Legambiente: "No ai
pioppeti industriali"
È vero, l’Italia importa troppo legname dall’estero, ma è anche vero che la filiera nostrana è quasi ormai vocata interamente alla produzione di cippati come produzione primaria e non come recupero dalle lavorazioni, una vera assurdità.
La recente comunicazione presentata alla Giunta regionale dall’Assessore all’Agricoltura, Alimentazione e Sistemi verdi Rolfi di concedere le aree pubbliche regionali alle aziende agricole per aumentare l’estensione delle aree coltivate a pioppo e incentivare la filiera bosco-legno locale, trova la ferma opposizione del Circolo Vedo Verde Legambiente Cremona in quanto questi provvedimenti riguarderebbero in gran parte le aree fluviali della provincia di Cremona.
“Giù le mani, caro Assessore, dalle aree pubbliche regionali per iniziative e azioni non direttamente collegate con il potenziamento delle foreste di pianura, all’aumento della biodiversità, al contrasto ai cambiamenti climatici, alla rinaturalizzazione delle golene, alla creazione di boschi demaniali durevoli, alla tutela di quel che rimane, ben poco per la verità, del patrimonio boschivo e ripariale
golenale sopravvissuto alle coltivazioni intensive e alle bonifiche agrarie che, nel tempo, hanno scalzato boschi e zone umide.
È vero, l’Italia importa troppo legname dall’estero, ma è anche vero che la filiera nostrana è quasi ormai vocata interamente alla produzione di cippati come produzione primaria e non come recupero dalle lavorazioni, una vera assurdità.
È necessario cambiare e non svendere le aree pubbliche al miglior offerente per ragioni di convenienza politica. D’altronde basta girare per le nostre campagne per verificare che le coltivazioni di mais e altre monocolture arrivano fino alle sponde dei nostri fiumi, sul Po in
particolare, in contrasto con le direttive dell’Autorità di Bacino del Po che ha realizzato nel 2006 uno studio interdisciplinare per una corretta rinaturalizzazione delle aree golenali nel pieno rispetto delle esigenze idrauliche, definendo varie tipologie di habitat da ricreare e indirizzando alla esclusione delle coltivazioni di mais e o monocoltura.
Correggere queste storture, quindi, dovrebbe portare a rivedere i programmi colturali all’interno delle aree golenali di proprietà delle aziende agricole, riconvertendo da subito le monocolture, idrovore e inquinanti soprattutto in zone fragili come le golene, verso forme più sostenibili.
Tra queste forme può rientrare la pioppicoltura sostenibile di cloni MSA (Maggiore Sostenibilità Ambientale) e con una Gestione Forestale Sostenibile (GFS). Gli stessi principi dovrebbero valere per le aree demaniali già in concessione: alla scadenza, dovrebbero passare ai Comuni di appartenenza ed essere utilizzate per raggiungere gli obiettivi europei di sostenibilità ambientale.
Se ci sono aree pubbliche disponibili lungo i fiumi – conclude Legambiente Cremona – queste devono essere assegnate ai Comuni che le possono gestire, come a suo tempo realizzato per il Progetto “10 Grandi Foreste di Pianura” dai comuni di Cremona e Gerre de Caprioli, per la formazione di nuove foreste planiziali pubbliche e ad uso collettivo, importantissime per l’eco sistema fluviale”.
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