La ricerca di Costantino Rosa: quando l'Adda passava da Casalmaggiore nel 1400...
“Sino a quando il fiume nel 1500 non cambiò il suo corso avvicinandosi paurosamente a Castel Vecchio - spiega Rosa - era distante dall’abitato e non regimentato per cui diventa difficile credere che ci si servisse delle sue acque per alimentare le fosse". Ecco perché prende piede una suggestiva ipotesi. GUARDA IL SERVIZIO TG DI CREMONA 1
CASALMAGGIORE – Siamo tutti innamorati del Po, il Grande Fiume che caratterizza quasi per l’intero il territorio della provincia di Cremona. Eppure a Casalmaggiore, nel 1400, vi erano pure altre acque a lambire il centro abitato, o meglio il nucleo originario della futura Casalmaggiore, che si chiamava Castel Vecchio, ed era costituito appunto da un castello con attorno un fossato. Addirittura le acque dell’Adda. Impossibile? Non proprio, come racconta, in una ricerca storica, Costantino Rosa, appassionato di storia locale, che spiega come a quell’epoca in diversi documenti si parlasse di acqua attinta dalla cosiddetta Fossa. Quest’ultima, però, non era alimentata dall’acqua del Po, come si potrebbe sospettare e come sarebbe naturale pensare, perché il Grande Fiume era troppo distante dalle mura del Castel Vecchio.
“Sino a quando il fiume nel 1500 non cambiò il suo corso avvicinandosi paurosamente a Castel Vecchio – spiega Rosa – era distante dall’abitato e non regimentato per cui diventa difficile credere che ci si servisse delle sue acque per alimentare le fosse. Quando poi scomparve la parte di Castel Nuovo, Casalmaggiore era sì difesa dal fiume sul lato sud (difesa che poi si è dimostrata in verità una facile via attraverso cui la cittadina veniva spesso invasa dai nemici), mentre sui restanti lati rimanevano le fosse che, man mano che si espandeva l’urbanizzazione e che venivano aggiunte nuove “funzioni” (chiese, conventi, scuole ecc.), venivano interrate (e le mura inglobate nelle case stesse), rimanendo infine un ultimo rimasuglio in quella che è diventata poi piazza Grande o Garibaldi”.
Da qui il pensiero di Rosa, suggerimento da diversi documenti storici. “Si potrebbe argomentare, in mancanza di valida documentazione, che non era possibile attingere acqua dal fiume per alimentare le fosse. Si pensi per esempio alla stessa fortificazione di Pizzighettone che pur essendo sull’Adda (ed a guardia dello stesso fiume) aveva le fosse alimentate dal torrente Serio. Cremona stessa alimentava le fosse attorno alle mura con il Naviglio Civico che serviva anche vari canali (o cavi) come il Cremonella, il cavo Cerca o il Morbasco. “Ma l’acqua del Grande Fiume ha sempre avuto un ruolo marginale rispetto ai bisogni della città; le risorse primarie – per muovere i mulini terranei, spurgare le fognature, alimentare le fosse a ridosso delle mura, trasportare merce varia ed irrigare le ortaglie della periferia – arrivavano in Cremona attraverso il Naviglio Civico…” scrive Gian Franco Manfredini nella sua opera “Principali corsi d’acqua del territorio del Comune di Cremona (Cremona 1996). E così valse per Sabbioneta che sfruttò le acque del canale Gambina”.
E Casalmaggiore? “Da quando vennero costruite le difese in muratura, il castello con relative mura – spiega Rosa – era necessario alimentare le fossa che li circondava almeno su tre lati (ma anche attorno alle mura di Castel Vecchio prospicenti il fiume stesso prima della realizzazione di Castel Nuovo) e questo compito si potrebbe ipotizzare che fosse svolto prelevando acqua da un canale che passava nei pressi: la “Fossa”, canale che prendendo acque dall’Oglio all’altezza di Canneto, le portava a Casalmaggiore passando da San Giovanni in Croce (Palvareto) e sfociava in Po all’altezza di Agoiolo. Nessun altro canale, almeno dalla cartografia consultabile, portava acqua a Casalmaggiore provenendo da nord, mentre vari canali passavano a nord di Casalmaggiore e insieme a quelli che partivano dal nostro territorio si riversavano in Oglio”.
Canale o fiume, dunque? “Dell’esistenza di tale canale, anzi fiume – spiega Rosa – parla diffusamente Carlo Brugnoli, tecnico delle acque della Bonifica Cremonese Mantovana, in una relazione apparsa in Archivio Storico Lombardo del 1963, sulla base sia da quanto sostenuto dal Lodi, ma anche in base a nuovi documenti ed a rilievi fatti sul posto da lui personalmente, relazione fatta per dimostrare come tale fiume scomparve per opera dell’uomo e come tale fiume fosse navigabile. Ma perché parla di fiume? Perché, secondo il Brugnoli stesso, stava parlando dell’Adda, (di cui parla Tacito nelle Storie Libro II, 40, quando descrive l’avvicinamento delle truppe dell’Imperatore Ottone alla città di Cremona nel 69 d.C.), fiume che in una mappa di Giovanni Pesato del 1440 (una delle più antiche della nostra zona) viene chiaramente indicato. Verrebbe da dire che le mura di Casalmaggiore erano bagnate dalle acque dell’Adda! Interessante, a quanto sostiene il Brugnoli, il fatto che a causa della grande portata del fiume alla sua foce nel Po, ebbe la forza di spingere verso sud il corso del Po stesso formando l’attuale ansa casalasco-viadanese. Esso da dove partiva, cioè dai colli bergamaschi, correva sino a Piadena per poi deviare verso sud, cioè verso Casalmaggiore e nel suo ultimo tratto era chiamato Fossa (in documenti del 1457 e Fossetta in documenti del 1549)”.
“Ma ai fini del nostro discorso sull’alimentazione delle fossa attorno al castello di Casalmaggiore – conclude Rosa nella sua ricerca – in questa sede mi preme sottolineare come proprio nella carta del Pesato sia visibile la città di Casalmaggiore lambita a sud dal Po e ad ovest dalle acque della “Fossa”, una cui deviazione circonda la cittadina a nord per andare a buttarsi in Po all’altezza della chiesetta del Morotto (o Madonna del Morotto). Poi venne un progressivo interramento dell’ultimo tratto della “Fossa” stessa e con le arginature del Po, la sua progressiva scomparsa dopo la sua deviazione verso sud. (come è ben visibile nella cartografia del Stefanini ove la “Fossa” si gettava direttamente in Po a sud di Casalmaggiore – cartografia databile fra il 1508-1513 – e le cartografie allegate alla relazione del Brugnoli)”.
G.G.