Ambiente

Vite diverse in golena: gli
scatti dell'eremita del Po

L'eremita del Po Paolo Panni sa come muoversi e dove. Conosce la golena come le sue tasche e nonostante questo non cessa mai di sorprendersi e di sorprendere. Gira solo, col suo vincastro e la macchina fotografica, armato di tanta pazienza. Del resto il tempo, in golena, è un concetto del tutto astratto

Sovente in golena, se sai dove andare, incontri vite diverse da quelle che vedi tutti i giorni. Vite importanti, tasselli di un ecosistema che l’uomo – l’unico essere realmente stupido presente sulla terra – fa di tutto per distruggere.

L’eremita del Po Paolo Panni sa come muoversi e dove. Conosce la golena come le sue tasche e nonostante questo non cessa mai di sorprendersi e di sorprendere. Gira solo, col suo vincastro e la macchina fotografica, armato di tanta pazienza. Del resto il tempo, in golena, è un concetto del tutto astratto.

Se non hai fretta, se non sei travolto dal resto, le terre di fiume ti danno modo di scorgere, ogni volta qualche meraviglia. Quelle che presentiamo oggi sono quattro diversi uccelli presenti anche nelle nostre zone. Il Piro Piro, il Cavaliere d’Italia, la Pavoncella e la Beccaccia.

Le immagini sono di Paolo Panni. La meraviglia è la nostra che li vediamo e ne scriviamo. Uno spettacolo – tante vite – che andrebbero tutelate e preservate. Non da parole inutili, riconoscimenti inutili, commissioni inutili, tavoli di lavoro inutili, autorità fluviali e organi di difesa del territorio inesistenti ma da una politica seria di difesa del territorio e delle sue terre modellate ogni volta dal fiume. Una politica seria di tutela ambientale che in Italia non c’è.

Utilizziamo sempre per le descrizioni il sito (Lipu e Ministero dell’Ambiente) uccellidaproteggere (LINK)






PIRO PIRO – Il Piro piro è riconoscibile oltre che per le piccole dimensioni (lunghezza 19-22 centimetri, apertura alare 33-38 centimetri), per le parti superiori bruno-oliva e per le parti inferiori completamente bianche. Il bianco inoltre si estende sulla parte laterale prima dell’ala disegnando una specie di bavaglino colore oliva. Se lo si osserva in volo si scorgono le ali curvate verso il basso con barra bianca, mentre le timoniere sono solo marginalmente bianche. I giovani sono molto simili agli adulti.

Sono riconoscibili le movenze di questo piccolo uccello dei greti e delle paludi, che come gli altri Piro piro, solitamente quando cammina muove la coda in alto e in basso, ripetutamente. Ha una dieta prevalentemente animale: insetti, molluschi, crostacei, anellidi, girini e miriapodi costituiscono il suo cibo. Si riproduce su banchi di fiumi vicino all’acqua utilizzando anche vecchi nidi di altri uccelli, o in tane di conigli o campi di grano distanti dall’acqua. Il nido è costituito da una semplice cavità nel terreno nascosta e tappezzata di erbe e foglie. Durante la cova difende uova e nidiacei dai predatori simulando di essere ferito e, attirandoli su di sè, li allontana dal nido. In Italia è anche specie di passo da metà aprile ad agosto, ma è presente anche come svernante.

In migrazione frequenta vari tipi di zone umide d’acqua dolce interne e costiere (rive del mare), mentre durante lo svernamento appare più legato alle saline, lagune, foci fluviali, valli da pesca anche in aree antropizzate. La distribuzione geografica degli inanellamenti su scala nazionale è ampia, con numerose località nell’Italia nordorientale, Friuli, Trentino e soprattutto Veneto. Si hanno numeri considerevoli di catture anche lungo la costa veneta ed emiliana-romagnola. Ampia e posta essenzialmente a NE rispetto al nostro Paese risulta l’area geografica di origine dei soggetti esteri segnalati in Italia. La Finlandia è il Paese maggiormente rappresentato, seguito da Polonia e Germania. I siti di inanellamento sono localizzati sia in aree costiere, come ad esempio nel Golfo di Finlandia o di Danzica, sia prettamente continentali.

Molto ampia è anche la distribuzione delle ricatture nel nostro Paese, dove soprattutto nelle regioni centrali e meridionali e nelle isole maggiori prevalgono le localizzazioni costiere. Nel Nord e nella Pianura Padana le ricatture sono invece distribuite anche in aree interne. Una forte concentrazione di segnalazioni si riferisce al complesso costiero e delle aree umide dell’Alto Adriatico. Non si notano tendenze particolari nella distribuzione delle distanze percorse e il tempo intercorso tra marcaggio e ricattura. Le distanze prevalenti sono comprese tra i mille-2mila chilometri.

