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ADOLESCENTI E COVID (MARIKA GIGLIARANO-PEDAGOGISTA)
L’anno che è appena passato ha messo a dura prova tutti, dal punto di vista lavorativo, psicologico o psicosomatico, e sociale. C’è però in particolar modo una categoria di persone che tendiamo a sottovalutare e su cui riponiamo oltretutto molte aspettative, ovvero gli adolescenti. Senza dubbio chi più chi meno ha subito questa reclusione forzata in modo negativo, ma se pensiamo a soggetti in crescita che necessitano più di altri della socializzazione, allora dobbiamo tutelare in primis i ragazzi, i quali oltretutto sono il nostro futuro.
I giovani di oggi saranno gli adulti di domani, saranno i dottori che ci opereranno, gli assistenti che si prenderanno cura di no, saranno coloro che educheranno i nostri figli a scuola. Pensando di fare il loro bene, ci vediamo costretti ad imporre le regole sociali legate al periodo che prevedono la reclusione e la non possibilità di socializzazione, la non possibilità di fruire dei centri sportivi, le lezioni da casa e così via.
Certo, li stiamo tutelando da una parte e stiamo anche tutelando tutte le altre persone, ma stiamo sottovalutando l’enorme carenza e stress a cui sono sottoposti. Il bisogno dei soggetti in crescita di confrontarsi con i pari e con la società, di relazionarsi, è molto importante, va al di la di quello che potrebbe rappresentare per noi. Pensare che non porterà conseguenze costringerli a seguire una didattica a distanza e una non possibilità sana di confronto con gli altri, è utopico.
Si stanno registrando infatti disturbi d’ansia e depressione specialmente nei più giovani. Come pedagogista ho notato, nelle famiglie che aiuto a distanza o in presenza in consulenza genitoriale, di quanto malessere provino i ragazzi in questo periodo e li va la mia attenzione.
Stando spesso in casa, oltretutto, stiamo avvicinando troppo alla tecnologia a livello di tempo i nostri giovanissimi, peggio ancora se bambini, che si chiudono in un mondo virtuale creando più danni che benefici, e lo dico nonostante io personalmente sia a favore dell’uso tecnologico nel corretto modo, il quale rappresenta un importante risorsa!
Le dipendenze da videogioco o dai social stanno salendo esponenzialmente, e tutto ciò è disfunzionale: occorre correre subito ai ripari. Per sentirsi bene ed essere effettivamente produttivi i ragazzi dovrebbero avere impegni utili e motivazione in ciò che fanno, lasciarli troppo allo sbando senza una meta o un obiettivo futuro crea solo danni.
Cosa possono fare i genitori?
Proteggerli e tutelarli come si può, cercando di trovare quanto più possibile il tempo per stare con loro, un tempo di qualità, che non sia interferito dai ritmi della vita moderna sempre più frenetici, alla corsa verso quel qualcosa in più che neppure noi spesso sappiamo.
Cerchiamo di dialogare in modo aperto, chiedendo loro come stanno, cerchiamo di mantenere un atteggiamento si di guida genitoriale ma anche di comprensione e confronto aperto, tutto ciò che poi nell’effettivo li aiuterà a crescere e divenire uomini e donne adulti e a replicare lo stesso atteggiamento nei nostri confronti.
Inoltre inventarsi qualcosa nel limite del possibile che preveda di impegnarli con un senso, il più possibile nel sociale, può portare solo che benefici. Chiediamo quindi aiuto ai professionisti del settore. A beneficiarne sarà tutta la famiglia.
Nell’ultimo periodo purtroppo a causa delle restrizioni, quasi inconsapevolmente e nel vano tentativo di proteggerli, li abbiamo inchiodati nel nido materno, facendo passare l’idea che stare con i pari sia un pericolo. È un posto dove l’adolescente non può però soggiornare troppo a lungo: rischiamo demotivazioni ed incapacità future di competenze sociali e gestionali di se.
Oppure all’estremo opposto li stiamo mandando in giro senza uno scopo e senza un obiettivo, che sia magari anche un impegno per un futuro lavoro, che sia volontariato o tirocinio o lavoro stesso, rendendoli incapaci di prendere decisioni in autonomia e con coscienza. Spesso li abbandoniamo a loro stessi senza una guida, oppure li soffochiamo di regole e di giudizi convinti di ‘educarli’ ma educare è molto di più: è guidare, è mostrare per primi come bisogna fare ed essere nella vita, non è prevaricare sul più debole.
È mostrare nei momenti di difficoltà come è più corretto reagire, nel rispetto di noi e degli altri.
Preoccupiamoci della loro salute mentale, preoccupiamoci della nostra: troppo spesso dimentichiamo quando loro assorbano da noi e quanto noi siamo il loro punto principale di riferimento.
Sono davvero tutti “svogliati”?
Pretendiamo da loro disciplina senza talvolta esserne in possesso noi stessi (in quando adulti che non rispettano le regole o le norme imposte dal periodo) e sono sempre soggetti a numerose critiche da parte della generazione precedente: sento spesso o leggo spesso frasi come ‘non hanno voglia di fare nulla’ ma come speriamo di guidarli, insegnargli il valore del sacrificio e dell’impegno se noi per primi ci lamentiamo di loro e li etichettiamo sul nascere come fanulloni?
Come speriamo di motivarli se siamo così negativi nei loro confronti? Ogni generazione quando invecchia incolpa, dall’alba dei tempi, quella successiva etichettandola difatti come poco rispettosa.
Se davvero vogliamo una società più propensa all’aiuto reciproco, più umile, impariamo noi stessi in primis ad essere così: non dimentichiamoci che si educa più con ciò che si è, rispetto a con ciò che si fa.
Diventiamo noi per primi resilienti e propositivi e trasmettiamogli la nostra resilienza, facciamo loro questo enorme regalo: insieme ne usciremo allora si, più forti.
Marika Gigliarano (per approfondimenti neuroeducazione@gmail.com)