Strada (Civici): "Regione adegui
protocollo al nazionale"
Mentre quello nazionale, infatti, fornisce linee di indirizzo per favorire la maggior partecipazione possibile del mondo delle imprese e individua le Associazioni come punto di riferimento, Regione Lombardia stabilisce invece un percorso rigido all’interno del quale ci si deve obbligatoriamente muovere, che favorirebbe le grandi aziende.
“Dopo alcune segnalazioni ricevute dalle associazioni della piccola e media impresa, e in particolare da API – dichiara Elisabetta Strada (Consigliere regionale Lombardi Civici Europeisti) – in questi giorni ho scritto all’Assessore al Welfare Moratti affinché agevoli la somministrazione del vaccino anti Covid-19 nei luoghi di lavoro della nostra regione, semplificando e agevolando anche tutte le piccole realtà aziendali”.
“Il 10 marzo – ricostruisce la Consigliera civica – è stato sottoscritto un Protocollo tra Regione Lombardia, Confindustria Lombardia, ANMA e Confapi. Successivamente, l’8 aprile, è stata emanata una direttiva dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali congiuntamente con il Ministero della Salute, ma esistono significative differenze tra il protocollo regionale e quello nazionale.
Mentre quello nazionale, infatti, fornisce linee di indirizzo per favorire la maggior partecipazione possibile del mondo delle imprese e individua le Associazioni come punto di riferimento, Regione Lombardia stabilisce invece un percorso rigido all’interno del quale ci si deve obbligatoriamente muovere, che favorirebbe le grandi aziende (sia da un punto di vista organizzativo, sia economico), riducendo in modo significativo i benefici che una campagna vaccinale massiva nelle aziende potrebbe produrre a vantaggio della collettività”.
Ecco due esempi di differenze tra il protocollo nazionale e quello lombardo. Nel protocollo nazionale i datori di lavoro possono attuare campagne vaccinali con il supporto delle Associazioni di categoria di riferimento o tramite le rispettive Organizzazioni di rappresentanza, all’Azienda Sanitaria di riferimento; nel protocollo lombardo la sottoscrizione all’Associazione di categoria di riferimento del protocollo d’intesa è presupposto essenziale per l’adesione dell’azienda alla campagna, ne consegue che le aziende non associate non possono partecipare.
Il protocollo nazionale prevede che i datori di lavoro possano ricorrere anche a strutture sanitarie private attraverso una specifica convenzione con strutture in possesso dei requisiti per la vaccinazione, con oneri a proprio carico, ad esclusione della fornitura dei vaccini che viene assicurata dai Servizi Sanitari Regionali territorialmente competenti; il protocollo lombardo prevede la totale ed imprescindibile centralità del medico competente (medico del lavoro) ma, mentre per le grandi imprese può andare bene, nelle MPMI una campagna vaccinale con la necessità di coordinare diverse centinaia di medici competenti, da un punto di vista organizzativo è di difficilissima gestione, con evidenti ricadute economiche a carico delle imprese stesse.
“Alla luce di queste criticità – conclude la Consigliera civica – ho richiesto all’Assessore Moratti di accogliere le osservazioni ricevute da API affinché siano modificate le disposizioni contenute nelle delibere regionali che sono antecedenti al protocollo nazionale, adeguandole alle indicazioni emanate dai Ministeri competenti su indicazione della Conferenza delle Regioni, per favorire un’efficace politica di vaccinazione massiva e diffusa in tutti i luoghi di lavoro, comprese le piccole aziende”.
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