MINACCE – Nonostante la specie sia particolarmente adattabile e in grado di colonizzare ambienti antropizzati e degradati, il successo della nidificazione in questi habitat risulta particolarmente incerto, essendo le deposizioni vulnerabili nei confronti delle attività antropiche. Anche in corrispondenza di ambienti naturali, quali i greti fluviali, la specie risente fortemente del disturbo arrecato dall’uomo, come quello dovuto agli interventi di regimazione dei corsi d’acqua o piene fluviali primaverili e messa in sicurezza delle sponde, nonché alla presenza di pescatori, bagnanti, motociclisti, escursionisti sul greto e lungo le rive. Nidifica in coppie isolate. In provincia di Parma sul fiume Taro la distanza media tra i nidi è pari a 1,5 chilometri. Il successo riproduttivo è pari a 2,32 giovani per coppia. In provincia di Padova il 60% delle covate ha portato all’involo di almeno un pullo.






CAVALIERE D’ITALIA – Elegante in volo, in grado di atterrare leggero, compiendo spettacolari circonvoluzioni in prossimità del terreno. Il Cavaliere d’Italia è anche un grande “camminatore”,  pure se le lunghe zampe fanno sembrare la sua andatura insicura, in particolare sulla battigia, dove la sabbia lascia il posto al mare o agli acquitrini.

Amplissimo l’areale di nidificazione di questa specie, dall’Asia all’Europa, dall’Africa alle Americhe. Alle nostre latitudini la specie è presente sia come nidificante che, occasionalmente, come svernante: al contingente nidificante, infatti, si aggiunge in estate un limitato quantitativo di individui provenienti dall’Europa centrale, mentre l’Italia è zona di passaggio per tutta una serie di gruppi che scelgono l’Africa subsahariana per trascorrere l’inverno.

Esile e longilineo, il Cavaliere d’Italia può misurare anche 35-40 cm in altezza, grazie alle lunghissime zampe. Si fa notare, poi, il lungo ed affilato becco nero, e nero è anche il dorso, mentre la calotta scura presente sul capo del maschio – sempre più evidente con l’età – è nella femmina del praticamente assente.

Ghiotto di tutti i “prodotti” della palude quali insetti e piccoli invertebrati, ma anche alghe e resti di vegetazione acquatica, il pullo di Cavaliere d’Italia esce dal nido molto presto, poche ore dopo la schiusa. Un’abitudine molto pericolosa per gli individui più giovani, che vengono facilmente predati dal Falco di palude.

MINACCE – Il Cavaliere d’Italia predilige climi temperati, dove siano presenti ambienti umidi con acque ferme e poco profonde, dolci o anche salmastre. Predilige altresì fondi sabbiosi, ghiaiosi o fangosi talvolta favoriti da ambienti artificiali quali aree irrigate, saline, risaie, allevamenti ittici, addirittura depuratori o vasche di zuccherifici.

In questo senso, possono nuocere sensibilmente a livello locale atti quali il repentino prosciugamento o eccessivo allagamento – con acqua troppo profonda – di queste aree. Questo causa di solito lo spostamento degli individui in altre zone, dove sia presente acqua bassa con produttività biologica elevata (alta presenza di invertebrati).

A differenza di altre specie, il Cavaliere d’Italia non dipende strettamente dalla copertura vegetazionale, e tollera in una certa misura il disturbo antropico quando questo non interferisca direttamente con la vita quotidiana degli individui. A incombere sulla specie, in Italia, sono sia minacce “naturali” come la locale abbondanza di predatori – peraltro favorita dal prosciugamento delle aree – sia più in generale da variazioni nel livello idrico che possono essere determinate sia da interventi umani sia da precipitazioni eccessive o anomale.

La distruzione o il degrado degli habitat unito all’eccessivo disturbo presso i siti riproduttivi costituiscono le principali minacce per la specie, insieme al repentino cambiamento del livello delle acque che può avere conseguenze molto impattanti a livello locale.






