Cronaca

La caposala racconta il 'dietro le quinte' dell'abbraccio che ha commosso l'Italia

Le foto di quei momenti poi sono state appese nella stanza delle infermiere: “In questi giorni dannati la fatica ci schiaccia, ma un attimo prima che abbia la meglio su di noi corriamo tutti a vedere Giorgio che abbraccia la Rosa lì sulla parete e non possiamo fare a meno di dirci ‘ne vale la pena’".

L’abbraccio tra Giorgio e Rosa, marito e moglie pazienti all’ospedale di Cremona, lui ricoverato per il Covid, poi superato, e lei per altre ragioni, è stato al centro delle toccanti parole di Manuela Denti, caposala a Ginecologia prestata all’emergenza (Ginecologia era stata convertita fino a pochi giorni fa a reparto Covid) lette ieri sera da Massimo Gramellini in chiusura della puntata di “Aspettando le parole”, su Raitre.

“Sono una caposala di un reparto Covid a Cremona”, inizia così Manuela. “Ho cominciato a fare questo mestiere 30 anni fa, ero una bambina e come si dice in questi casi, ‘ho sentito la chiamata’. In questi anni ho conosciuto tutto, gioia e dolore, malati in coma risvegliarsi quando sembrava impossibile e ragazzini malati di Aids spegnersi davanti agli occhi dei loro genitori. Credevo di essermi arrampicata su tutti i gradini della scala delle emozioni. E invece a metà marzo ho incontrato Giorgio e ho capito che me ne mancava ancora uno”.

“Giorgio ha 77 anni e una certezza: la sua vita è Rosa, sua moglie, l’unica donna della sua vita. Si sono sposati 50 anni fa, lui guidava la betoniera, lei cuciva abiti d’alta moda … la chiamava ‘la mia bambina’ e la chiama così anche adesso. Era arrivato in ospedale con la tosse e altri sintomi del Covid e ci ha messo un attimo a conquistarci: mai un muso, i suoi compagni di stanza dicevano che è un allegrone, con un solo timore: quello di avere infettato ‘la sua bambina’”. Con il passare dei giorni e le cure, Giorgio ha reagito abbastanza bene, ma a cambiare in peggio è stato il suo umore, “gli era caduta addosso una sensazione di prostrazione, a me diceva soltanto ‘ho voglia di vedere la mia Rosa’ e poi cadeva esausto sul letto come se avesse fatto una corsa in salita”.

Finchè un giorno una collega di Manuela, Carla Garello, caposala a Chirurgia, la informa di avere ricoverato una signora di nome Rosa, con lo stesso cognome “del tuo paziente preferito”. Era lei. “Niente Covid, però alcuni vecchi problemi ritornati a galla – continua Manuela -. Per un po’ a Giorgio non l’ho detto. Quando il Coronavirus lo ha lasciato in pace, abbiamo deciso di fargli una sorpresa: abbiamo portato Giorgio in una stanza protetta e siamo andati a prendere Rosa, l’abbiamo portata nella stanza su una sedia a rotelle, nascosta dietro di noi e quando Giorgio ci ha guardato, stupito, ci siamo spostati ai lati come se fosse un sipario … la sua faccia non me la scorderò mai, è stato come se il sangue gli fosse tornato in circolo a fiumi, scoppiava di felicità”. Le foto di quei momenti poi sono state appese nella stanza delle infermiere: “In questi giorni dannati la fatica ci schiaccia, ma un attimo prima che abbia la meglio su di noi corriamo tutti a vedere Giorgio che abbraccia la Rosa lì sulla parete e non possiamo fare a meno di dirci ‘ne vale la pena’”.

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