"Il muro del virus per noi
con affetti extraregionali: ma
le nostre storie non sono di serie B"
Buongiorno,
scrivo in merito all’articolo di ieri per gli spostamenti tra comuni/province confinanti per portare la mia storia e il mio pensiero. Abito nel mantovano a meno di 10 km dal confine col veneto e il mio affetto si trova dall’altra parte del “muro”. Ritengo che la mia storia non sia una storia di serie B come invece è evidentemente intesa dal Governo Italiano e dei Governatori che hanno dato il via libera a bar, ristoranti (con la conseguente ovvia movida che sarebbe seguita) ma non alla possibilità di vedere i propri famigliari o partner che sono al di là di una linea invisibile e immaginaria inventata dall’uomo. Un conto è avere i propri famigliari dall’altra parte d’Italia o averli dall’altra parte del mondo. Anche in un’era pre covid era improbabile prendere la macchina e potersi trovare per un pomeriggio o una serata insieme. Era improbabile telefonarsi e dirsi “ma se stasera passassi di lì?” e in quattro e quattr’otto essere insieme. In quei casi già prima c’era bisogno di organizzarsi, prendere ferie, farsi magari 10 o più ore di treno. E con questo non voglio sminuire quei legami affettivi che credo fortemente ci siano, esistano e siano reali tanto quanto il mio.
Quello che voglio dire è che è profondamente avvilente non poter fare 15 km con la propria auto per poter andare a trovare i propri congiunti. E’ avvilente avere, a differenza degli altri, una probabile e al momento non sicura data imposta dal governo per potersi rivedere. E’ avvilente vedere le persone che fanno movida senza protezioni e senza regole quando a noi toccano le videochiamate su whatsapp al posto di poter stare seduti sullo stesso divano, in casa, a parlare. La mia convinzione è che sarebbe stato più progressivo e più sicuro aprire prima la possibilità di vedersi con i propri cari e poi aprire le attività di ristoro e svago. Mi pare evidente che sia meno pericoloso parlare faccia a faccia col proprio partner o con i propri famigliari piuttosto che ritrovarsi in piazza circondati anche da centinaia di estranei che per bene, mangiare e fumare immagino debbano pur togliersi la mascherina.
Il punto è che noi con i congiunti fuori regione non vogliamo fare festini, non vogliamo fare assembramenti, non vogliamo fare nulla che possa pregiudicare il duro lavoro fatto fin’ora da tutta la nazione. E’ costato sacrifici a noi come a chiunque altro restare chiusi in casa due mesi e, vedendo i dati quotidianamente, mi pare che i compiti siano stati fatti. Solo che a noi continua a costare. Vorremmo non essere paragonati ai turisti che potranno venire a trovarci lo stesso giorno in cui noi, forse, potremo rivedere i nostri cari. In questo momento l’apertura delle regioni si dice fondamentale per l’andamento dell’economia. Come se fossimo numeri e macchinette e non più persone con sentimenti e affetti. E’ vero che il primo articolo della nostra Costituzione è “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro” ma credo che senza quello che ci rende tipicamente italiani, ovvero la passione e l’amore in tutto ciò che facciamo, la nostra Nazione non sarebbe riconosciuta a livello mondiale per l’alta qualità dei nostri prodotti. E altrettanta passione e amore meritiamo di poter finalmente rimettere nelle nostre relazioni. Credo profondamente ne vada della qualità di tutto il resto. Ci pensino gli economisti.
Cordialmente
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