PAVONCELLA – La Pavoncella presenta dimensioni simili a quelle di un Colombo di città, raggiungendo una lunghezza di 34 centimetri e un’apertura alare di 77 centimetri, per un peso che può raggiungere anche i 300 grammi. Il maschio e la femmina sono molto simili nell’aspetto, con parti superiori verde scuro con riflessi iridescenti tendenti al nero verso le estremità alari, che terminano con il bianco. Il petto è nero e l’addome bianco, gli stessi colori che connotano il capo, dove campeggia un pronunciato ciuffo. Le zampe sono invece rosse, il becco nerastro. Le femmine si distinguono dai maschi per alcune screziature bianche presenti sul nero del petto e della gola. I giovani somigliano agli adulti, con colorazioni però meno accese e qualche screziatura sulle parti bianche della testa.

Presente con la sottospecie nominale Vanellus v. vanellus in gran parte dell’Europa, la specie in Italia è nidificante parzialmente sedentaria, con un congruo numero di soggetti migratori e svernanti. Frequenta le pianure, i vasti territori coltivati a campi e zone parzialmente umide, ma la si incontra anche nei pascoli, fino a quote medio alte, nella stagione invernale e durante la migrazione primaverile.

La Pavoncella si nutre essenzialmente di coleotteri, mosche e altri insetti, ma anche di ragni, lombrichi e altri invertebrati. Non disdegna nella dieta anche qualche seme di pino o di graminacee. Di carattere sospettoso e di indole timida, conduce vita gregaria in branchi anche numerosi. Il volo è ondulato e relativamente veloce. Sul terreno cammina e corre compiendo improvvisi arresti e ricerca il cibo piegando il corpo senza flettere le zampe.

La stagione riproduttiva inizia alla fine di marzo, con voli di corteggiamento irregolari e abbastanza vistosi. Davanti alla femmina, il maschio si esibisce in una parata che consiste nel simulare il movimento del corpo che dovrà compiere in seguito per scavare la cavità nella quale saranno deposte le uova. Il nido è infatti un semplice buco sul terreno, spesso un poco rialzato per permettere un controllo della zona circostante. La femmina, dopo avere scelto tra diversi siti predisposti dal maschio, depone 4 uova tra la metà di marzo e aprile. Difficilmente si realizza una seconda covata. Dopo circa 4 settimane le uova si schiudono: alla nascita i pulcini abbandonano immediatamente il nido – c.d. nidifughi – per essere comunque accuditi da entrambi i genitori anche in seguito, per un periodo di 35-40 giorni.

MINACCE – La tutela dei siti riproduttivi si configura come l’azione principale per assicurare la conservazione della specie. In Piemonte, dove la specie nidifica in aree coltivate (risaie), si devono prevedere pratiche agricole compatibili con la riproduzione. In passato, infatti, la specie ha sofferto a causa dell’intensificazione delle pratiche agricole, bonifiche e raccolta di uova.

Attualmente la principali minacce sono ascrivibili ai cambiamenti e all’intensificazione delle pratiche agricole – es. drenaggio, fertilizzanti minerali, risemina dei prati – che hanno conseguenze impattanti sulla produttività media delle coppie. Alcuni importanti siti di sosta migratoria nel Baltico sono poi minacciati da inquinamento da petrolio, drenaggio delle zone umide, abbandono. La Pavoncella è potenzialmente suscettibile a botulismo ed è tuttora cacciabile in Francia, Grecia, Italia e Spagna.

È stato osservato come l’abbondanza della specie sia direttamente proporzionale all’intensità del pascolo – più diffusa in aree sfruttate con più di un 1 capo bovino per ettaro – ma in praterie salmastre costiere potrebbe essere opportuno limitare l’accesso del bestiame alle aree con crescita lenta dell’erba. Nel Regno Unito condizioni ottimali si riscontrano in mosaici di prati non allagati, prati allagati d’inverno e pozze poco profonde, essenziali per il ciclo riproduttivo della specie e che dovrebbero quindi essere mantenute fino alla fine di giugno. Piccoli allagamenti – fossi, canali, ecc – sono comunque preferibili per la specie rispetto ad aree allagate più vaste. Il numero di coppie in una riserva in Galles è aumentato in seguito all’implementazione di una rotazione biennale dei coltivi, insieme a pascolo ovino stagionale e pascolo bovino programmato e al controllo del livello dell’acqua.

Lavori agricoli e predazione – anche da parte di mammiferi introdotti e soprattutto da Corvidi, gabbiani, volpi, cani, ricci – sono tra i principali fattori influenzanti l’esito della nidificazione, insieme alle condizioni meteorologiche. L’utilizzo di recinzioni protettive attorno ai nidi o alle aree di nidificazione, al fine di limitare la presenza di predatori, può influire positivamente sul successo riproduttivo. In Italia, su 43 covate, 33 sono risultate composte da 4 uova e 10 da 3 uova, con una media di 3,77 uova per nido. Su 24 deposizioni è stata rilevata una media di 2,5 giovani involati per coppia. In provincia di Parma, su 345 coppie, il successo riproduttivo raggiungeva il 76%, con una media di 1,7 giovani involati per coppia.






