Cronaca

Baristi che si attengono alle norme, clienti renitenti: l'inizio difficile dei gestori

Complottardo (il virus non esiste, Bill Gates, i marziani, i microchip ed il controllo, satana), o solo più furbo degli altri ("Me la mascherina la meti mia!" si è sentito rispondere un esercente di Casalmaggiore)

Nessuna volontà di adattamento. Nessuna capacità – chiamiamola pure empatia, o semplicemente capacità di comprendere le difficoltà dell’altro – di mettersi in discussione. Non sono casi sporadici, o ci sono stati segnalati in alcuni bar, da Casalmaggiore a Martignana Po. Non li giriamo tutti, ma non abbiamo dubbi sul fatto che il problema sia diffuso.

Il medioman che va a prendere il caffé, o la birra, insofferente alla normativa c’è in ogni clientela che si rispetti. Figlio del complotto (il virus non esiste, Bill Gates, i marziani, i microchip ed il controllo, satana, il cinese), o solo più furbo degli altri (“Me la mascherina la meti mia!” si è sentito rispondere un esercente di Casalmaggiore di uno dei bar più noti dopo l’invito – peraltro formulato ad un giovane – di utilizzarla per entrare nel bar), in genere poco rispettoso del lavoro degli altri.

Non ci si può far nulla. Di vaffanculo, per gli inviti ad attenersi alle norme, chi gestisce il bar Baraonda di Martignana se ne è presi addirittura 8 in una giornata sola. E a gestirlo sono donne. Loro, le bariste ed i baristi, hanno una gran pazienza. Chiusi per 78 giorni, hanno riaperto cercando di seguire alla lettera tutte le prescrizioni legate al contenimento del Covid19. Guanti, distanziamento, mascherine, monouso anche i contenitori per gli stuzzichini degli aperitivi. Tutto con un aggravio di spesa non indifferente per chi in 78 giorni di chiusura si è visto rimborsare dallo stato 600 euro, e non ne avrà altri.

In mezzo a tutto questo c’è pure chi ha il coraggio di incazzarsi con loro per gli assembramenti. Non ne denunceremo – state tranquilli – anche se sappiamo che ci sono perché a pagare sarebbero i bar e non chi effettivamente è tenuto al rispetto delle distanze e alle altre norme e non le rispetta.

“Cerchiamo di dire con molta gentilezza quelle due cose che sono prescritte – ci racconta Antonella Palazzotto – disinfezione mani, distanziamento e mascherina poi trovi quello che ti contesta, che mostra insofferenza, o che ti manda a quel paese. Ti viene davvero la voglia di chiudere tutto”. Non chiuderà Antonella, perché lei è forte, più forte di qualche cliente (pochi invero rispetto a quelli che ha rispettosi, e che sono la gran maggioranza) poco incline a mettersi nei panni degli altri. Dagli esercenti, invero e per quello che abbiamo potuto vedere e con i nostri occhi nel casalasco non ci si può aspettare di più: si attengono alle norme e cercano in maniera bonaria di farle rispettare. Dal cliente renitente temiamo non ci si possa aspettare di più neppure da lui: se non capisce che è una forma di rispetto per chi lavora e per le persone che gli sono a fianco non c’è nulla che potremo dire o fare per fargli cambiare idea.

Qualcosa invero ci sarebbe, ma spetterebbe alla forza pubblica applicare la normativa. Ai renitenti insomma basterebbe un bel salasso al portafogli: a quel punto, ne siamo più che convinti, sarebbero quasi tutti se non tutti pronti a cambiare idea. La resistenza cessa davanti al denaro: soprattutto quando quel denaro poi lo devi tirare fuori.

N.C.

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