PiadenaDrizzona e il 25
aprile: l'analisi di Mauro Ferrari
A fare la ricostruzione di chi diede, per scelta o per le conseguenze della guerra, la vita Mauro Ferrari, di Piadena, Operatore Naturalistico e Culturale Nazionale del Club Alpino Italiano
Il 25 aprile a PiadenaDrizzona è un giorno di festa e di ricordo. 49 i militari, partigiani o civili caduti o dispersi nella seconda guerra Mondiale. A fare la ricostruzione di chi diede, per scelta o per le conseguenze della guerra, la vita Mauro Ferrari, di Piadena, Operatore Naturalistico e Culturale Nazionale del Club Alpino Italiano. La sua opera è liberamente tratta da La Resistenza nel Cremonese Quarant’anni dopo, ANPI Cremona 1986 e da Pietre della memoria, I caduti cremonesi nella Resistenza (1943–1945), Cippi, lapidi, monumenti. Cremona 2010.
Adriano Capelli, di Drizzona, nato il 17 gennaio 1913, ucciso il 24 settembre 1943 a Cefalonia, aveva 30 anni. Di professione maestro (insegnava a Bozzolo), era Ufficiale della Divisione Acqui con il grado di Tenente. I militari della Divisione Acqui sono stati definiti i primi Partigiani d’Italia per la loro opposizione ai tedeschi. 6300 di essi persero la vita, alcuni in combattimento, la maggior parte trucidati ferocemente dopo la battaglia in spregio alle norme di guerra e di diritto internazionale. Altri 3000, fatti prigionieri, perirono nell’affondamento dei pontoni su cui erano stati imbarcati per la Germania, causato dall’urto con mine in mare. Sono stati anche definiti i Caduti della prima battaglia della guerra di Liberazione.
L’otto settembre 1943, dall’Italia continuavano ad arrivare ordini e contrordini: prima l’ordine di resistere ai tedeschi, poi di arrendersi; scelsero di combattere e di non sottomettersi ai tedeschi. Lo scontro, durato 16 giorni, fu vinto dalle truppe tedesche inferiori nel numero ma meglio disposte, armate e rifornite. Il 24 settembre ebbe luogo la sanguinosa rappresaglia con la strage per fucilazione dei prigionieri.
Aristodemo Orlandi, di Piadena, morto per cause di guerra. Il mattino del 25 aprile 1945, mentre i tedeschi presidiavano ancora il paese, la Squadra di Azione Patriottica Ghinaglia Garibaldi di Piadena procedeva al disarmo della caserma dei militi della Guardia Nazionale Repubblicana.
Serse Acerbi, Bruno Molinari, Amerigo Gaspari e i fratelli Giovanni ed Eraldo Borrini, procedevano al disarmo del presidio fascista locale. La sera dello stesso giorno, entrarono in azione tutti i giovani della Squadra e procedettero al disarmo di tutti i militi presenti nel paese. I tedeschi, però, non rimasero inerti e non fu possibile impedire l’incendio di alcuni carri merci e la distruzione di scambi ferroviari.
L’Insurrezione ebbe inizio il mattino del 24 aprile verso le 6, con l’occupazione della Caserma della Guardia Nazionale Repubblicana, del Municipio, dell’edificio delle Poste e Telegrafi e di quello delle Scuole, in cui venne insediato il Comando della Squadra di Azione Patriottica e che fu organizzato con un’armeria (dove raccogliere le armi racimolate), una camerata, un dormitorio, un’infermeria e una cucina.
Sulle vie di accesso al paese, si stabilirono vari posti di blocco; si provvide a presidiare l’edificio delle Poste e quello della Caserma dove si era insediato il Comando di polizia. Verso le 9, furono catturati 17 tedeschi già disarmati nei pressi della cascina Malpensata (sulla strada per Canneto, a sinistra, subito dopo la deviazione per Castelfranco) e si iniziò un’azione di rastrellamento che si concluse con la cattura di 9 soldati tedeschi che tentavano di passare l’Oglio nei pressi della Colonia Fluviale.
