Cronaca

Rivarolo premia Elhadji Ndiaye, figlio
del Senegal, di questa terra e del mondo

E’ stato premiato Elhadji Ndiaye, 26enne originario del Senegal, residente a Casalmaggiore da qualche tempo dopo essere stato un cittadino del mondo passato per l’oasi (di pace e fratellanza) di Casa Paola a Rivarolo del Re. Premiato per l’impegno e per tutto quello che ci ha messo di suo per integrarsi, per essere e sentirsi parte di una comunità che non gli ha voltato le spalle. A dargli un attestato di benemerenza, in una piccola cerimonia ufficiale svoltasi proprio a Casa Paola, il sindaco di Rivarolo del Re Luca Zanichelli.

LA FUGA DALL’INTEGRALISMO – Elhadji Ndiaye è mussulmano, praticante. Crede in Dio e ne rispetta i precetti. In questo periodo è impegnato nel ramadan. Il suo paese d’origine è però un paese estremamente difficile. Originario di Boutoute, un villaggio del Senegal, studia e poi inizia l’Università. In quegli anni aiuta i bambini del suo paese. Sembra un percorso normale, d’un ragazzo normale. E non sarà così. In quegli anni conosce Mary, quella che diventerà sua moglie, che resta presto incinta. Aveva 20 anni, tanti sogni e tanta vita davanti. Quando gli dicono che la figlia dovrà fare l’infibulazione lui si rifiuta, ben consapevole di quanto quel rifiuto gli sarebbe costato. La pressione della comunità è forte, e viene minacciato. A quel punto decide di scappare.

Elhadji, Mary (incinta) e la piccola Fanta riescono ad arrivare in Guinea, in terra sicura almeno per lei. Qui le strade si separano. Il 20enne senegalese sa quanto sia pericoloso il viaggio verso l’Italia e non può far affrontare quel rischio alla moglie. Raggiungerà la Libia da solo, dopo tre mesi di cammino, attraversando il Niger, il Mali ed il Burkina Faso. In Libia resta nove mesi prima di trovare i soldi per poter essere imbarcato su un gommone verso le coste italiane. Nove mesi difficili e rischiosi, in cui lavora per racimolare i soldi per la traversata e in cui il lavoro non sempre glielo pagano, in cui assiste a come vivono gli immigrati in attesa di una traversata.

Quando riesce a farla sbarca a Taranto. E da qui, dopo qualche tempo arriva a Rivarolo del Re. “Era il 2016 – ricorda una delle volontarie di Casa Paola – e non era quello che vedete adesso. Era magrissimo, in un paese che non era il suo con una famiglia lontana. Ma già allora si capiva che non era un ragazzo comune”. Elhadji decide di imparare la lingua e studiare la cultura del paese che lo ospita, ma fa molto di più. Decide di fare il servizio civile ed il comune di Rivarolo lo prende. Cura i bambini durante il trasporto scolastico, li aiuta in mensa, presta il suo apporto “Senza mai chiedere nulla e senza mai lamentarsi” spiega Luca Zanichelli “Anzi, riesce con la sua simpatia a farsi amare dai ragazzi”. Nell’anno del Servizio Civile decide di accompagnare i ragazzi in colonia. C’è un giovane indiano non autosufficiente, bisognoso di essere seguito 24 ore su 24. il giovane senegalese non si perde d’animo e decide che ce la può fare. Quello sarà il suo servizio. La colonia estiva passa e lui accudisce l’indiano proprio come fosse un fratello. Con la stessa cura.

Poi c’è la Croce Rossa. Elhadji è convinto che nel paese che gli sta dando, pian piano, un futuro, lui debba fare qualcosa per ripagare quella cura avuta nei suoi confronti. In Croce Rossa viene accolto, segue il corso e ne diventa volontario. Nel periodo del Covid è tra i portantini che si occupano anche del trasporto positivi, e tra quelli che vanno a portare la spesa nelle case di chi ha bisogno. Lui dice di sì, senza battere ciglio. “E sempre con il sorriso – aggiunge Pierangela di Casa Paola – perché Elhadji è così, il sorriso ce lo ha da sempre e non l’ha mai perso”.

Quest’anno ottiene il permesso di soggiorno per motivi umanitari. Come spiega il primo cittadino di Rivarolo: “Nelle motivazioni che hanno spinto la Corte d’Appello di Brescia a rilasciargli il permesso il presidente della stessa Corte che dice che non è un eufemismo affermare che la presenza in Italia del ricorrente è una risorsa preziosa per il nostro Paese”. Oggi Elhadij lavora al Consorzio Casalasco del Pomodoro, continua ad impegnarsi nello studio e sogna di ricongiungere la famiglia che sente spesso. Ritrovare la sua Mary e i suoi due figli Fanta e Malan per dare loro un futuro in un paese non ostile.

LE PAROLE DI LUCA ZANICHELLI – Nell’attestato che il comune di Rivarolo gli ha rilasciato “Con la speranza che tutto il percorso si possa concludere con il ricongiungimento alla sua famiglia” si legge che l’onorificenza gli è riconosciuta “Per essersi distinto in azioni umanitarie operando come volontario della Croce Rossa, garantendo assistenza nel trasporto di infermi in condizioni critiche, dovute alla pandemia. Con la speranza che l’altruismo dimostrato sia esempio per tutti”.

“Ti dò questo attestato più che meritato nella speranza di poterti dare io stesso, e al più presto, la cittadinanza italiana”. Il primo cittadino ha omaggiato Elhadji anche con una copia della Costituzione e una bandiera italiana “Da far vedere ai tuoi bambini”.

