Nel viadanese una famiglia con sette persone contagiata: tre in ospedale, ma per gli altri quattro la cura è da casa
“Non sarebbe meglio curare in ospedale quando la malattia è ancora lieve, in reparti non di Terapia Intensiva, anziché aspettare che la situazione si aggravi?”. Una vicenda emblematica che non può passare inosservata, della quale peraltro gli operatori sanitari in trincea nei vari ospedali e impegnati senza sosta non hanno colpa.
Una intera famiglia contagiata nel comprensorio Oglio Po, vicino a Viadana, che però non riceve cure né visite di alcun tipo. E’ questa la vicenda riportata dalla Gazzetta di Mantova, che racconta appunto di ben sette persone, appartenenti a un unico nucleo famigliare, con tutti i sintomi riconducibili al Coronavirus, lasciate però piuttosto sole. La prima a sentirsi male è stata una donna che lavora presso una casa di riposo: per lei, visti i sintomi e la situazione abbastanza grave da consentire il ricovero (dato che spesso vi è una cernita proprio per evitare di affollare gli ospedali), scatta il trasferimento all’ospedale Oglio Po. A casa però rimangono ben sette altre persone, tutte entrate in contatto con la OSS, dato che la famiglia vive in una casa su due piani. Sopra il fratello della donna, riporta la Gazzetta di Mantova, di 50 anni con tre figli, di cui due minorenni; sotto i genitori della donna ultra ottantenni e la zia ultra novantenne.
Alla fine in ospedale sono finite le tre persone più anziane, ma solo quando la febbre era davvero troppo alta, con la temperatura corporea a 39°C. A quel punto, per i genitori della signora e la sua zia, ecco il ricovero. Gli altri quattro componenti restano a casa, curandosi mediante telefonate al medico di base e poi a chi li segue dall’ospedale, provando a tenere sedata la febbre con Tachipirina e antibiotici. Ma la domanda che giunge da una parente della famiglia contagiata è il vero punto focale della vicenda: “Non sarebbe meglio curare in ospedale quando la malattia è ancora lieve, in reparti non di Terapia Intensiva, già congestionati, anziché aspettare che la situazione si aggravi?”. Una vicenda emblematica che non può passare inosservata, della quale peraltro gli operatori sanitari in trincea nei vari ospedali e impegnati senza sosta non hanno colpa. Servirebbe una rete migliore alla base o una più proficua organizzazione dall’alto.
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