Arte

Casalmaggiore, 'si fa luce sul teatro'. Anche se la speranza di riaprire ancora non c'è

Non è mancata la malinconia, non è mancata la tristezza ed è mancata la speranza. Anche la fiducia è atto formale più che sostanziale in questo caso. Perché dei teatri ancora non si sa nulla e nulla si saprà ancora per diverso tempo. GUARDA L'INTERVISTA A ROMANETTI E IL SERVIZIO TG DI CREMONA 1

CASALMAGGIORE – La vita c’è. Magari nell’altrove, magari nei ricordi e nelle emozioni, e anche nel senso ‘profondo’ di vuoto di un teatro comunale che esattamente un anno fa interrompeva la sua stagione per decreto ministeriale in contrasto alla pandemia. La vita c’è, in piccole stille, e c’è stata ieri sera anche se gli amanti del teatro non erano molti (e non solo per le restrizioni). Ha viaggiato, in piccoli tratti di musica e luce, tra le dita di Vittorio Rizzi e nelle parole del direttore Giuseppe Romanetti che ha tracciato la storia del Comunale, aperto nel 1782 ed arrivato – gioiello tra i gioielli – con varie vicissitudini e qualche interruzione sino ai nostri giorni.

Il Teatro Comunale di Casalmaggiore ha aderito all’iniziativa nazionale ‘Facciamo luce sul teatro’ promossa da U.N.I.T.A. (Unione Nazionale Interpreti Teatro e Audiovisivo) che invitava tutti i teatri italiani a illuminare e tenere aperti i propri edifici la sera di lunedì 22 febbraio a un anno di distanza dal primo provvedimento governativo che come prima misura di contrasto al Coronavirus intimava la chiusura immediata dei teatri.

Non è mancata la malinconia, non è mancata la tristezza ed è mancata la speranza. Anche la fiducia è atto formale più che sostanziale in questo caso. Perché dei teatri ancora non si sa nulla e nulla si saprà ancora per diverso tempo.

“Questa serata – ha spiegato il direttore Giuseppe Romanetti – è una serata dedicata al teatro, una serata che l’associazione UNITA ha lanciato per tutti i teatri italiani perché ci fosse questo segnale, ognuno rispondendo come credeva, anche semplicemente illuminando il teatro. Questo è dipeso dalle zone, arancioni, gialle o rosse in cui ci troviamo o facendo delle piccole iniziative come la nostra. Abbiamo fatto un po’ di musica, grazie anche al nostro Vittorio Rizzi ed abbiamo raccontato un po’ del nostro teatro, del teatro in generale, e di dove sta andando il teatro. Sostanzialmente nessuno lo sa in questo momento, perché non abbiamo notizie ne per ora né per il futuro ma noi siamo qui e aspettiamo fiduciosi perché fiduciosi bisogna esserlo”.

“Noi abbiamo fatto l’ultimo spettacolo il 15 di febbraio – ha raccontato Romanetti – e se ne doveva fare un altro il 29 ma poi il 22 han chiuso i teatri. E’ un segnale molto importante perché il comparto dello spettacolo e del teatro in particolare è stato colpito. Un anno che è chiuso, con una breve riapertura a settembre e ottobre, poi ancora chiusa. E uno non può dire come fanno adesso con altri comparti e con un decreto che domani si può riaprire. Un teatro per riaprire ha bisogno almeno di due mesi per programmare, comunicare. E’ un comparto, quello dello spettacolo, che non ha paracaduti di nessun tipo. Non c’è la cassa integrazione, non c’è la disoccupazione, in più – e credo che sia giusto la gente lo sappia – anche quando non lavori chi lavora nel mondo del teatro deve pagare comunque i contributi perché qualora venissero chiamati a rappresentare il loro spettacolo devono avere un documento che si chiama agibilità che rilascia l’INPS e che l’INPS rilascia solo se sei in regola con i contributi. Se resti disoccupato anche per tre anni li paghi perché se ti chiamano devi essere a posto e questa è la gravità del comparto che è un comparto di circa 500 mila lavoratori tra direttori, attori, registi, sarte, macchinisti, elettricisti, facchini, autisti, e chi più ne ha più ne metta. Noi abbiamo aderito a questa iniziativa come teatro anche se noi siamo tra quelli che vogliono rispettare le regole. Però mi si permetta di dire che se tu apri il bar e il ristorante non si capisce perché tu non apra il teatro. E non è una polemica contro chi gestisce quelle attività. Nei due mesi circa in cui i teatri hanno riaperto, si è rivelato il teatro uno dei posti più sicuri, e questo lo dice il rapporto spettatori contagi. 400 mila spettatori, con un contagiato che magari non l’ha preso neppure a teatro. Ci siamo inventati questa cosa di fare due chiacchiere, di parlare anche un po’ del teatro e di teatro”.

“Se posso permettermi una nota polemica – ha proseguito Romanetti – ci sono molte persone che si dicono amanti del teatro, che lo praticano anche a livello amatoriale, ecco mi sarebbe piaciuto che anche questi dessero una loro testimonianza, proprio per l’amore che portano al teatro in questa serata. Del teatro che deve esistere, che è parte integrante della nostra civiltà, della cittadinanza, che è quello che fa la cittadinanza, che fa la polis”.

La vita c’è insomma, anche se al momento e tranne che per l’estemporaneità della testimonianza di ieri sera, è nell’altrove. Ma è pronta a riprendersi spazi anche sul palco e nei vari ordini di pubblico. Non si sa ancora come e quando, ma si continua a sperare che possa essere presto.

Nazzareno Condina

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