Cronaca

Luca Dall'Asta, infermiere a Oglio Po. "Sanità, tutti i nodi vengono al pettine"

È facile ricordarsi di essa soltanto quando ci sono le “gatte da pelare” come le emergenze sanitarie (siano esse epidemie o catastrofi varie), per poi lasciarla nel dimenticatoio, favorendo - ormai palesemente - il settore privato

CASALMAGGIORE – Un virus (con tanto di corona) che ha messo in ginocchio un intero paese. Ma che ha pure messo a nudo i paradossi ed i limiti di una politica sanitaria – nazionale e regionale – che ha depotenziato gli ospedali di frontiera. Quelli che adesso, e in prima linea, sono tornati ad essere fondamentali. Fondamentali lo erano pure prima, quando si chiudevano i reparti e li si depotenziava, ma in pochi ci facevano caso. A manifestare la stanchezza – e una certa amarezza – non è il mondo della politica. E’ quello di chi da anni svolge la propria mansione (o missione, c’è poca differenza, o probabilmente nessuna nelle professioni mediche). Serviva un virus bastardo per ribadire l’importanza della sanità pubblica. O forse sarebbe servita solo un po’ più di lungimiranza. Pubblichiamo il lungo messaggio di Luca Dall’Asta, residente a Bozzolo, collaboratore professionale sanitario infermiere presso ASST di Cremona. Infermiere ad Oglio Po.

“Notte insonne, nonostante la stanchezza fisica e mentale sia sempre più prepotente, perché il pensiero è comprensibilmente fisso sul lavoro, sullo stato dei colleghi in turno e soprattutto su cosa ne sarà di noi (infermieri, medici, OSS, ecc. ecc.), ma anche della Sanità Pubblica in generale.

È facile ricordarsi di essa soltanto quando ci sono le “gatte da pelare” come le emergenze sanitarie (siano esse epidemie o catastrofi varie), per poi lasciarla nel dimenticatoio, favorendo -ormai palesemente- il settore privato (la mia massima stima ed il mio supporto per i colleghi che non vedono rinnovato il contratto ormai da secoli…) giustificando il tutto, con grandi discorsi aulici degni di Oxford, sostenendo (ho sempre odiato il rumore dato da chi si arrampica sugli specchi…) che il Pubblico da solo non ce la fa…..

….mi verrebbe da rispondere: “grazie al ca***!”, ma probabilmente non sarei politicamente corretto, quindi non posso usare certe espressioni, anche se i numeri, i dati, le cifre (si, tutte quelle robe incasinate e matematiche alla “Porta a Porta”) dimostrano chiaramente come la Sanità Pubblica solo nell’ultimo decennio sia stata enormemente depotenziata, declassata, privata di risorse economiche, strutturali ed umane (ecc. ecc.). Però, magia, scatta l’emergenza “coronavirus” ed i fondi, con uno schiocco di dita (si fa per dire…), saltano fuori come funghi… bah, le stranezze della vita!

Essendo in prima linea (o meglio in trincea, perché di questo si tratta) in un reparto di degenza ordinaria (ora in versione straordinaria), vi posso garantire che nei nostri ospedali ormai non esiste più distinzione fra “zona rossa”, “zona gialla” o altri termini da film americani: siamo tristemente arrivati all’arcobaleno, siccome, ahimè, se ne vedono di tutti i colori… E siamo solo all’inizio, siccome il problema è stato lungamente sottovalutato…

Più che una “medicina generale”, pur sempre con lo stesso numero di personale ad ogni turno (sia mai potenziarlo… cosa significa?), il nostro reparto è multitasking: medicina, terapia intensiva, malattie infettive, ma soprattutto “mondo convenienza” (siamo specialisti in traslochi, specialmente di notte)… E tutto ciò come si affronta? Con la buona volontà degli operatori, tanta professionalità, molti rospi ingoiati e l’arte dell’arrangiarsi… ormai si va avanti (“come va?” “Si tira avanti”) sperando vada tutto bene, soprattutto per cercare di dare l’assistenza migliore al paziente, nonostante le numerose difficoltà e criticità, sia organizzative (no comment), sia cliniche dei pazienti…. Per essere concreti, ci sono colleghe che riferiscono che in 30 anni di servizio non hanno mai assistito a nulla del genere…

