Economia

I dati sulle imprese nel 1° trimestre 2020. Auricchio: "Noi tra le province più colpite"

Il 95% delle imprese industriali cremonesi che ha risposto al questionario erano attive e l’84% del totale ha dichiarato di aver subito impatti di tipo economico ed il 72% di tipo organizzativo

Unioncamere Lombardia, in occasione dell’indagine congiunturale del primo trimestre 2020, ha dedicato un focus agli effetti economici dell’epidemia da Covid-19 sulle imprese industriali, con lo scopo di misurarne l’impatto sul tessuto imprenditoriale e di capire quali siano i cambiamenti in atto e le previsioni future da parte degli imprenditori. Ai fini della corretta analisi dei dati, è opportuno ricordare come l’indagine sia in effetti relativa al primo trimestre, ma essendosi conclusa nella seconda metà di maggio, ha permesso alle imprese di esprimere considerazioni riferite ad un periodo di riferimento ben più ampio e cruciale. Occorre inoltre considerare che il Covid-19 ha prodotto risultati notevolmente differenti sulle imprese a seconda del comparto di appartenenza, cioè in base alle disposizioni vigenti a partire dalla chiusura della zona rossa a fine febbraio e dei decreti-legge di marzo, comprese la possibilità di operare in deroga.

La scarsa numerosità del campione provinciale (64 imprese) non permette di dettagliare i risultati dell’indagine per attività economica, ma dà comunque un’idea dell’impatto della pandemia sul tessuto produttivo cremonese e delle prospettive nell’immediato futuro.

Il 95% delle imprese industriali cremonesi che ha risposto al questionario erano attive e l’84% del totale ha dichiarato di aver subito impatti di tipo economico ed il 72% di tipo organizzativo. Riguardo alla natura delle conseguenze, per quasi un’impresa su due l’aspetto più penalizzante è stato il ridimensionamento degli ordinativi, seguito dalla limitazione imposta all’attività (per il 20%) e, per un’impresa su dieci, la carenza di liquidità e le ripercussioni sulle catene di approvvigionamento.

Gli ordini acquisiti da febbraio in avanti sono stati dichiarati in diminuzione per oltre l’80% delle industrie cremonesi e la stessa quota di aziende ha denotato, nello stesso periodo, un calo del fatturato. La produzione, calata complessivamente del 8,6% rispetto all’anno prima, ha comportato una modifica della struttura organizzativa per il 60% delle imprese e delle modalità di approvvigionamento per poco meno di un’azienda su due. Le industrie cremonesi hanno reagito al calo produttivo in massima parte (68%) riducendo l’attività e solo in minima parte convertendola (2%); il 6% ha dichiarato di aver potuto aumentare la produzione.

Circa il 40% delle imprese intervistate sono andate in sofferenza e stanno incontrando crescenti problemi finanziari e di liquidità, a causa dei consistenti cali di fatturato e del blocco delle attività.

La necessità di far fronte alla pandemia ha costretto molte imprese a rivedere la propria attività a ricercare nuovi sentieri di sviluppo. Le strategie in questo senso sono improntate in massima parte alla ricerca di nuovi clienti, per il 73% delle imprese, ma tre aziende su dieci puntano ad una diversa organizzazione del lavoro ed il 20% mira all’innovazione, cercando di creare nuovi prodotti e/o nuovi servizi.

L’impatto sulla catena di fornitura, rilevato da quasi otto imprese su dieci, ha causato pesanti disagi soprattutto a causa dei rallentamenti intervenuti (61%), mentre interruzioni vere e proprie sono state dichiarate dal 40% delle industrie cremonesi.

La pandemia ha costretto le imprese a rivedere anche la propria organizzazione ed a valutare una serie di soluzioni possibili nella gestione del personale. Si è registrato, per il 56% delle imprese, un ampio ricorso, anche se in molti casi a livello solo sperimentale o temporaneo, al lavoro agile (smart working) per tutte quelle funzioni aziendali che lo consentono e che non richiedono la presenza fisica mentre il 77% delle aziende ha dovuto ricorrere alla Cassa Integrazione Guadagni per tutelare i propri dipendenti, il 14% ha posticipato o cancellato le assunzioni previste, l’8% ha ridotto o ridurrà l’organico, ed il 6% non rinnoverà i contratti in scadenza.