“Tutto questo è stato reso possibile da una struttura sociale che fa parte del contesto sociale del terzo settore che è la Tenda di Cristo. Io non smetterò mai di ringraziare padre Francesco, la signora Pierangela e tutto lo staff per quello che quotidianamente fanno e offrono per il nostro territorio. Senza queste strutture il nostro territorio sarebbe un territorio povero. Il diritto alla cittadinanza, il diritto all’inclusione sociale deve essere promosso quotidianamente e tramite queste strutture noi riusciamo a colmare i disagi di certe persone che  hanno il diritto di ricostruire una vita e di costruirsi un futuro. Nel caso particolare di Elhadij devo ringraziare anche la Croce Rossa di Casalmaggiore che ha dato la possibilità a questo giovane papà di poter esprimersi e di poter ricambiare il bene ricevuto per aiutare il prossimo. Il suo è un grande esempio. Ringrazio anche  lo stabilimento del Consorzio Casalasco del Pomodoro che con grande sensibilità del presidente Paolo Voltini e del direttore generale Costantino Vaia danno la possibilità a tanti di poter ricostruire un percorso lavorativo per questi ragazzi e per tanti con condizioni di fragilità sul territorio. Un contesto unito e collaborativo quello di Rivarolo del Re che sta dando risultati apprezzabilissimi. Il connubio tra Tenda, Amministrazione Comunale e imprese quali il Consorzio porta ad ottenere risultati di inclusione importantissimi”.

“Noi siamo fortunati – spiega ancora Luca Zanichelli – perché possiamo contare su strutture come questa per ogni necessità. Perché in piccole comunità come la mia, come è già successo, se ti arriva all’improvviso una situazione di estrema difficoltà, magari una famiglia con figli piccoli senza più una casa, non hai molte possibilità. Il problema di tante piccole comunità e di tanti comuni è di non avere strutture che accolgono. A Rivarolo questa struttura c’è e collaboriamo in maniera proficua da sempre. Credo che una storia come quella di Elhadji sia stata possibile grazie all’aiuto di tutto e a quello che lui era già. A volte è questione di opportunità. Se arrivi in un paese che ti accoglie, che ti dà possibilità, che ti ascolta è più facile. Come è più facile che in un paese senza strutture e senza altre possibilità poi nascano problemi”.

LE PAROLE DI ELHADJI NDIAYE – In un ottimo italiano il 26enne senegalese ha ringraziato tutti “Iniziando da Casa Paola dove mi sono sentito come loro figlio, e dove mi hanno sempre trattato bene, e devo ringraziare anche la Croce Rossa del Comitato di Casalmaggiore dove mi hanno aiutato a seguire quello che stavo facendo prima. In Senegal dvo una mano ai bambini vulnerabili, e anche qui ho potuto farlo. Col comune di Rivarolo ho potuto aiutare ed anche con la scuola. E devo ringraziare il Consorzio che mi ha aiutato per il lavoro”.

CASA PAOLA E PADRE FRANCESCO – I ragazzi stranieri presenti a Casa Paola sono ormai pochissimi. La struttura accoglie varie povertà e fragilità: senza casa, tossicodipendenti, malati fragili, anziani. Sono una 50ina gli attuali residenti, ma la struttura è arrivata ad accoglierne anche 70. Qualche dipendente e il resto affidato al mondo del volontariato. “La Tenda di Cristo è tutto un progetto che è partito 35 anni fa. Son partito da solo e poi ho trovato persone che anche a livello economico mi hanno aiutato. Soprattutto gente semplice e siamo arrivati ad avere anche 15 comunità, comprese quelle in Brasile e in Messico. E’ un progetto che fa un po’ da ponte tra i poveri e una soluzione lavorativa di autonomia. L’attenzione nostra è sempre sui poveri, sia a livello materiale e offrendo a chi fosse interessato un sostegno psicologico e di ascolto. Abbiamo tante persone che al di là del credo religioso e al di là delle situazioni particolari sono qui. Dalle nuove povertà alle persone che non hanno mai potuto essere ascoltate perché la loro povertà veniva a degradare anche la persona. Casa Paola è diventata una delle case più grandi, ma ne abbiamo di più piccole in altre parti, in Messico ad esempio, tre comunità. Ormai io vado verso gli 80 e mi dedico rispetto a qualche anno fa a cose più spirituali pur tenendo sempre una visione d’insieme di tutte queste comunità dove ci sono bambini, tossicodipendenti, alcooldipendenti, situazioni varie di difficoltà. Dove possiamo cerchiamo di dare una risposta positiva alle richieste che ci vengono fatte. Un’altra caratteristica che vogliamo mettere in atto è proprio quella di una forma educativa di accoglienza tendente a formare le persone che devono crescere dentro, devono conoscersi per riuscire a vivere nei vari contesti. Un elemento formativo è proprio nell’educazione. Spesso vediamo che la partenza sbagliata parte proprio dalle famiglie che si perdono negli alveoli del denaro e di altre cose e i figli diventano dei solitari ed imparano da altre realtà a essere ciò che non dovrebbero essere. Elhadij e un ragazzo un po’ eccezionale perché ha avuto delle belle capacità e intuizioni, e dell’intelligenza ed ha messo in atto tante piccole cose che abbiamo scoperto insieme. E’ cresciuto e ha dato una risposta adeguata: non tutti danno delle risposte adeguate. Cerchiamo di non stravolgere i valori che ogni persona ha già e che vengono riconosciuti. Al di là di lui che è comunque un’eccezione direi ch tanti hanno fatto cambiamenti, al di là di quelli che arrivano qui con i barconi. Penso a tanti tossicodipendenti e malati di AIDS nel passato che sono morti con una consapevolezza diversa. C’è un cambiamento di vita importante nelle persone a volte, ed è da quello che si parte”.

Nazzareno Condina

 

 

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