uno stagno o una palude) che si è formato in seguito ad una piena del Po.

Da queste parti, di inondazioni del fiume ne sanno qualcosa e la storia ne è piena. In occasione delle sue esondazioni, il Po è solito creare voragini, più o meno grandi, all’interno della golena lasciando, quando si ritira, dei “laghetti” (i bodri appunto) che rimangono alimentati, nel tempo, grazie alle falde acquifere e, quindi, alla presenza di acqua sotterranea.

La falda acquifera viene raggiunta al momento in cui la cascata d’acqua che si genera nel punto di rottura dell’argine si abbatte al suolo scavando fino a 10-15 metri di profondità (se non anche di più). A lungo andare, poi, l’abbassamento della falda e l’accumulo di sostanza organica nel budrio isolano lo specchio d’acqua dalla sua “sorgente”, facendo diventare lo stesso luogo uno stagno destinato a prosciugarsi.

Le golene, sull’una e sull’altra sponda, per l’intero corso del fiume, sono ricche di questi stagni, rimasti a testimoniare piene del passato (ecco che possono quindi essere considerati pagine di storia). Si tratta di aree naturali di pregio, di grande importanza per la flora e la fauna del territorio. Tra i bodri più antichi, la cui origine si perde nella cosiddetta “notte dei tempi” c’è, appunto, quello di Ragazzola, almeno per quanto riguarda la zona emiliana.

Si trova ai piedi dell’argine maestro e, purtroppo, rischia di scomparire. Se in decenni passati era infatti di grandi dimensioni, luogo privilegiato per l’attività dei pescatori di tutta la Bassa, col tempo si è sempre più ridotto ed ora rischia addirittura di scomparire. Senza esitazione è giusto evidenziare e, in qualche modo, di gridare che “Il budri non deve morire”. Non deve morire perché è un pezzo importante del passato della Bassa emiliana, non deve morire perché è un simbolo della Bassa Parmense, non deve morire perché è un’area di pregio ambientale e di rilevanza storica.

Ci sono poi, e non è poco, una serie di leggende e di enigmi che lo riguardano da vicino. Addirittura da questo luogo potrebbe essere nato il nome del paese. Leggende che potrebbero essere semplicemente frutto della fantasia popolare ma che, come spesso accade, nella loro origine più antica potrebbero celare qualche pagine di storia, andata perduta.

Va detto, e non è un particolare secondario, che nei secoli passati Ragazzola non si trovava esattamente dove sorge ora. Il nucleo più antico si trovava in una posizione più ad ovest rispetto a quella attuale, verso Pieveottoville. Non a caso, ancora oggi, si trova il “Viottolo Piazza Vecchia”, a ricordare evidentemente il precedente centro storico del borgo. Borgo che, nei secoli, come gli altri circostanti, ha subito fortemente le influenze e, in particolare, le piene del Po.

Va ricordato che nei secoli passati non esistevano gli argini e, quindi, le inondazioni del fiume, oltre ad essere più frequenti, avevano chiaramente effetti più pesanti sui paesi e sulle comunità. Vi sono interi paesi che, nei secoli, sono stati addirittura divorati dal fiume; tra questi, rimanendo nelle immediate vicinanze, i vari Polesine San Vito, Polesine Manfredi, Tolarolo e Arzenoldo.

Venendo alla leggenda ufficiale, si dice che nel luogo dove oggi sorge il “budri” si trovassero un tempo la vecchia chiesa e il cimitero del paese, che sarebbero stati distrutti durante una inondazione, tanto improvvisa quanto tremenda del Po e che in quel momento si trovasse, all’interno del sacro edificio, una ragazza, che sarebbe stata risucchiata dall’acqua e dal fango, insieme a tutta la chiesa, sprofondando così nel sottosuolo. Da qui e, quindi, dal “ragazza sola” sarebbe nato il nome del paese: Ragazzola.

Ma le narrazioni popolare sembrano non concordare troppo tra loro. Un’altra leggenda, infatti, dice che nella vecchia chiesa vi fosse in corso un matrimonio clandestino, o comunque contrastato dai familiari degli sposi, e che in quel momento fu la piena dirompente e improvvisa del Po a spazzare via tutto, originando comunque, poi, il nome del paese.

Infine, altra leggenda, vuole invece che una devastante inondazione del Po abbia spazzato via tutto il paese, uccidendo i suoi abitanti. Secondo questa leggenda rimase in vita soltanto una ragazza. Da qui il nome Ragazzola. Narrazioni, dunque, che non concordano tra loro, ma che hanno anche alcuni elementi in comune: su tutti il fatto che, all’origine della vicenda vi sia stata una piena del Po; la presenza di una chiesa e, comunque, di un fatto talmente importante da aver creato l’elemento di base per dare il nome al paese.