Riguardo alle previsioni per il futuro, si riscontra un generale atteggiamento positivo rispetto alla capacità di proseguimento dell’attività: nessuna impresa ha dischiarato di voler cessare la produzione. Preoccupante è la previsione sulla capacità di recupero delle eventuali perdite, che potrebbe richiedere più di un anno (31%) o forse non essere mai del tutto recuperate (30%).

Gli interventi da parte delle istituzioni reputati più efficaci per fronteggiare gli effetti economici dell’emergenza sanitaria riguardano in massima parte (64%) il supporto finanziario con agevolazioni per il credito. Quasi la metà delle imprese auspica una sospensione o una moratoria delle imposte e circa un terzo giudica di grande importanza un ampliamento degli ammortizzatori sociali ed un sostegno al reddito a ristoro dei danni subiti.

I risultati dell’indagine del primo trimestre 2020 sono ovviamente condizionati dall’emergenza sanitaria che ha colpito, soprattutto nella seconda metà del trimestre, la totalità delle economie avanzate. Purtroppo, la provincia di Cremona è stata tra i primi territori a sperimentare, la diffusione del contagio da Covid-19 ed a sopportarne le conseguenze più pesanti.

Già dall’inizio di marzo sono state disposte limitazioni all’orario di apertura per i pubblici esercizi e l’adozione di misure atte a favorire il ricorso allo smart working. Sono stati sospesi tutti gli eventi culturali e sportivi. L’11 marzo si sono avute le chiusure della maggior parte dei pubblici esercizi e degli esercizi commerciali dei beni non di prima necessità, e dal 25 marzo sono state chiuse le attività produttive ritenute non essenziali.

Ai fini di una corretta interpretazione dei dati dell’attuale indagine congiunturale, si può pertanto ipotizzare che i decreti adottati e le conseguenti misure restrittive abbiano comportato una riduzione importante, ma ancora limitata, per gli operatori del comparto manifatturiero, il cui blocco vero e proprio dell’attività si è avuto per una sola settimana, l’ultima, del periodo in esame. Prima di tale data, gli effetti negativi, seppur importanti, erano dovuti al calo della domanda, ai problemi legati agli approvvigionamenti di materie prime, alla limitazione degli spostamenti di persone e merci, ed alla forzata riduzione degli organici per garantire il rispetto delle distanze di sicurezza. Le conseguenze, sicuramente più pesanti, legate al lockdown vero e proprio si evidenzieranno maggiormente nella rilevazione del prossimo trimestre.

Ad essere maggiormente colpite dalla crisi sono state le piccole e medie imprese ed il settore più in sofferenza è stato quello dei beni di investimento. Tra i settori economici, quelli che hanno subito i cali annui più contenuti (sotto i due punti percentuali) sono l’alimentare, che ha continuato a produrre per soddisfare le esigenze primarie, e la chimica, che ha beneficiato del consistente impulso all’industria farmaceutica. I settori delle pelli-calzature, dell’abbigliamento e del legno hanno invece visto contrazioni produttive ben più marcate, attorno al 20%.

In Lombardia, per il comparto industriale è rilevato un importante crollo della produzione, oltre il 10% su base annua, che comunque è di un punto migliore del dato nazionale, nonostante sia stata la regione più colpita dalla pandemia. Il valore assoluto dell’indice della produzione indica un ritorno al livello produttivo di dieci anni prima.

In ambito provinciale, l’indagine ha interessato complessivamente 155 imprese cremonesi appartenenti a tutte le principali attività del comparto manifatturiero, suddivise in 64 imprese industriali e 91 artigiane. L’ indagine congiunturale è condotta trimestralmente da Unioncamere Lombardia in collaborazione con l’Associazione Industriali, Confartigianato e CNA, e coinvolge ogni trimestre due campioni distinti di aziende manifatturiere, industriali e artigiane.

 

La produzione manifatturiera cremonese
Numeri indice destagionalizzati – base: media anno 2015=100

Fonte: Elaborazioni della Camera di Commercio su dati Unioncamere Lombardia.

