L'EngageMinds Hub della Cattolica conferma: il 30% degli italiani non scaricherà l'app Immuni
Quasi un terzo degli italiani (30%) dichiara che “per nulla” o “poco probabilmente” scaricherà l’App Immuni, da poche ore in circolazione per consentire la mappatura dei movimenti degli italiani durante la Fase 2 del Covid, preoccupato di un eccessivo controllo da parte dello strumento, sentendosi cioè limitato nella propria libertà individuale.
Questa mattina venerdì 5 giugno dalle ore 11,30 alle ore 12,30 si terrà il webinar live dal titolo “Fase 2 del Covid-19, tra preoccupazioni e comportamenti di consumo”. Parteciperanno al live talk Guendalina Graffigna di EngageMinds HUB (Università Cattolica) e Valeria Mastrilli del Ministero della Salute. Sarà possibile seguire il webinar in diretta sulle pagine social @CattolicaNews e @EngageMinds HUB – Consumer and Health Research Center.
Quasi un terzo degli italiani (30%) dichiara che “per nulla” o “poco probabilmente” scaricherà l’App Immuni, da poche ore in circolazione per consentire la mappatura dei movimenti degli italiani durante la Fase 2 del Covid, preoccupato di un eccessivo controllo da parte dello strumento, sentendosi cioè limitato nella propria libertà individuale. E se un altro 30% è in mezzo al guado, solo il 40% si dichiara sufficientemente propenso ad affidarsi a una App di tracciamento. Sono alcuni dati appena emersi da una nuova “wave” di ricerca lanciata – nell’ambito del progetto Craft dell’Università Cattolica, campus di Cremona – dal team di ricerca dell’EngageMinds HUB dell’Ateneo del Sacro Cuore coordinato dalla professoressa Guendalina Graffigna (Greta Castellini, Lorenzo Palamenghi, Mariarosaria Savarese e Serena Barello) relativa alle ricadute dell’emergenza sanitaria sulle percezioni e sulle preoccupazioni dei consumatori italiani.
I giovani sono i più scettici
I giovani, e forse non stupisce, si mostrano più scettici e risultano più lontani dall’ipotesi di usare un sistema di tracciamento dei contatti. Al contrario, gli over 60 si dichiarano più aperti e disponibili a utilizzare l’App Immuni, tanto che, in questa fascia di età, la fetta di popolazione che si mostra più propensa sale al 58% rispetto al 40% del campione generale. In questo caso, dunque, il digital divide non conta.
Il fattore psicologico è determinante
Ciò che di più rilevante risulta dalla ricerca dell’EngageMinds Hub è che la predisposizione all’impiego dell’App Immuni appare decisamente influenzata da fattori psicologici. Innanzitutto chi è più spaventato dell’epidemia Covid-19 è anche più predisposto a utilizzare un sistema di contact tracing: il 49% rispetto al 31% di chi è meno in allarme. Ma soprattutto a far la differenza sembra essere il livello di “engagement”, cioè il coinvolgimento psicologico nella gestione della propria salute e di maturazione di un senso di responsabilità personale verso la prevenzione. Perché solo il 16% di chi ha un basso livello di coinvolgimento si dichiara orientato all’uso della App Immuni, mentre il dato sale al 45% per chi possiede un alto coinvolgimento.
Nord-est vs Isole
Anche dal punto di vista delle diverse aree geografiche, dall’analisi del Centro di ricerca dell’Università Cattolica, emergono differenze nella predisposizione a scaricare e utilizzare l’App Immuni. Perché, sempre considerando che un terzo della popolazione è nettamente negativo rispetto all’utilizzo della App – la percentuale dei “resistenti” all’utilizzo sale al 36% nel Nord-est e al 35% nelle Isole.
Fasce critiche
Ma quello che stupisce è che l’atteggiamento medio non cambia nemmeno tra chi ha una patologia cronica ed addirittura tra gli operatori sanitari, il cui generale scetticismo verso la App è in linea con la percentuale del campione nazionale.
“Sono dati preoccupanti, che indicano una crisi della fiducia della popolazione verso le iniziative promosse dalle autorità sanitarie e dal Governo per il contenimento del rischio di contagio” – commenta la professoressa Guendalina Graffigna, direttore di EngageMinds HUB e responsabile dello studio. “Importante tuttavia notare come il livello di coinvolgimento attivo (engagement) delle persone nella gestione della loro salute sia determinante nello spiegare l’atteggiamento di maggiore o minore apertura della popolazione verso l’iniziativa del tracciamento. Questo mette in luce l’importanza di lavorare alla costruzione di una buona alleanza di lavoro tra i cittadini e le istituzioni in questa fase critica della prevenzione e della gestione della Covid-19 oltre all’urgenza di mettere in campo iniziative di promozione del patient engagement e dell’educazione alla salute della popolazione”
La ricerca è parte di un Monitor continuativo sui consumi alimentari e sull’engagement nella salute condotta dal centro di ricerca EngageMinds HUB, che rientra nelle attività del progetto CRAFT (CRemona Agri-Food Technologies): un progetto avviato dall’Università Cattolica nell’ambito di Cremona Food-Lab, con il contributo di Regione Lombardia e Fondazione Cariplo. La ricerca di EngageMinds HUB è stata condotta su un campione di 2000 italiani, rappresentativo della popolazione per sesso, età, appartenenza geografica e occupazione: i primi 100 casi dal 27 febbraio al 5 marzo (seconda settimana di pandemia in Italia); i secondi 1000 casi dal 9 maggio-15 maggio 2020 (seconda settimana di fase 2 in Italia). I due campioni sono perfettamente sovrapponibili. La survey è stata realizzata con metodologia CAWI (Computer Assisted Web Interview).
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