Cronaca

L'Oglio Po e le sue origini: "Il sacrificio di un territorio e un ospedale spesso dimenticato"

"Niente paura ancora una volta un grande sforzo: c’è una grande zona verde dove si possono ammirare fagiani, lepri e non solo. Si avvisano i dipendenti che per mancanza di neve sono disponibili vanghe e badili: se qualcuno volesse pensare negativo scavi”.

CASALMAGGIORE – Un ricordo dei tempi che furono, che diventa immediatamente una riflessione sulla situazione attuale. Per nulla semplice, ma che non per questo deve fare dimenticare i sacrifici fatti dal territorio nella creazione di un nuovo ospedale, l’Oglio Po a Vicomoscano. Chi ha scritto il suo ricordo su Facebook, all’epoca del cambio epocale, lavorava nel servizio mensa e cucina. “Correva l’anno 1992, lavoravo come ausiliaria in cucina dell’Ospedale di Casalmaggiore, con una sola settimana d’anticipo ci dissero che dovevamo trasferirci a quello dell’Oglio Po. Da cucina a cucina. La fusione con gli operatori di Viadana. Passammo da una cucina piccola e linda, dove si poteva persino mangiare per terra, a una di 1.000 metri quadrati. Un mio collega il terzo giorno arrivò con il monopattino, senza bonus. Quanto lavoro fisico”.

“Una struttura finita in fretta e furia – prosegue il ricordo – tanto che quando pioveva dovevamo fare lo slalom. Chi si è intascato i soldi non mi è dato sapere e neanche ci tengo. Turni di giorni e giorni senza riposo, se poi si inceppava la lavastoviglie di circa 5 metri e mezzo dovevi fermarti fino alle 21 per lavare ed asciugare tutto a mano. Essendo mamma di un bimbo con sindrome di Down, chiesi di essere trasferita come ausiliaria in qualche reparto. Bellissima lettera di commiato da parte del responsabile di allora, mi scrisse che gli dispiaceva (una volta si era presentato in mensa senza buono, non sapevo chi fosse, gli dissi: “Solo per questa volta ma che non succeda più”), nel retro appresi chi era. Mi sarei comportata così ugualmente”.

A questo ospedale la donna è ormai affezionata, da lì la sua grande rabbia per come il nosocomio viene trattato. “Venticinque anni in una struttura vissuta come dipendente, come utente, a fianco di mio figlio ed è li che mia figlia ha partorito il mio primo nipotino. Ora 60 posti letto allestiti per ospitare i malati di Covid che arriveranno da Monza e Milano. Niente paura ancora una volta un grande sforzo: c’è una grande zona verde dove si possono ammirare fagiani, lepri e non solo. Si avvisano i dipendenti che per mancanza di neve sono disponibili vanghe e badili: se qualcuno volesse pensare negativo scavi”.

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