Una prima osservazione di carattere generale, che riguarda il confronto con l’intera regione, attesta una migliore tenuta dell’economia industriale provinciale, rilevata da quasi tutti gli indicatori che hanno evidenziato variazioni, sia congiunturali che tendenziali, meno negative di quelle riscontrate per la Lombardia.

I dati sull’industria manifatturiera cremonese del primo trimestre 2020 sono chiaramente condizionati dalla pandemia da Covid-19, in parte a causa del lockdown produttivo degli ultimi giorni di marzo. L’andamento della produzione è stato condizionato anche dagli eventi negativi prima indicati: il calo della domanda, i problemi di approvvigionamento delle materie prime, le difficoltà logistiche per le esportazioni date dalla limitazione degli spostamenti di persone e merci, la forzata riduzione dell’organico causata dal prescritto mantenimento delle distanze di sicurezza, o dalla necessità di rispettare quarantene che a volte hanno coinvolto, in tutto o in parte, stabilimenti produttivi del nostro territorio.
Per il momento non si registrano cali nel livello occupazionale, grazie alle misure adottate di potenziamento degli ammortizzatori sociali e al fatto che i lavoratori in Cassa Integrazione nel nostro paese vengono considerati occupati. Ovviamente però, alla quasi stabilità del numero degli addetti corrisponde un crollo delle ore lavorate nel mese di marzo.
A livello congiunturale, si assiste ad una diminuzione della produzione del 6,5% che accentua notevolmente le criticità già in parte manifestate a fine 2019. Ancora più pesante è l’impatto sul fatturato che perde il 10%, mentre restano contenute le conseguenze sugli ordinativi, la cui contrazione ha risparmiato le imprese del comparto agroalimentare. La maggiore contrazione si è registrata sulla domanda dall’estero che ha perso il 3,4% su base trimestrale, contro l’1,7% ceduto da quella nazionale.
Sostanzialmente stabile è stato rilevato il numero degli addetti, ma importante è stata la ripresa della Cassa Integrazione ordinaria: dopo due trimestri praticamente a zero, la percentuale di imprese che vi ha fatto ricorso è salita al 47% del totale. Scarso, almeno per il momento, è stato l’impatto della crisi sui prezzi che vengono dichiarati in lieve crescita per le materie prime (+1,1%) ed in calo altrettanto contenuto per i prodotti finiti (-0,8%).
Ovviamente, il quadro provinciale tendenziale, quello cioè che risulta dal confronto con lo stesso periodo dell’anno precedente, ricalca le dinamiche trimestrali e gli effetti economici su base annua della pandemia si riflettono in misura pressoché analoga su tutti i principali indicatori ad eccezione dell’occupazione per le motivazioni prima espresse. La produzione industriale, che già aveva lasciato sul terreno oltre quattro punti percentuali nei mesi finali del 2019, evidenzia un -8,6% e di poco meno (-7,7%) si contrae il fatturato. Nei confronti dell’anno prima, a soffrire maggiormente sul lato della domanda è la componente nazionale (-7,2%), mentre quella estera, che solo tre mesi prima aveva segnato un +10,6%, contiene la perdita a poco più di due punti.
Nel primo trimestre 2020, l’indice destagionalizzato in base 2015 della produzione (che comunque non si discosta significativamente da quello del fatturato e degli ordini) scende nell’industria dal 104,4 al 97,5 e nell’artigianato dal 110,5 al 97,5, praticamente azzerando per entrambi la lenta ripresa degli ultimi cinque anni.
Il trend della produzione cremonese è allineato con quello lombardo e nazionale, con l’indice a base 2015 della produzione che scende sotto il livello dell’anno di riferimento.
Anche le variazioni su base annua non si discostano significativamente fra di loro, ma la provincia di Cremona è quella che, col suo -8,6%, ne esce meno peggio: in Lombardia si rileva il -10,1% ed in Italia il -11%.

Produzione industriale – Cremona, Lombardia e Italia?Indice congiunturale trimestrale destagionalizzato – base: media anno 2015=100

Fonte: Elaborazioni della Camera di Commercio su dati Unioncamere Lombardia e Istat.