Cosa c’è di vero e cosa di falso? Domanda a cui, come sempre, è difficile dare una risposta. Dicerie popolari e pezzi di storia, ancora una volta, si mescolano. Un mix affascinante, misterioso, che rende ancora più interessante la storia e l’importanza del “budri”. Una leggenda che, tra l’altro, si lega ad un’altra simile del Parmense, vale a dire quella del Lago di Varsi dove, secondo le narrazioni popolari, sarebbe addirittura sprofondato un convento.

Della presunta chiesa che sorgeva laddove oggi si trova il “budri”, va precisato, sembra non essere mai stato trovato nulla, nemmeno un mattone, neppure durante le arature dei campi circostanti. Ma di questo sacro edificio si parla, e di piene, va aggiunto, ce ne sono state tante. Verrebbe da pensare a quella devastante del 1801, passata decisamente alla storia per Ragazzola. Ma all’epoca il paese portava già questo nome e quindi sembra necessario dover andare ancora più indietro nel tempo. Così, attingendo direttamente agli archivi e alla storia della Bassa Parmense, emerge che le maggiori piene del Po sono avvenute negli anni 1152, 1280, 1294, 1386, 1394, 1454, 1467, 1470, 1474, 1480, 1680, 1685, 1687, 1702, 1741, 1755, 1758, 1763, 1765, 1772, 1801, a cui si aggiungono quelle più recenti degli anni 1951, 1977, 1994 e 2000. Tra le maggiori spiccano quella del 1741 (in occasione della quale, per mettere in guardia le popolazioni, le campane suonarono a martello per tre giorni); quella del 1474, che durò qualcosa come cinquanta giorni, e quella del 1680. In occasione di quest’ultimo evento calamitoso il Po corrose circa duecento biolche parmigiane di terreno e, sette anni dopo, altre trecento. Addirittura il fiume in quegli anni, a causa delle grandi piene, deviò il proprio corso giungendo in prossimità della vecchia chiesa (forse quella dove oggi sorge il “budri”?) e dell’osteria.

La nuova chiesa fu realizzata a circa un chilometro di distanza e la vecchia, storia alla mano, fu lasciata andare in rovina (rimasero solo, sempre storia alla mano, il sagrato con poca terra e una maestà dove si trovava la Madonna del Rosario). Non è da escludere che la leggenda del “budri” di Ragazzola affondi le proprie radici ad una di queste inondazioni, in particolare a quelle del 1680 e del 1687.

C’è da aggiungere, e lo confermano anche i testi storici, che Ragazzola ebbe senz’altro una chiesa in epoca remota, ma a livello di documentazioni ufficiali la prima figura in una pergamena cremonese (L.Astegiano: Codex diplomaticus Cremonae) datata 27 giugno 1271 (allora Ragazzola faceva parte della diocesi di Cremona). Si tratta di un foglio che parla di una lite intercorsa tra Umberto De Grondono, chierico e sindaco del monastero di Castione Marchesi, e la nobile famiglia dei Sommi, feudatari del vescovo di Cremona.

In quella documentazione il borgo è definito come “Carpeneta” o “Carpaneto”, ben diverso quindi dal successivo “Ragazzola”. Se dunque, da una parte, è certo che nel XIII secolo la borgata aveva il nome di “Carpeneta” o “Carpaneto”, è altrettanto vero che nei secoli successivi la denominazione è stata radicalmente modificata in “Ragazzola”. Da cosa è stata causata questa modifica? Forse da un fatto storico da cui è poi nata la leggenda? Sempre attingendo alle fonti storiche, a proposito della vecchia chiesa, è certo che fu fatta costruire dalla nobile famiglia Pallavicino che ne aveva il giuspatronato (questo significa che erano i Pallavicino a vantare il diritto di presentazione del sacerdote che doveva reggerla).

La nomina finale spettava, tuttavia, al capitolo della collegiata di Pieveottoville, chiesa matrice del distretto. Vi è poi, passando a tempi molto più recenti, un altro fatto storico, molto tragico, legato ancora una volta a questo specchio d’acqua. E’ noto, localmente, che dopo il secondo conflitto mondiale, numerose armi, ordigni e munizioni varie, furono gettati tra le sue acque per farli sparire. Nel 1951, pochi mesi prima della storica alluvione del Po, due ragazzi del paese trovarono, proprio nei pressi del “budri” alcuni ordigni, rimanendo uccisi dalla loro improvvisa esplosione.

Un fatto molto tragico, per la piccola borgata rivierasca, passato chiaramente alla storia e legato, ancora una volta, a questo specchio d’acqua che oggi rischia la scomparsa. Il “budri”, va evidenziato ancora una volta, non deve morire, come non deve morire la storia, condensata da affascinanti leggende, che lo riguardano e lo rendono prezioso in questo lembo di golena a metà strada tra Parma e Cremona.

Paolo Panni – Eremita del Po

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