Contemporaneamente, in località Ca’ dell’Ora, l’altra pattuglia in servizio catturò 7 soldati tedeschi tra i quali un tenente che già aveva gettato le armi. Più tardi, venne mandata una grossa pattuglia nei pressi di Voltido, dove era stato segnalato un forte passaggio di tedeschi. Essendo stato segnalato un gruppo di tedeschi presso Ca’ de’ Corti (località nei pressi di Cingia de’ Botti), venne da Piadena inviato sul luogo, verso le 14 del 25 aprile, un gruppo di 32 volontari. I tedeschi, in seguito a trattative con il Comando Militare di Cingia de’ Botti, si arresero e furono catturati e condotti in numero di 54 a Piadena.
Verso mezzanotte, una pattuglia partecipò ad un’azione in Voltido, dove furono catturati e disarmati 44 soldati tedeschi comandati da un capitano.
Verso le 2 di notte del 26 aprile, alcuni patrioti si diressero a Cremona in seguito ad una richiesta del Comitato provinciale. Il piadenese Spartaco Veneroni partecipò alla spedizione e raccontò che un gruppo di piadenesi era partito nottetempo alla volta di Cremona per partecipare all’insurrezione della città, «in venti sopra un camion, tutti giovani, il più vecchio era l’Orlandi che era l’unico che aveva un mitra. Noi avevamo tutti un moschetto».
A S. Antonio essi vennero fermati dalla postazione partigiana di Pessina ed avvertiti che una colonna tedesca stava sopraggiungendo e bisognava fermarla. Allo scopo erano già state erette due barricate di legna (le famose barricate di S. Antonio si collocavano nell’ambito dello sforzo della Resistenza per ostacolare al massimo il riorganizzarsi delle forze tedesche incalzate dagli Alleati, ma ancora in grado di prolungare la guerra. Si trattò di uno degli episodi più significativi della lotta di Liberazione nella nostra provincia).
Il gruppo dei piadenesi si appostava ai due lati della barricata. Poco dopo e poco distante avvenne il dramma. «I tedeschi camminavano su due file ai cigli della strada, in fila per uno, con le armi rivolte a terra, avevano un calesse con una mitragliatrice. Li abbiamo sentiti nella notte dal rumore dei passi del cavallo. Orlandi, quando ha avuto il primo tedesco alla sua altezza, gli ha intimato l’altolà.
Quello gli ha scaricato tutti i colpi del caricatore del mitra nella testa. Orlandi, cadendo, ha sparato una raffica e da lì è cominciata la battaglia.
Abbiamo sparato anche noi giovani per un po’, quasi ad occhi chiusi, poi abbiamo perso la testa e ci siamo messi a scappare. È stato un combattimento serio. Oltre a Orlandi sono caduti due partigiani di S. Antonio e tre tedeschi; altri due tedeschi sono stati trovati morti dissanguati nei campi. I tedeschi non sono riusciti a passare; io allora avevo 17 anni…».
Aristodemo era un contadino. Era nato a Tornata nel 1918. Quando fu ucciso, aveva 26 anni. A Piadena, il 26 aprile, alle 6, furono catturate due macchine che tentavano di forzare i posti di blocco; a bordo vi erano 5 tedeschi, due dei quali rimasero feriti nello scontro. Alle 14, giunse la prima camionetta americana che venne scortata fino a Cremona dai nostri volontari.
Nel resto della giornata arrivarono alcuni gruppi di prigionieri già disarmati, inviati da vari distaccamenti della zona, mentre, verso le 17, arrivarono due autoblinde americane che però ripartirono dopo aver preso nota dei nidi di resistenza tedesca. Il 27, verso le 16, arrivò una grossa colonna di automezzi e di carri armati americani. Si prese contatto col Comando Americano per effettuare il rastrellamento dei tedeschi e un nostro nucleo di 20 uomini venne mandato, alle 11.30, a Voltido per impedire ai tedeschi di attraversare il paese.
