Morti nelle Rsa, depositata la relazione: ora al vaglio le modalità organizzative
“La convinzione dei dirigenti è che sia stato fatto il possibile. Un ‘possibile’ che probabilmente non ha portato a grandi benefici, probabilmente un possibile insufficiente”
I carabinieri del Nas e gli uomini della Guardia di finanza, coordinati dalla Procura nel difficilissimo compito di far luce sulle morti per sospetto Covid degli ospiti delle Rsa cremonesi e dell’ospedale avvenute nei mesi di piena emergenza sanitaria, hanno completato l’analisi dell’enorme mole di documentazione che era stata sequestrata lo scorso maggio.
Gli inquirenti si erano presentati in otto Rsa: Cremona Solidale, Cingia dè Botti, Sospiro e Casalbuttano, strutture dove le morti erano state circa 300, Fondazione La Pace Onlus di via Massarotti a Cremona, la Casa di riposo “Villa Sacro Cuore – Coniugi Preyer” di Casalmorano, la Fondazione Benefattori Cremaschi di via Kennedy a Crema e la Fondazione Casa di Riposo Ospedale dei Poveri di Pandino, strutture dove si erano registrati decessi pari a circa il 20% dei degenti.
E’ stato analizzato tutto: carteggi clinici, documenti, mail e comunicazioni dei direttori sanitari, ed è già stata effettuata una ricostruzione dettagliata riguardo la dinamica dei fatti. Nelle mani degli investigatori ci sono dossier che riguardano ogni singola casa di riposo, ma anche un quadro d’insieme su quelle che sono state le modalità organizzative dell’intero comparto sanitario.
E’ qui dove ora si concentra l’ultima parte del lavoro: si intende quindi confrontare i risultati acquisti con quanto accaduto in altre realtà fuori provincia o fuori regione, dove il bilancio è stato molto meno pesante. Ci sono infatti strutture dove ci sono stati molti meno decessi, o altre addirittura nelle quali il Covid non è passato. Come mai?
La Procura si interroga sulle ragioni delle diverse ripercussioni del virus nelle Rsa cremonesi rispetto ad altre zone d’Italia. Il tutto per appurare se ci siano state eventuali responsabilità in fase organizzativa. “E’ evidente che ci sono state situazioni in cui gli ospiti di queste strutture non sono stati curati, anche per mancanza di mezzi”, aveva già spiegato il procuratore Roberto Pellicano.
“La convinzione dei dirigenti è che sia stato fatto il possibile. Un ‘possibile’ che probabilmente non ha portato a grandi benefici, probabilmente un possibile insufficiente”. Di certo nelle Rsa il Covid ce l’ha portato qualcuno, con ogni probabilità gli stessi dipendenti che entravano e uscivano e a cui non è stato fatto il tampone”.
Le ipotesi di reato su cui si lavora sono omicidio e lesioni colpose – perlopiù nell’esercizio della professione sanitaria, aggravati dalla violazione delle norme di sicurezza sul lavoro, ed epidemia colposa.
Sara Pizzorni