Salute

Positivo o con sintomi simil influenzali un morto su due nelle Rsa lombarde Gallera difende operato Regione

Un rapporto dal quale emerge come Regione Lombardia, sebbene Gallera abbia sottolineato come “non possa essere paragonata alle altre Regioni”, è la prima in Italia per numero di decessi nelle Rsa con 1.822 morti accertate.

Nella giornata di oggi, venerdì 10 aprile, il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana ha firmato il decreto di nomina della commissione di inchiesta sulle Rsa annunciata nei giorni scorsi e che sarà presieduta da Mauro Agnello. A dichiararlo è l’assessore al Welfare Giulio Gallera che ha convocato una conferenza stampa per provare a spiegare il comportamento di Regione nei confronti di questo tema. Prima di entrare nel merito, Gallera ha spiegato: “Si tratta di una commissione di altissimo livello e valore. Inizierà a lavorare subito e avrà come obiettivo la valutazione della mortalità riconducibile a coronavirus all’interno delle Rsa”.

Nella giornata di ieri l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) aveva diffuso un report proprio su questo genere di strutture. Un rapporto dal quale emerge come Regione Lombardia, sebbene Gallera abbia sottolineato come “non possa essere paragonata alle altre Regioni”, è la prima in Italia per numero di decessi nelle Rsa con 1.822 morti accertate. Il campione dell’ISS si basa infatti su un questionario inviato alle strutture e cui hanno risposto, in Lombardia, circa un quarto delle strutture contattate (24,2%). Non solo: la survey dell’Istituto ha evidenziato come, nel territorio regionale, il 51,3% (934, di cui 60 risultati positivi al coronavirus) dei deceduti all’interno delle Rsa presentasse sintomi simil influenzali o fosse risultato positivo al Covid-19. Il tasso di mortalità registrato è stato del 6,8%.

Gallera nella conferenza stampa odierna, ha quindi ricordato che a “Regione spetta il compito di dettare linee guida e della sorveglianza”, cose che saranno “valutate dalla commissione”, anche se l’assessore ha voluto precisare che “le ATS hanno svolto un lavoro capillare”. In relazione alle Rsa, Gallera ha ricordato che “sin dal 23 febbraio abbiamo fornito le prime linee guida in cui si applicava una restrizione fortissima, anche ai parenti, all’accesso nelle strutture”, anche se la chiusura totale al pubblico è stata disposta “l’8 marzo”. L’assessore rivendica quindi come la Lombardia, attraverso le proprie ordinanze, abbia dato “indicazioni su quali Dpi (dispositivi di protezione individuale, nda) dovessero essre utilizzati dal personale (non solo sanitario, nda) e su “come dovevano essere trattati gli ospiti covid positivi o con sintomi semi-influenzali”.

Se alla domanda relativa al fatto che le Rsa fossero in grado di applicare le linee guida di Regione Lombardia e se la stessa Regione se ne fosse sincerata Gallera non ha risposto, in merito ai trasferimenti dagli ospedali ha chiarito come fosse “necessario per salvare delle vite”, dato che gli ospedali “non avevano più neanche un anfratto all’interno del Pronto Soccorso” per accogliere gente e che “per la loro sicurezza è stato meglio curare le persone in loco e non negli ospedali”. Sulla stessa lunghezza d’onda anche Marco Salmoiraghi (Direttore Genarale Vicario Welfare di RL) che ha sottolineato: “Le strutture ospedaliere sono state in enorme difficoltà per giorni e settimane: ci sono arrivate richieste di alleggerimento e addirttura di chisura dei Pronto Soccorso”. Alberto Zoli (Direttore Generale di Areu Lombardia), dopo aver evidenziato il picco di chiamate che ci si è trovati a gestire, ha quindi aggiunto: “Il problema non era tanto il soccorso, ma il trasferimento in ospedale dato che nel momento critico erano saturi e abbiamo avuto anche 4 ore di attesa prima di dare il paziente in carico all’ospedale stesso”. L’assessore al Welfare ha infine assicurato che “non c’è stata nessuna contaminazione dei pazienti dimessi e trasferiti nelle Rsa”.

Il report dell’ISS certifica che, in Lombardia, il 48,8% dell Rsa ha eseguito corsi di formazione del personale sanitario e il 95,1% sull’uso dei Dpi, mentre l’83,5% ha messo in atto campagne di sensibilizzazione. Le maggiori preoccupazione nelle Rsa italiane è però realtivo alla mancanza dei Dpi (l’85,9% su tutto il territorio nazionale, nda), seguito dall’assenza di personale sanitario (35,1%) e la difficoltà dell’isolamento dei residenti affetti da Covid-19 (24,9%). Infine, la Lombardia è anche la Regione che presenta una frequenza più alta di strutture con personale riscontrato positivo (34.6%).

IL REPORT COMPLETO DELL’ISS

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