Cronaca

La trincea dell'ospedale Oglio Po nei tg nazionali: "Non c'è più posto e il 20% dei medici è in quarantena"

E poi c’è la dichiarazione del direttore medico Daniela Ferrari, l’uscita più umana di tutte: “Il vero dramma è vedere queste persone morire in solitudine”. Infine la nota di speranza, dalla dottoressa fresca di abilitazione, spedita subito a 27 anni nella trincea dell’Oglio Po per dare una mano.

Nella foto un frame del servizio del Tg3

Anche i telegiornali nazionali parlano dell’ospedale Oglio Po, terzo fronte – dopo Cremona e Crema – dell’emergenza Coronavirus in provincia. E se due giorni fa Mediaset sul Tg5 ha dedicato una servizio alla sanità cremonese in generale, con focus sull’ospedale da campo montato fuori dal Maggiore di Cremona dalla ONG americana e qualche immagine delle corsie interne anche a Vicomoscano, ecco che l’Oglio Po si è preso la ribalta – purtroppo una triste ribalta – sul Tg3 della Rai, nell’edizione di mezzogiorno di sabato.

Un ospedale completamente trasformato, viene spiegato, nel quale il 20% dei medici non può ora operare perché messo in quarantena a causa della positività al Coronavirus. Le testimonianze dell’interno dell’ospedale sono drammatiche: dal medico che spiega che i casi in arrivo sono quelli di pazienti con scambi respiratori già critici e che in qualche caso i medici di base constatano il decesso direttamente a casa; aggiungendo che nessuno sinora è uscito direttamente dalla Terapia Intensiva con “score” di dimissioni pari a zero dunque, in un reparto dove i posti a disposizione sono ormai esauriti (nel caso migliore vi è un trasferimento secondario in un altro ospedale, come il “Carlo Poma” di Mantova, essendo Cremona già oberato di lavoro); alla caposala che spiega come il pianto a fine turno sia una valvola di sfogo che, paradossalmente, quasi aiuta ad andare avanti e ripartire ogni volta. E poi c’è la dichiarazione del direttore medico Daniela Ferrari, l’uscita più umana di tutte: “Il vero dramma è vedere queste persone morire in solitudine”. Infine la nota di speranza, dalla dottoressa fresca di abilitazione, spedita subito a 27 anni nella trincea dell’Oglio Po per dare una mano.

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