Ambiente

Per un fiume più pulito,
più bello e di tutti

... poi è arrivato il tempo in cui l’inquinamento si è fatto largo e, contemporaneamente, il benessere economico e la maggior capacità di effettuare spostamenti, anche su lunghe tratte, ha portato la nostra stessa gente a privilegiare altri luoghi, allontanandosi dal fiume

All’ombra del solito, vecchio pioppo bianco che, lungo la via Alzaia, segna il confine tra Zibello e Pieveottoville (e chi è di queste parti conosce quando possa essere importante una simile demarcazione), mi fermo spesso a sfogliare i libri fotografici dedicati al fiume.

Ne ho una discreta quantità e ne vado più che geloso. Li considero opere monumentali e, tra le innumerevoli immagini in bianco e nero realizzate, nel tempo, dai maestri fotografi che hanno saputo fissare e raccontare in modo indelebile la storia delle nostre terre, mi fermo di frequente su quelle che ritraggono la gente in spiaggia.

Non esito a sostenere che molte di queste foto sembrano nientemeno che opere di Henri De Toulouse-Lautrec; di certo, nel loro insieme, costituiscono un archivio fotografico di inestimabile valore, da tutelare e custodire con zelo e attenzione perché ripercorrono, una dopo l’altra, la storia dei nostri paesi e delle nostre campagne, delle nostre famiglie e dei nostri saperi.

Quando osservo le immagini delle persone, spesso con i primi costumi d’epoca, radunate sugli spiaggioni, la mente corre a quella definizione di “Mare dei poveri” con cui è sempre stato indicato, e considerato, il fiume. Inevitabilmente il pensiero corre ai tanti racconti che gli anziani dei nostri paesi mi hanno tramandato, magari con un cappello di paglia in testa e un filo d’erba in bocca. Penso ad Aldo che, in viaggio di nozze, ha caricato la moglie sulla canna della bicicletta e l’ha portata a Cremona; ad Elvira che mi ha confidato di aver concepito il suo primo figlio all’ombra di un salice; a Giuseppe che mi ha detto di aver imparato a nuotare non a un corso in piscina ma direttamente tra le acque del vecchio Po; ai tanti che mi hanno parlato delle esperienze delle colonie fluviali. Del resto, almeno fino ai primi settant’anni del Novecento, il bagno in Po si è sempre fatto e la gente sulle sue rive ci è sempre andata. Non era solo fonte di vita per tanti, il Po, ma era anche luogo di divertimento, di relax e, perché no, anche di vacanza.

Poi è arrivato il tempo in cui l’inquinamento si è fatto largo e, contemporaneamente, il benessere economico e la maggior capacità di effettuare spostamenti, anche su lunghe tratte, ha portato la nostra stessa gente a privilegiare altri luoghi, allontanandosi dal fiume.

Tra una foto d’epoca e l’altra, ogni volta finisco per alzare lo sguardo verso i vicini spiaggioni, di entrambe le rive. Entrambi desolatamente vuoti, popolati solo da gruppi di gabbiani, cormorani e anatre selvatiche. Mi chiedo: tonerà la gente a vivere, e a far vivere, il mare dei poveri? Di turismo fluviale si parla da anni; molti progetti sono finiti a far polvere sugli scaffali dei più svarianti Enti e tante idee sono rimaste tali. Poche, per ora, le iniziative andate realmente in porto, rispetto alle tante pensate e buttate lì.

Torneremo, mi domando ancora, a vivere e a far vivere il mare dei poveri? Da più parti sento, e leggo, che il Po, da qualche anno è più pulito e che il livello dell’inquinamento sarebbe calato. Non ho alcuna competenza per sostenere o smentire questa ipotesi e, convinto del fatto che è bene che ognuno stia al proprio posto e si occupi di ciò che è capace, a dispetto di una società di tuttologi sempre più in movimento, preferisco non esprimermi. Di certo c’è che, da parte di ognuno di noi, occorra molto più senso civico, e più educazione. Non serve che ce lo dica Greta Thunberg con le sue sacrosante battaglie a favore dell’ambiente. Ce lo deve dire semplicemente la coscienza.

Durante le mie camminate tra boschi, sentieri e spiaggioni mi imbatto, ancora troppo spesso, in dimostrazioni palesi e lampanti di stupidità umana. E’ possibile che, nel terzo millennio, nell’era dell’elevata tecnologia e delle innumerevoli campagne mondiali a difesa dell’ambiente, ci sia ancora gente che si libera dei proprio rifiuti disperdendoli nelle campagne e nei corsi d’acqua? Purtroppo questa è, ancora oggi, e ogni giorno, l’amara realtà. Quando, lungo sterrati e spiaggioni, ti imbatti in vecchi pneumatici, bottiglie, lattine e, addirittura, assorbenti e sacchi colmi di spazzatura, capisci che la strada da fare è ancora tanta, e in salita. Per tanti anni abbiamo chiesto di aumentare gli impianti di depurazione, pubblici e privati e la meta, in buona parte, è stata raggiunta. Si sono fatti passi avanti importanti, ma troppi continuano ad essere quelli indietro.

Vogliamo tornare a fare il bagno nel fiume e a mettere gli ombrelloni sulle spiagge come, in un passato non tanto lontano, si è sempre fatto? Tutto dipende dal comportamento di ognuno di noi nelle singole azioni quotidiane e domestiche. Non possiamo sempre e solo aspettarci i grandi progetti, se poi non sappiamo rispondere con adeguate e semplici azioni quotidiane.

Le buone pratiche devono partire dal basso, da ognuno di noi, dal nostro grado di civiltà e di educazione. Quando, sulle spiagge, non ci saranno più pneumatici, lattine e bottiglie avremo fatto un passo, fondamentale ed essenziale, in più.

La pandemia in corso ci deve insegnare anche questo; a prenderci cura l’uno dell’altro come di noi stessi, e di tutto quello che ci circonda. Dire che il futuro dipende da noi non deve essere uno slogan e nemmeno una delle tante e troppe frasi fatte. Deve essere una consapevolezza da mettere in pratica nelle nostre azioni giornaliere. Per essere noi i protagonisti, da subito, del futuro, regalandoci, e regalando a chi verrà dopo di noi, un fiume più pulito, più bello e più accogliente. Da vivere a piedi, camminando tra argini, sterrati e pioppeti; in bici pedalando su quel reticolo, sempre più ampio e variegato, di piste ciclabili che corrono sull’una e sull’altra sponda; in barca spostandoci fra l’una e l’altra riva. Creando le condizioni per soste piacevoli, semplici, e golose, per noi e per gli altri, sull’una come sull’altra riva, dando valore alle nostre terre e ai nostri saperi.

Se sapremo attingere alle ricchezze del passato, agli insegnamenti di quegli uomini e di quelle donne che hanno costruito la nostra storia e sono stati ritratti, in bianco e nero, dai maestri fotografi del Po, potremo assicurarci e realizzare un futuro migliore, con un fiume più bello, più pulito, più vivibile, e più turistico. Con nuove possibilità per i nostri paesi e i nostri giovani, tagliando traguardi che, pur sembrando lontani, sono lì davanti a noi.

Paolo Panni – Eremita del Po

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