Cronaca

Furti in mezza Italia, il capo
banda era residente a Viadana

Capo indiscusso era Vasile Savin, 35 anni, residente a Viadana, nel Mantovano, detenuto per altra causa nel carcere francese di Beauvais. Era lui che individuava gli obiettivi, pianificava le azioni criminose, sceglieva e determinava le strategie delittuose, impartiva direttive agli associati ed eseguiva sopralluoghi.

“Si tratta di operazioni seriali, dispiegatesi, con modalità sempre identiche e in stile quasi militare, in varie regioni del nord Italia”. Lo scriveva l’allora gip Guido Salvini in un passaggio delle 95 pagine di ordinanza relativa all’operazione coordinata dal pm Chiara Treballi e portata a termine dai carabinieri del Nucleo investigativo del comando provinciale di Cremona, in particolare dal luogotenente carica speciale Nicola Caroppi e dai colleghi Roberto Messina e Federico Cardinali, contro una banda di moldavi dedita ai furti, soprattutto ai danni di negozi di elettronica, avvenuti in mezza Italia.

Oggi, a distanza di sei anni, il collegio dei giudici del tribunale di Cremona ha emesso otto condanne e tre assoluzioni ed ha riconosciuto l’associazione per delinquere. La pena più alta è andata al capo della gang, Vasile Savin: per lui 7 anni (il pm aveva chiesto 11 anni e 6 mesi), mentre gli altri componenti sono stati condannati a pene che vanno da un minimo di 1 anno e 4 mesi ad un massimo di 5 anni e 2 mesi.

In particolare: Aurel Daranuta è stato condannato a 5 anni e 2 mesi (il pm aveva chiesto 8 anni e 6 mesi); Oleg Suharenco a 3 anni e 10 mesi (il pm aveva chiesto 8 anni e 7 mesi); Andrei Grosu 3 anni e 10 mesi (il pm aveva chiesto 10 anni e 5 mesi); Chiril Trinchinet 1 anno e 4 mesi (il pm aveva chiesto 12 anni e 5 mesi); Vitalie Cucu 1 anno e 6 mesi (il pm aveva chiesto 7 anni); Marcel Druga 2 anni e 2 mesi (il pm aveva chiesto 7 anni e 3 mesi) e Valetin Revenco 2 anni e 2 mesi (il pm aveva chiesto 7 anni).

Assolti Adrian Pascar (il pm aveva chiesto 7 anni); Cezarica Vlase (il pm aveva chiesto 7 anni) e Olesea Savi, moglie del capo Vasile. Per lei il pm aveva chiesto 7 anni e 3 mesi. A questi ultimi tre erano contestati episodi di ricettazione.

Il primo furto di una lunga serie, la banda lo aveva commesso a Cremona. Poi aveva agito in mezza Italia, soprattutto ai danni di negozi di elettronica. Capo indiscusso era Vasile Savin, 35 anni, residente a Viadana, nel Mantovano, detenuto per altra causa nel carcere francese di Beauvais. Era lui che individuava gli obiettivi, pianificava le azioni criminose, sceglieva e determinava le strategie delittuose, impartiva direttive agli associati ed eseguiva sopralluoghi.

La gang, in origine 21 soggetti, alcuni dei quali già condannati o usciti dal procedimento con un patteggiamento, era stata arrestata nel 2015 dopo una complessa indagine fatta di controlli su celle agganciate da cellulari, intercettazioni telefoniche e ambientali e appostamenti. Due i colpi effettuati in provincia di Cremona: le incursioni risalgono al settembre e al dicembre 2013 in due negozi dell’insediamento commerciale di Gadesco.

E’ dal primo di questi furti che l’attività degli investigatori era partita e aveva permesso di fare luce sull’attività, organizzatissima, dei moldavi. Più di dieci gli episodi contestati tra furti e tentati furti, tra il settembre del 2013 e il febbraio del 2014, in svariate parti del Paese. Principalmente ai danni di grandi catene di elettronica come Mediaworld e Trony. Ma nell’elenco c’erano anche un’incursione contro un negozio di biciclette da corsa di valore e una contro un negozio di scarpe Pittarosso. Tra gli episodi contestati, anche un tentativo di furto ai danni dell’atelier annesso alla casa del pittore Alfonso Borghi, in provincia di Reggio Emilia.

Complessivamente il valore stimato dei colpi (tra bottino e danni) è attorno al milione di euro. I prodotti rubati prendevano la via dell’Est Europa. Il colpo a Gadesco era stato messo a segno usando un pick-up per forzare la grata di un varco legata con una corda e un furgone per trasportare il carico. Il furto era stato commesso da almeno otto uomini. Dopo aver scardinato le inferriate degli uffici, il gruppo aveva asportato strumentazione high tech per un valore di 94.500 euro.

Un’indagine difficile, anche perché molti soggetti erano “titolari” di alias e perché le intercettazioni telefoniche e ambientali avevano permesso di captare solamente alcune tracce, in quanto durante i momenti di accurata pianificazione la banda utilizzava prevalentemente piattaforme non immediatamente intercettabili come Skype, Whatsapp, Facebook e provider russi.

Sara Pizzorni

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