Opinioni

Alberto Zolezzi (M5S), il ruolo dell'inquinamento nella diffusione del contagio

Essendo una situazione nuova ma con molti dati storici consolidati, non essendo nuovi gli organi coinvolti ovvero i polmoni - sempre più causa di morte in Italia anche prima di questa epidemia

“In questi giorni difficilissimi le prime parole devono andare per l’encomiabile impegno degli operatori sanitari che stanno svolgendo un lavoro fondamentale per limitare i danni di questa grave epidemia da nuovo Coronavirus”, afferma Alberto Zolezzi (M5S).

“Tuttavia, non posso evitare di portare all’attenzione pubblica una serie di dati che stanno emergendo sul possibile ruolo dell’inquinamento dell’aria nell’aggravamento della situazione dei contagi e dei quadri clinici in corso. In data 11 marzo 2020 ho presentato un’interpellanza alla Camera, la numero 2/00670 in merito (http://aic.camera.it/aic/scheda.html?core=aic&numero=2/00670&ramo=CAMERA&leg=18), dove ho messo in evidenza una serie di studi scientifici su precedenti epidemie e sul ruolo del particolato atmosferico in eccesso nel determinare un incremento della patologia respiratoria e nello specifico della patologia infettiva delle basse vie respiratorie (polmoniti). In sostanza emerge da questi studi effettuati su situazioni precedenti, ma analoghe all’attuale, come il particolato atmosferico sia fra i fattori aggravanti indiziati. Vorrei sottolinearne uno in particolare: il position paper pubblicato recentemente dalla Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA) in data 17 marzo 2020. L’analisi sottolinea come «vi è una solida letteratura scientifica che correla l’incidenza dei casi di infezione virale con le concentrazioni di particolato atmosferico (PM10 e PM2,5). È noto infatti che il particolato atmosferico funziona da “carrier”, ovvero da vettore di trasporto, per molti contaminanti chimici e biologici, inclusi i virus».
Se mi si chiede: esistono studi che fanno riferimento a un ruolo dell’inquinamento atmosferico in eccesso nel determinare minori difese della popolazione nei confronti di agenti patogeni infettivi? La risposta è sì. Esistono studi in merito all’incremento statistico di polmoniti in aree dove la popolazione è esposta a particolato in eccesso? La risposta è sempre sì. Esistono studi relativi a epidemie di Coronavirus e relazione con il particolato atmosferico? Si, uno studio ecologico del 2003 sulla prima SARS da Coronavirus in Cina mostra una mortalità maggiore dell’84% nelle aree con peggiore indice di qualità dell’aria.
Essendo una situazione nuova ma con molti dati storici consolidati, non essendo nuovi gli organi coinvolti ovvero i polmoni – sempre più causa di morte in Italia anche prima di questa epidemia, con oltre 13mila decessi per polmonite nel 2017 secondo ISTAT (vedi l’interpellanza citata) con incremento del 195% dal 2008 (raddoppio) – ritengo utile un intervento immediato per ridurre le fonti emissive inutili e non strategiche. Ricordo che le principali fonti di inquinamento, oltre al trasporto di merci su strada, sono anche l’agro-zootecnica, gli inceneritori e gli impianti a biogas (in Regione Lombardia esistono circa 100 inceneritori di rifiuti e 500 impianti a biogas. Molti inceneritori bruciano rifiuti nel contesto di attività produttive come quelli del viadanese dove si è riscontrato il picco dei contagi in Provincia di Mantova).
La medicina non è una scienza esatta ma l’integrazione fra statistica ed epidemiologia ha portato a orientare scelte organizzative sanitarie e politiche in generale. Anche solo ridurre di qualche punto percentuale il ricorso a posti letto in terapia intensiva o subintensiva può determinare un minor stress del sistema sanitario e minori sofferenze e lutti per la popolazione. Sia chiaro: l’esclusione sociale e il rispetto di tutti i decreti nazionali e ordinanze locali resta sempre la priorità”, conclude.
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