In Lombardia, con l’eccezione di Lecco, dove la contrazione produttiva sul trimestre precedente è particolarmente contenuta (-0,8%), tutte le province sono comprese tra il -6,5% di Cremona ed il -13,2% che si rileva a Brescia.

 

Produzione industriale per provincia – 1° trimestre 2020
Variazione congiunturale

Fonte: Elaborazioni della Camera di Commercio su dati Unioncamere Lombardia

Analoghe osservazioni riguardano l’artigianato produttivo, che presenta difficoltà maggiori rispetto all’industria.

Come per il comparto industriale, viene risparmiato, almeno per il momento, solo il livello occupazionale che non presenta differenze significative rispetto ai periodi precedenti. Rispetto allo stesso periodo dell’anno 2019, produzione ed ordinativi vengono rilevati in contrazione dell’11,3% ed il fatturato del 10,5%. La distribuzione delle imprese artigiane in base ai risultati produttivi ottenuti negli ultimi dodici mesi mostra un quadro strutturale ovviamente compromesso: le imprese che dichiarano la stabilità produttiva si confermano a poco più del 10% del totale, ma la quota di quelle in espansione tendenziale passa dal 50 al 27%, mentre sei artigiani su dieci, nei primi tre mesi dell’anno, hanno prodotto meno che nello stesso periodo del 2019.

Le aspettative per il prossimo trimestre degli imprenditori industriali, che ovviamente tengono conto degli effetti del successivo lockdown, sono negative per tutti i principali indicatori e, in questo caso, coinvolgono nel pessimismo anche il livello occupazionale. La maggioranza assoluta degli imprenditori industriali (tra il 54 ed il 56%) si attende diminuzioni sia nel livello della produzione che in quello degli ordinativi interni. Appena al di sotto del 50% è la quota dei pessimisti riguardo agli ordini esteri, mentre per l’occupazione, otto imprenditori su dieci si attendono stabilità e due un calo.

Questo l’intervento del Presidente Gian Domenico Auricchio a commento dei dati congiunturali e dell’indagine sugli effetti della pandemia sulla struttura produttiva cremonese

“La nostra provincia è una di quelle più colpite dall’epidemia anche da un punto di vista economico, e i risultati sia dell’indagine congiunturale che dell’indagine sugli effetti del Covid-19 sulla nostra struttura produttiva lo evidenziano drammaticamente. Come Camera, oltre a continuare ad assicurare tutti i servizi durante il lockdown, grazie all’Accordo per lo sviluppo economico e la competitività del sistema lombardo, abbiamo mobilitato importanti risorse a favore delle nostre imprese, per supportarne fattivamente la ripartenza , con bandi volti ad abbattere il costo degli interessi delle operazioni di finanziamento e iniziative volte ad abbattere le spese necessarie a ripartire in sicurezza e a favorire gli investimenti in tecnologie digitali.

Questi sono però interventi di “primo soccorso”, che dovranno necessariamente essere seguiti da interventi di più ampio respiro: per garantire la ripartenza delle nostre imprese e la tenuta del nostro sistema sociale, è fondamentale sostenere la liquidità delle imprese e attuare interventi pubblici che favoriscano la ripresa della domanda.
Servono interventi in grado di stimolare i consumi dei privati e servono investimenti pubblici. Servono investimenti sulla nostra rete autostradale e stradale, sulla sistemazione dei ponti sul Po, sulla rete ferroviaria: sono anni che tutti gli enti pubblici e le Parti sociali segnalano questa emergenza che ora diventa ineludibile.
Servono investimenti tecnologici: l’emergenza legata al Covid-19 ha reso indispensabile l’utilizzo di tecnologie informatiche ma questo ha evidenziato la carenza di reti tecnologiche efficienti su buona parte del nostro territorio, e il conseguente rischio di un’ulteriore marginalità.

Ci aspetta una nuova stagione, che sarà sicuramente difficile e complessa, ma che sta a noi affrontare, con l’orgoglio di un territorio che, se pur martoriato dall’epidemia, vuole ripartire, e deve essere aiutato a farlo con gli interventi infrastrutturali necessari, perché gli effetti della pandemia sui bilanci aziendali non si ripercuotano in modo devastante sull’occupazione e quindi sulla tenuta sociale”.

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