Chiesa

Tra 25 aprile, 1° maggio e Messe senza popolo: Antonio Vezzosi ricorda il profeta don Luisito Bianchi

"Una Chiesa lontana dagli sfarzi e più intima, in ciascuno di noi: da un lato, dunque, l’assenza del popolo a Messa consente comunque a ciascuno di pregare, nella propria casa, nella propria camera; dall’altro però la Messa si celebra senza popolo, e questa è una mancanza pesante nella visione di don Luisito, che a tutti gli effetti possiamo considerare un profeta”.

VESCOVATO/MARTIGNANA DI PO – C’è una figura che unisce, nella sua predicazione e nella sua esperienza, sia il 25 aprile, sia il 1° maggio, sia il momento che stiamo vivendo, specie per quel che concerne la chiesa e il divieto di celebrare le Sante Messe, confermato domenica sera dal Governo, davanti al popolo. Parliamo di don Luisito Bianchi, che viene ricordato da Antonio Vezzosi, consigliere delle ACLI cremonesi a livello provinciale che ebbe modo di incontrare don Luisito, originario di Vescovato, durante un evento organizzato a Martignana di Po il 2 giugno 2007, per la festa della Repubblica. Don Luisito all’epoca era cappellano delle Suore Benedettine del Monastero di Viboldone a Milano, dove morì il 5 gennaio 2012.

“Ricordo che parlammo per l’intero viaggio da Milano a Martignana di Po – spiega Antonio Vezzosi – ed è un peccato che con me non avessi un registratore. Fu una vera e propria lezione di vita. Lui tornava spesso nella sua terra d’origine, il cremonese, con Vescovato al centro di tutto. Quel 2 giugno 2007 fu un evento per Martignana: a 14 anni esatti dalla morte di don Giuseppe Mori, parroco di Martignana di Po per 25 anni, avvenuta il 2 giugno 1993 ed a 20 anni dalla morte di Enrico Anelli, già presidente delle ACLI provinciali cremonesi, avvenuta il 14 dicembre 1987, ci arrivò quel giorno una “grazia” insperata, anche se da noi vivamente desiderata per anni: don Luisito era stato un caro amico di don Mori e di Anelli per consuetudine, idee e provenienza, era venuto a celebrare una Santa Messa in loro memoria e poi alla sera si era intrattenuto per parlare della “gratuità” dell’opera dei sacerdoti, perché a quel valore lui si è sempre votato”.

Già, ma perché don Luisito torna di moda oggi? Perché è attuale proprio nel momento che stiamo vivendo? “Quando penso al 25 aprile che abbiamo appena celebrato, mi sovviene “La messa dell’uomo disarmato”, il romanzo forse più noto di don Luisito, poi tradotto anche in un’opera musicale con letture di alcuni stralci – spiega Vezzosi -. Un legame dovuto ai temi trattati, la religione e assieme la guerra, in quello che è stato definito un romanzo cristiano sulla Resistenza e una lezione collegata ad una Chiesa povera accanto ai poveri, come voleva anche don Primo Mazzolari, che non a caso ispirò la vocazione di don Luisito. Tuttavia pure il 1° maggio, festa del lavoro, si collega alla sua predicazione: don Luisito era infatti vicino agli operai, perché era stato a sua volta un prete-operaio. Riprendendo cioè l’esperienza francese, aveva voluto lavorare e al contempo predicare. Sulla bara, prima di essere portato al cimitero di Vescovato il 7 gennaio 2012, aveva voluto la tuta da operaio, non a caso. Tra le sue opere, si ricordano “Salariati”, uno studio sociologico sulle condizioni di lavoro nelle cascine cremonesi e “Come un atomo sulla bilancia”, il resoconto dei tre anni come operaio alla Montecatini (l’intero diario venne pubblicato nel 2008 con il titolo “I miei amici”, ndr)”.

Oggi che si parla di Sante Messe senza popolo, don Luisito cosa direbbe? “E’ un tema che a lui è sempre stato molto caro: credo sarebbe molto combattuto. Ci sono sicuramente una emergenza e un’esigenza sanitaria, ma c’è anche la distinzione che don Luisito faceva tra la Chiesa clericale, quella dei palazzi e delle cattedrali, e la Chiesa del popolo di Dio, che per lui era tutto e che costituiva la parte migliore della predicazione. Una Chiesa lontana dagli sfarzi e più intima, in ciascuno di noi: da un lato, dunque, l’assenza del popolo a Messa consente comunque a ciascuno di pregare, nella propria casa, nella propria camera; dall’altro però la Messa si celebra senza popolo, e questa è una mancanza pesante nella visione di don Luisito, che a tutti gli effetti possiamo davvero considerare un profeta del nostro tempo”.

Giovanni Gardani

 

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