Saro Vappina non c'è più. Una vita intensa, da Taormina al casalasco, lavorando in tutta Italia
Mercoledì scorso si è celebrato il rito funebre: ora Saro riposa dopo una vita intensa, vissuta con grande forza. In tanti lo ricordano e lo ricorderanno così, in divisa ospedaliera o in piazza, a consumare un caffé, quattro parole e a spendere un sorriso con tutti quelli che hanno avuto la fortuna di conoscerlo
CASALMAGGIORE – Non voleva si dicesse che era nato a Roccalumera, piccolo comune in provincia di Messina, e qualcuno che glielo ricordava, tra gli amici lo trovava sempre. Preferiva che si dicesse che la sua città era Taormina, la splendida Taormina, città dall’anima greca a non molta distanza dall’Etna, coi piedi nel mare. Città nella quale aveva vissuto sin dai primi mesi della sua esistenza.
Si è spento la scorsa settimana Serafino Vappina, conosciuto da tutti come Saro. Aveva 82 anni. Una vita intensa, straordinaria che andrebbe raccontata nei minimi particolari. Aveva iniziato dal basso, non ancora 15enne, come cameriere negli hotel. Erano gli anni ’50, quelli del miracolo economico e della crescita. Lui aveva imparato subito il mestiere e si era fatto notare tanto che aveva poi girato l’Italia (Sicilia, Sardegna, Costa Smeralda, Madonna di Campiglio, Liguria) negli alberghi più lussuosi e rinomati sino a divenire Maître de rang, uno dei ruoli più elevati nell’ambito della ristorazione medio alta.
Un lavoro duro e spesso senza orari, che affrontava ogni giorno con professionalità e con quella bonaria simpatia che ha poi sempre mantenuto nel tempo. A Varigozzi aveva conosciuto quella che poi sarebbe divenuta sua moglie. Poi la nascita del figlio Fabrizio e quella voglia di cambiare con un’attività propria. Era così venuto nel casalasco dove agli inizi degli anni ’70 aveva aperto la Pizzeria Rosa a Sabbioneta. Ma la ristorazione lo aveva provato, e dopo poco aveva ceduto l’attività per aprire un bar, questa volta a Cicognara.
Cicognara in quegli anni era una frazione viadanese ad alta intensità industriale, il lavoro era tantissimo, e gli orari e l’intensità cominciavano a pesare davvero. Sarò Vappina sentiva la necessità di fare altro. Non era una scelta economica, ma una scelta di vita.
Aveva bisogno di un po’ più di quiete. Il lavoro del bar era durato sino alla fine degli anni ’70 quando Saro Vappina decisse di cambiare radicalmente vita. Scintilla di quel cambiamento fu un concorso in ospedale. Quel concorso gli consentì, nel 1978, di entrare a far parte del personale del Pronto Soccorso. Erano gli anni gloriosi della vecchia struttura di via Cairoli. Furono anni importanti in cui Sarò si fece apprezzare e conoscere. Quel lavoro lo amava davvero tanto. E fu il suo sino al 2010, anno della pensione.
Amava camminare Saro, amava i cani, le passeggiate e le persone che incontrava spesso in piazza, soprattutto dopo il pensionamento, e con le quali si intratteneva per due chiacchiere o una battuta. E’ sempre stato un uomo ricco di risorse ma il fisico non è bastato. Si era ammalato e le sue condizioni si erano aggravate. Era stato in ospedale (non per Covid, ma per altre problematiche di salute), poi dimesso, provando la ‘sofferenza’ dell’isolamento dovuto alla pandemia. Poi era caduto in casa, rompendosi un femore. Con l’accordo dei medici in ospedale non ci è più entrato: si è spento in casa, vicino alla moglie Maria ed accudito dal figlio Fabrizio e dalla nuora Rossana sino all’ultimo.
Mercoledì scorso si è celebrato il rito funebre: ora Saro riposa dopo una vita intensa, vissuta con grande forza. In tanti lo ricordano e lo ricorderanno così, in divisa ospedaliera o in piazza, a consumare un caffé, quattro parole e a spendere un sorriso con tutti quelli che hanno avuto la fortuna di conoscerlo.
N.C.