Salute

Cura a domicilio per oncologici:
ecco il progetto OncoHome

“Il progetto prevede l’assistenza a 360 gradi, su tre aspetti: la telemedicina, con piattaforma digitale sviluppata ad hoc per le televisite, la spedizione del farmaco, l’individuazione di visita domiciliare a opera di equipe medico-infermieristica” spiega Valentina Guadalupi, oncologa dell’Int.

E’ stato presentato ufficialmente questa mattina OncoHome il progetto sulla cura a domicilio del paziente oncologico, promosso dall’Oncologia dell’ospedale di Cremona, insieme al l’Istituto Tumori di Milano (capofila) e il San Raffaele. Un progetto patrocinato da Aiom (Associazione italiana di oncologia medica), aveva preso piede durante la prima ondata pandemica, sul nostro territorio, e ora è diventato di interesse interprovinciale.

OncoHome prevede al momento il coinvolgimento di 300 pazienti, assistiti dalle tre strutture ospedaliere: 100 sono seguiti da INT, 100 dall’Ospedale San Raffaele e 100 dall’Ospedale di Cremona. “E’ una nuova modalità assistenziale: considerando che circa il 40% dei malati oncologici assume terapie per via orale, che possono essere quindi somministrate anche al domicilio del paziente, la scelta è proprio quella di evitare l’accesso alla struttura ospedaliera quando possibile, andando di fatto a de-ospedalizzare anche certe patologie gravi, dove possibile” spiega Rodolfo Passalacqua, direttore dell’Unità Operativa di Oncologia dell’Asst di Cremona. “Il paziente è parte attiva e ha il compito di compilare ciclicamente dei questionari che, attraverso domande che riguardano l’impatto sulla qualità di vita delle cure in corso, ci servono per capire meglio la reale tossicità dei farmaci”.

“Si tratta di un servizio rivolto a soggetti adulti con tumore solido e malattia metastatica, che richiedono terapia orale” evidenzia Giuseppe Procopio, responsabile della struttura semplice di Oncologia Medica genito-urinaria dell’Int. “Si tratta di un trattamento attivo antitumorale per patologia oncologica. Sono quindi soggetti che possono trarre beneficio dal restare a domicilio, e prevediamo di trattarne circa un centinaio, nella fase pilota del progetto”.

“OncoHome è la giusta strategia per portare l’ospedale a casa dei malati, garantendo tutta l’assistenza di cui necessitano attraverso le visite a domicilio, ma anche per offrire parole di conforto e una vicinanza fisica che, ora più che mai, sono fondamentali per chi vive una malattia oncologica” commenta Marco Votta, presidente dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.

Molto importante il fatto che il servizio non sarà a carico del paziente, ma neppure del Sistema sanitario nazionale: esso è stato infatti finanziato grazie a una campagna di raccolta fondi a cui hanno preso parte numerose associazioni, tra cui Medea (oltre a Ipsen, Janssen Oncology, Roche, Pfizer, Amgen, Novartis Farma, Bayer), e servirà a sostenere le spese di assistenza e cura, che comprendono visite domiciliari da parte di un team di infermieri, medici e oncologi, consultazioni a distanza e una linea telefonica dedicata per i pazienti.

“Il progetto prevede l’assistenza a 360 gradi, su tre aspetti: la telemedicina, con piattaforma digitale sviluppata ad hoc per le televisite, la spedizione del farmaco, l’individuazione di visita domiciliare a opera di equipe medico-infermieristica” spiega Valentina Guadalupi, oncologa dell’Int. “Sono già state individuate le figure professionali che svolgeranno il servizio. C’è un filo diretto tra ospedale e paziente, a cui viene garantita continuità terapeutica e un’assistenza infermieristica”.

Non è tutto: “I pazienti indosseranno maglie con un monitoraggio dei parametri, in modo da individuare eventuali casi critici, che necessitino ricovero” continua Guadalupi. Ma c’è un importante coinvolgimento anche per tutti gli stakeholder, a partire dal medico di base, ma anche i caregiver. “Nel tempo potremo coinvolgere anche pazienti in terapia endovenosa nei periodi interciclo. E’ fondamentale l’utilizzo sempre più esteso della tecnologia”.

“La nostra esperienza nasce prima di OncoHome, quando già si era iniziato a pensare un progetto di home delivery, per portare i farmaci a casa del paziente per le terapie orali” ha spiegato Vito Ladisa, direttore della farmacia Int. “Un’esperienza che ha consentito, oltre a liberare l’istituto dall’accesso dei pazienti, in timore di qualsiadsi tipo di contagio, di assicurare le terapie”.

Quindi OncoHome è un vero e proprio progetto apri-pista “per una modalità assistenziale diversa da attuare sul territorio” – sottolinea Filippo de Braud, direttore del Dipartimento e della Divisione di Oncologia Medica ed Ematologia INT. “L’obiettivo è di ridurre del 50% gli accessi in ospedale e di proteggere di conseguenza i pazienti oncologici dal rischio di infezione, fornendo loro lo stesso livello di cure che riceverebbero in ambito ospedaliero. I dati che raccoglieremo ci permetteranno di valutare la possibilità di creare un network di assistenza a livello nazionale”.

Insomma, si tratta di un nuovo modo per organizzare l’assistenza oncologica, che prende in considerazione un coinvolgimento fattivo della medicina generale. Ma si guarda anche avanti, a possibili sviluppi futuri: “Se questo lavoro viene allargato alla ricerca clinica sul territorio, offrendo ai pazienti la possibilità di partecipare alla ricerca sperimentale su nuovi farmaci, ampliamo di molto il bacino di utenza” ha aggiunto Passalacqua. “E’ una cosa che in Inghilterra già viene fatto da tempo, interagendo col territorio in modo convolgente”.

Si vuole, insomma, spostare l’assistenza da una visione ospedalocentrica a una più diluita sul territorio, come ha sottolineato anche Stefano Cascinu, primario di oncologia medica Irccs del San Raffaele: “Un nuovo modo per organizzare l’assistenza dei pazienti oncologici”. Il futuro, insomma, è sempre più proiettato verso la telemedicina, che dovrà diventare un sistema di cura parallelo a quello dell’ospedale, sgravando quest’ultimo dall’impegno verso pazienti che possono invece essere curati presso il proprio domicilio, con tutti i benefici che ne derivano anche per il paziente stesso.

Laura Bosio

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