Cronaca

Si è spento Arrigo Lanfredini di Cogozzo, mago dell'elettrauto Il bel ricordo dell'amico Angelo Rosa

“Andavamo spesso alla fiera dell'elettronica assieme - conclude Rosa -. Qui coglieva occasione per insegnarmi sempre qualcosa di più. Restavi sbalordito da quante cose sapesse fare con qualche diodo o qualche transistor che assembla va nel suo "bunker", come amava definire il suo laboratorio segreto nello scantinato di casa".

COGOZZO (VIADANA) – Si è spento Arrigo Lanfredini, lo storico elettrauto di Cogozzo, frazione di Viadana, che però serviva tutto il comprensorio Oglio Po. Classe 1939, Lanfredini è stato ricordato in un bel post su Facebook dall’amico Angelo Glauco Rosa. Riportiamo le sue parole, perché descrivono al meglio la figura di Lanfredini, tratteggiandone carattere e professionalità, spesa in una carriera da elettrauto sempre molto apprezzato dai fidati clienti.

“Oggi è bruciata una biblioteca e con essa, tutto il suo contenuto. Si è spento Arrigo Lanfredini, storico elettrauto del comprensorio Oglio Po. Definirlo elettrauto, senza offesa per chi è del mestiere, non rende giustizia alla sua missione. Arrigo era uno scienziato, che per tutta la vita ha studiato i fenomeni dell’elettricità applicata alla meccanica. La sua officina, che sorgeva poco distante dal supermercato di “Pezzi”, era la mecca per coloro i quali dovevano sottoporre la loro auto o il loro camion alle sue cure, ma anche per chi voleva eliminare un fastidio, potenziare il CB, risolvere un problema che altre officine di rispetto non erano riuscite a diagnosticare. Arrigo trattava un’auto come un medico tratta un suo paziente. “Da una buona diagnosi, dipende una buona prognosi” diceva. Preciso come un chirurgo, non sbagliava mai un colpo.  La sua clinica era ricca di strumentazioni all’avanguardia, ma lo strumento più importante di tutti era l’esperienza maturata in decenni di attività. Da quanti anni facesse questo lavoro, lo ignoro. Un settantenne del paese, mi dice che aveva ancora i calzoni corti quando andava nell’officina di Arrigo e lui già allora, guariva dinamo, trapiantava motorini  di avviamento, operava alternatori, controllava bobine, risanava spinterogeni, tarava regolatore di tensione. A volte pensava ed apportava modifiche che miglioravano addirittura il prodotto della casa madre”.

“La notte studiava – spiega Rosa -. Le sue notti erano un’immersione nella letteratura tecnica. Non era un gran parlatore. Alle parole preferiva i fatti e la sua preparazione gli permetteva di raggiungere risultati sempre nuovi. Basti pensare che aveva realizzato un rudimentale sistema di accensione elettronica prima ancora della Bosch e della Marelli. Questo permetteva di eliminare le puntine, quel componente che spesso costringeva i clienti a recarsi dai meccanici. La schiena: il suo tallone d’Achille. E proprio quella maledetta schiena, lo aveva costretto ad abbandonare la sua officina. Un passo doloroso quello per Arrigo, dover chiudere con la saracinesca, la bocca dell’officina che gli aveva dato da mangiare. Ed un dolore per i suoi clienti, soprattutto per quelli che non sapevano più dove sbattere la testa. Arrigo però era rimasto un punto di riferimento e come un luminare veniva invitato nelle officine della bassa, per diagnosticare un problema, per dare un consiglio su una rogna, per insegnare. Insegnare era la sua nuova missione. Per chi lo chiedeva, Arrigo non mancava di dare un parere tecnico, corroborato dai dati che raccoglieva col suo multimetro, inseparabile come lo stetoscopio per il medico. Venne chiamato anche a tenere delle lezioni ai corsi di aggiornamento, dimostrando i dati ricavati, con esperimenti di laboratorio”.

“Andavamo spesso alla fiera dell’elettronica assieme – conclude Rosa -. Qui coglieva occasione per insegnarmi sempre qualcosa di più. Restavi sbalordito da quante cose sapesse fare con qualche diodo o qualche transistor che assembla va nel suo “bunker”, come amava definire il suo laboratorio segreto nello scantinato di casa. Non ho conosciuto il mio nonno materno. E quello Paterno è morto in un incidente quando ero ancora troppo giovane. Questo per me è stato Arrigo. Il nonno che non ho mai avuto e che è arrivato al momento giusto della mia vita, per poterlo apprezzare. L’ultima volta che ci siamo visti eravamo stati a fare una radiografia. Immancabilmente si parlò di radiazioni ionizzanti tali da rompere i legami atomici, i raggi-x; e non ionizzanti, ovvero le onde radio. Non avrei mai immaginato sarebbe stato il nostro ultimo discorso, se non i brevissimi “Ciao come va” gracchiati al telefono mentre era in ospedale. Oggi che Arrigo se ne va, mi sento come Guglielmo da Baskerville del “Nome della rosa”, quando in lacrime, non riesce a salvare tutti i libri della biblioteca che va a fuoco. Non sarei mai riuscito a portar via tutta quella vita di sapere. Ma per quel poco o quel tanto che sei riuscito trasmettermi, Maestro, ti rinnovo il mio GRAZIE. E una cosa importante, che non ti ho mai detto: Ti voglio bene”.

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