Protezione Civile, il sindaco Giovanni e le due mani di Padre Pio, per l'uomo e il cielo
Il padre superiore, il giovanissimo Francesco Serra, ha ricordato nella predica la vita di Francesco Forgione, al secolo Padre Pio. Ne ha ricordato i lati umani e di quanto non amasse mettersi in mostra

CASALMAGGIORE – Due son le mani di ogni uomo. Una alzata al cielo serve a invocare la misericordia di Dio e l’altra rivolta in direzione degli uomini serve ad aiutare i fratelli in terra. E’ una delle immagini legate a padre Pio da Pietralcina citate ieri sera durante la funzione in memoria del fraticello morto nel 1968 e diventato patrono della Protezione Civile nel 2006.
Preghiera e carità, pensiero e azione. E’ stata una funzione molto seguita e sentita quella celebrata al Santuario della Madonna della Fontana dal padre superiore Francesco Serra e concelebrata da don Claudio Rubagotti, abate mitrato di Santo Stefano in Casalmaggiore e dalla guida spirituale del gruppo di preghiera legato al frate di Pietralcina Padre Francesco Pesenti.
La funzione è stata preceduta dal rosario che ha consentito alla Chiesa di riempirsi. Alla celebrazione hanno preso parte le Protezioni Civili di Martignana Po, Casalmaggiore, San Giovanni in Croce, Piadena e Ostiano. Tutti in divisa, tutti con le scarpe pesanti ed il cuore un po’ più stanco pensando ai volontari che non ci sono più, portati via dal virus bastardo o dall’incedere inarrestabile del tempo.
Uno di loro, Angelo Martani, verrà ricordato sabato in una cerimonia apposita. Avrà il funerale che si merita e che non si era potuto celebrare a marzo per le disposizioni ministeriali nel periodo più cupo della pandemia. Non sono stati nominati ma in questo modo sono stati ricordati tutti. I volontari della Protezione Civile sono persone normali, con uno spirito speciale. Li vedi tutti i giorni fare le loro vite, dedicarsi al loro lavoro e alle loro famiglie ma poi, quando arriva la chiamata, sono sempre pronti a darsi da fare. Con professionalità, con ottimismo e col sorriso. E’ stato così anche durante la pandemia: hanno lavorato per la gente chiusa in casa, hanno portato sollievo alle istituzioni, hanno fatto sino in fondo il loro dovere. Dovere è forse una parola che non disegna bene il loro spirito. La loro è una missione, una scelta che è anche scelta di vita.
Il padre superiore, il giovanissimo Francesco Serra, ha ricordato nella predica la vita di Francesco Forgione, al secolo Padre Pio. Ne ha ricordato i lati umani e di quanto non amasse mettersi in mostra, mostrare i segni del divino sul suo corpo martoriato. Lo spirito è lo stesso che anima i volontari: il bene lo si fa, senza farsene vanto.
Alla cerimonia era presente anche il sindaco Filippo Bongiovanni, diventato nei saluti di rito Giovanni per il padre superiore. Poco male in fondo. C’era un Giovanni, nella vicina Viadana, morto giovane per un orribile male che non gli ha lasciato scampo. Di una umanità profonda e dal sorriso gentile, dalla preparazione impeccabile e dalla disponibilità sempre attenta. E forse, quel Giovanni, che ora è energia dell’universo, è parte dell’energia che anima e può animare anche il sindaco della città gemella.
Momento particolarmente toccante del rito è stata l’esecuzione, da parte del gruppo ‘D’in..canto’ diretto da Cesare Visioli composto dai cantori Giuseppe Borini, Massimo Mantovani, Maurizio Toscani, Vanni Sarzi Braga, Ferdinando Frigeri e Silvio Paroli, col maestro Fabio Fava al clarinetto e il maestro Claudio Leoni all’organo del canto ‘Resterà la luce’ di Giorgio Susana, Nicola Pisano e Alessandro Pisano eseguito in maniera magistrale. Una sorpresa anche per noi, che incantati dal testo e dal canto, non abbiamo pensato alla registrazione. Alla fine un lungo applauso è risuonato alto nell’antica chiesa dedicata alla Madonna: era tutto per i cantori, ma era anche – e lo si è letto nei volti delle persone commosse – per tutti coloro che non ci sono più.
La serata è terminata nel giardino, di fianco all’altare dedicato a padre Pio, con la benedizione. Poi spazio alle foto e ai sorrisi. Un bel momento per chi crede, ed un bel momento, ricco di commozione e tenerezza, anche per chi la fede non l’ha incontrata mai. Ci sono gli uomini, quei frati che chiedono al fotografo le foto per il bollettino del santuario, don Claudio e la sua infinita socialità. Ci sono i cantori che hanno animato messa e i volontari con le loro divise che cercano di mantenere un ordine e che umanamente ti scaldano solo con la loro presenza. C’è un sindaco che – al di fuori degli ambienti ufficiali e al di là della fascia tricolore indossata con fierezza – si è lasciato andare ed ha salutato e scambiato due parole con più persone possibili. Ci sono i fedeli. C’è un’umanità densa e continuamente percepibile anche ai più distratti.
‘Resterà il passo sul sentiero della montagna’. C’è il senso stesso delle cose della vita insomma. La vita stessa, morte, la fede e la sua mancanza, il donare agli altri un po’ del proprio tempo. Si riflettono, per una notte, in una divisa. Gialla, come la luce della luna che illumina la strada.
Nazzareno Condina