Moda, crollo verticale. Federmoda MN: "A rischio centinaia di posti di lavoro"
“Servono contribuiti a fondo perduto, liquidità dalle banche, credito d’imposta per gli affitti, condono fiscale ed è indispensabile detassare le rimanenze di magazzino
“Non siamo fantasmi”: è il grido d’allarme della FederModaMantova, la sigla di Confcommercio che unisce le imprese del commercio al dettaglio e all’ingrosso di abbigliamento, biancheria, calzature e pelletterie. Un settore che, a causa della pandemia, sta attraversando una profonda crisi anche nel mantovano.
“Le vendite registrano un crollo verticale, meno della metà dello scorso anno – spiegano gli operatori – la situazione è gravissima e subisce un ulteriore peggioramento in queste settimane a causa dalle pesanti limitazioni agli spostamenti imposte nelle zone rosse”. Oltre il danno anche la beffa perché il decreto ristori bis ha escluso dai codici ateco che riceveranno il contributo a fondo perduto il commercio in sede fissa di calzature, includendo invece quello ambulante. “Un nonsense che rischia di penalizzare senza motivo un’intera categoria di imprenditori. La nostra associazione sta premendo affinché ci sia un’integrazione dell’elenco dei beneficiari”.
“Gli aiuti previsti sono insufficienti, la nostra categoria è tra i grandi dimenticati di questo periodo. Di questo passo solo nel mantovano sono a rischio chiusura decine di imprese dei comparti abbigliamento, calzature, pelletteria, articoli sportivi, intimo, neonato, che nel complesso danno lavoro a centinaia di persone”. “Per legge, sono state interrotto le cerimonie, ma nulla è stato previsto per sostenere i negozianti specializzati nelle vendite di capi eleganti; hanno sospeso molte attività sportive, ma i negozi di abbigliamento sportivo per ora non hanno alcun diritto ad un risarcimento. Più in generale il venir meno delle occasioni sociali di incontro come una cena fuori, poi la ripresa forte dello smart working e i nuovi lockdown hanno praticamente paralizzato le vendite. Se a questo ci si aggiunge il timore per il futuro, si capisce bene come uno dei primi settori di consumo sacrificati sia stato il nostro”.
“Nonostante il quadro della crisi sia chiarissimo, per le istituzioni restiamo dei fantasmi: nessuno sembra accorgersi dei gravi danni subiti dai nostri negozi, che vivono di collezioni stagionali ed hanno investito ingenti capitali in prodotti che rischiano di restare fermi sugli scaffali. Se va avanti così, sarà un’ecatombe. Ecco perché servono urgenti misure di sostegno”.
A livello nazionale, stando alle stime Federmoda, sono 20.000 i negozi di abbigliamento a rischio chiusura e 50.000 i dipendenti che potrebbero perdere il posto di lavoro. Si calcola che da inizio pandemia circa 115mila negozi abbiano subito un drastico calo delle vendite. Sconti e saldi, utilizzati dai commercianti come ancora di salvezza, hanno praticamente azzerato il margine di guadagno.
Poiché nel settore della moda i prodotti vengono acquistati con largo anticipo (di mesi), sono tanti i negozianti ad essersi ritrovati in primavera prima, e in autunno poi, con gli scaffali pieni di merce invenduta. Senza parlare poi delle risorse investite per adeguare locali e protocolli alle misure anti-covid. Il 2020, stando ai dati, ha prodotto nel settore un gravissimo indebitamento.
Le richieste della categoria sono chiarie: “Servono contribuiti a fondo perduto, liquidità dalle banche, credito d’imposta per gli affitti, condono fiscale ed è indispensabile detassare le rimanenze di magazzino, sospendere i mutui e prolungare la cassa integrazione straordinaria fino a tutto il 2021″.
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