Il mattino del 28, all’alba, vennero catturati e disarmati 50 tedeschi presso Castelfranco d’Oglio; altri 100 vennero presi nei pressi di Drizzona con l’aiuto degli alleati americani con i quali i nostri volontari si spinsero fino a Isolello (località fra Cà d’Andrea e Pieve San Giacomo) dove affrontarono – e in parte catturarono – un folto gruppo di tedeschi.
Un’altra pattuglia italo-americana catturò e disarmò, lungo il fiume Oglio, 17 tedeschi. Nella notte gli alleati partirono senza lasciare alcun presidio. Il 29 venne stabilito, lungo il fiume Oglio, un servizio di vigilanza in seguito alla segnalazione di una colonna tedesca nei pressi di Canneto. Verso le 20, giunsero da Torre de’ Picenardi 39 prigionieri disarmati. I combattimenti ebbero fine il 30 aprile. Rimasero tuttavia in funzione fino al 3 maggio i posti di blocco e continuò l’assistenza ai rimpatriati ed ex internati.
Il 25 aprile 1945, il Comitato di Liberazione Nazionale (Serse Acerbi, operaio, Presidente; Giacomo Bonacorsi, operaio; Fausto Brozzoni, avvocato; Giuseppe Olivieri, ex capostazione; Egidio Martinelli, esercente) nominò la giunta comunale: Sindaco, Giacomo Bonacorsi, meccanico; Vicesindaco, Angelo Toninelli, calzolaio; Assessori, Egidio Martinelli, esercente; Giuseppe Olivieri, ex capostazione; Riccardo Pasini, procaccia postale.
Le nuove forze democratiche si misero subito all’opera per far riprendere regolarmente la vita civile con le rinnovate istituzioni.
Caduti o Dispersi in guerra
Renato Ernesto Azzi, di Piadena; Mario Azzi, di Piadena; Pietro Bassi, di Drizzona; Mario Bertamoni, di Piadena; Anselmo Bini, di Piadena; Aquilino Carisi, di Piadena; Virginio Cororbari, di Drizzona; Rino Corini, di Piadena; Alberto Dellabassa, di Piadena; Guido Destri, di Drizzona; Renato Donelli, di Piadena; Angelo Fellini, di Piadena; Federico Feraboli, di Drizzona; Cabirio Filippini, di Piadena; Narciso Frigeri, di Piadena; Martino Furettini, di Piadena; Claudio Galetti, di Drizzona; Luigi Gerelli, di Drizzona; Ulisse Guercé, di Piadena; Tebaldo Laghi, di Piadena; Eugenio Marchetti, di Piadena; Bruno Mariotti, di Piadena; Luigi Mariotti, di Piadena; Ferdinando Meni, di Drizzona; Sante Miccoli, di Piadena; Libero Miti, di Piadena; Cesare Molinari, di Piadena; Pietro Morenghi, di Drizzona; Rosolino Negri, di Piadena; Catullo Nostrini, di Piadena; Amos Pedrini, di Piadena; Giovanni Robusti, di Piadena; Carlo Scaglioni, di Piadena; Libero Gino Soldi, di Piadena; Ettore Scutari, di Drizzona; Mario Zanoni, di Drizzona; Odilio Zanotti, di Drizzona.
Civili morti per cause di guerra
Marino Feraboli, di Drizzona; Lorenzo Finardi, di Piadena; Umberto Finardi, di Piadena; Luigi Gamba, di Piadena; Gaetano Guercé, di Piadena; Andrea Lazzari, di Castelfranco; Paolo Locatelli, di Castelfranco; Giacomo Pigozzi, di Piadena; Erminio Torchio, di Piadena; Anteo Zanlari, di Piadena.
Mauro Ferrari – Operatore Naturalistico e Culturale Nazionale del Club Alpino Italiano