BECCACCINO – Il Beccaccino presenta dimensioni medio-piccole – fino a 27 cm di lunghezza – e forme slanciate, ali lunghe e puntute, coda a ventaglio e becco assai lungo, diritto e sottile. La livrea in entrambi i sessi è di color bruno-fulvo barrato e striato di nero, fulvo e marrone; sul capo nerastro, solcato da una stria chiara, si nota il becco di colore bruno-rossastro, chiaro alla base e bruno scuro all’apice, mentre le zampe mostrano sfumature cromatiche verde-pallido. Quando si alza in volo, è facilmente identificabile: prima di prendere quota – fino a raggiungere altezze anche notevoli – vola velocissimo e basso a zig-zag.

Due le sottospecie note, gallinago  e forensis , di cui solo la prima frequenta il nostro Paese. Le nostre latitudini sono tipicamente un quartiere di svernamento per le popolazioni più settentrionali. Oltre all’Europa centro-meridionale, la specie sverna in tutto il bacino del Mediterraneo e in Nordafrica. Durante la migrazione e lo svernamento, il Beccaccino frequenta una grande varietà di zone umide con acque basse interne e costiere ed alternanza di aree fangose e asciutte, compresi campi allagati.

Il Beccaccino si ciba soprattutto di anellidi e insetti, ma anche di larve, molluschi, crostacei, semi ed erbe. Le parate nuziali sono accompagnate da cerimonie e corteggiamenti a terra, durante i quali non mancano i confronti con altri maschi. Il nido viene predisposto in una depressione del terreno non lontana dall’acqua, ove la femmina depone fino a 6 uova che coverà per circa 20 giorni. I pulcini, che abbandonano il nido poco dopo la nascita – cosiddetti “nidifughi” – vengono accuditi da entrambi i genitori e, già dopo 14 giorni, sono in grado di compiere i primi voli. A volte si registrano due covate l’anno.

Ampia la distribuzione delle località di inanellamento in Italia, con un’evidente concentrazione nelle aree costiere dell’Alto Adriatico e numeri particolarmente elevati nel Veneziano e nel Delta del Po. Un buon numero di ricatture si origina dalla Francia mediterranea. Interessanti sono anche le ricatture da Paesi africani, in particolare da quelli sub-sahariani. La stragrande maggioranza delle rilevazioni sono concentrate su distanze inferiori ai 1.000 km, ma spiccano alcuni casi di percorrenze superiori anche ai 3.000 km, fino ad un massimo superiore ai 5.000.

MINACCE – Il nostro Paese ospita irregolarmente coppie nidificanti della specie. Riguardo al più numeroso contingente svernante e agli individui in migrazione, la principale minaccia per la specie è da mettere in relazione alla trasformazione e al degrado degli ambienti di sosta e alimentazione.

Durante la migrazione e lo svernamento, il Beccaccino predilige zone umide con acque basse interne e costiere e alternanza di aree fangose e asciutte, compresi campi allagati, prati pascoli, marcite, risaie, salicornieti e giuncheti radi, litorali sabbiosi. Mentre in periodo riproduttivo la specie è stata osservata nei pressi di zone paludose, prati umidi, cave allagate e torbiere, preferibilmente in cariceti.

In particolare, il Beccaccino risente della variazione del livello delle acque nei siti di svernamento e dalla diminuzione degli ambienti di marcita. Ulteriore minaccia è rappresentata dal prelievo venatorio nelle aree di svernamento, essendo la specie tuttora cacciabile in Italia. Più in generale, il disturbo antropico causato dalle attività di caccia nelle zone umide rappresenta un pericolo per la specie, specialmente – per quanto riguarda il nostro Paese – nelle fasi pre e post-riproduttiva.






 

Come noterete, nelle minacce è compreso sempre l’uomo. Anzi, è la parte preponderante. L’antropizzazione degli ambiente fluviali è la minaccia più seria all’ecosistema. Paolo Panni, eremita del Po questo lo sa. Non dà mai indicazioni precise dei luoghi di avvistamento né lo stimoleremo noi a farlo.

Ci godiamo la bellezza delle forme, la bellezza della vita che si compie nelle aree umide che guardano al fiume e alla sua terra.

Nazzareno Condina

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