Un virus, con tanto di corona (giusto per sentirsi più importante), ha messo in ginocchio un intero Paese, una intera Economia, un intero SSN, ma ha anche dimostrato nei fatti quello che da anni si sostiene (e sosteniamo come sindacato) a gran voce: troppo poco personale, salari inadeguati, poche attrezzature e poche risorse… la solita cantilena (tanto da essere rimproverati come ridondanti), che magicamente ora, come se fosse una profezia, si è avverata, dimostrando che alla fine “tutti i nodi vengono al pettine”, ma soprattutto che la verità avrà sempre la sua giustizia…

E arriviamo a noi, personale sanitario e socio-assistenziale che, ovviamente, fra l’incudine della politica ed il martello aziendale, lottiamo aspramente, seppur con armi impari, contro questo virus, perché la bilancia fra la vita e la morte penda a favore della prima opzione e non della seconda. Purtroppo non sempre ciò si realizza, ma l’impegno è massimo, seppur i mezzi e gli strumenti siano oggettivamente limitati… ***non mi dilungo oltre***

Tutto ciò, tuttavia, ha un prezzo da pagare, ovvero depennare, cancellare, disintegrare dal proprio dizionario le seguenti espressioni, termini, vocaboli (ecc.):
– “R” (raffigurazione grafica sul prospetto di turno del famigerato e atteso “riposo”);
– “FE” (leggasi “ferie”);
– orari (il “””turno””” -eufemismo- ormai non ha limiti di tempo, perché “si sa quando si entra, non si sa quando si esce”… un po’ come in posta insomma);
– vita sociale (un full immersion lavorativo di giorni ed ore od una bella quarantena di due settimane e buonanotte al secchio);
– vita sentimentale (ormai hanno vietato pure baci ed abbracci quindi mai una gioia…);
– famiglia (sai come è… in questo periodo risuona un vecchio detto “questa casa non è un albergo”, perché ovviamente non ci sei mai… poi se aggiungiamo che non racconti più di tanto un po’ per deontologia, un po’ per non preoccuparli ulteriormente, un po’ perché hai paura e mantieni le distanze – mi raccomando – e tac la frittata è fatta);
– riconoscimento economico (una pacca sulla spalla, un “ragazzi è così, siamo in emergenza” e tanti saluti alla prossima puntata)…

In questo caos, in questo marasma, in questo momento delicato e difficile, ti aspetti prontezza, capacità decisionale e organizzativa, ma anche stavolta, a maggior ragione, vengono a galla le problematiche denunciate e urlate da tempo… a volte, certi personaggi, non si smentiscono mai…

E così tu, povero infermiere, come Don Chisciotte, lotti contro i mulini a vento, fai del tuo meglio, aiuti, ti improvvisi tuttofare (come se già non lo fossimo…), ma ti devi arrendere al fatto che “forbice” non sconfiggerà mai “sasso”… ma di tutto ciò, di questa situazione, qualcuno renderà conto, perché ora si tira la carretta, non si molla e si va avanti anche se esausti, ma quando “andrà tutto bene” (cit.), la mia “ira funesta” si scatenerà su chi ha permesso di lavorare in queste condizioni proibitive, a discapito nostro e dei pazienti…

La parola d’ordine dai piani alti è: “devi”, “devi” “devi”; va bene, devo (e comunque, con senso di responsabilità, mi metto a disposizione liberamente anche senza che mi venga imposto), però qui il morale è a terra (gente che a fine “turno” scoppia in lacrime), i colleghi si ammalano, i pazienti si aggravano o arrivano ad ondate (letteralmente) ed i parenti purtroppo sono poco informati per vari motivi.
Nonostante la situazione sia drammatica (non si tratta di fare allarmismo, solo di fotografare la realtà dei fatti), tutto lo stesso è razionato, misurato e calibrato, tanto i poveri pirla siamo sempre noi, perché quelli al fronte sono i soldati, non i generali…

In tutta questa odissea, però, c’è spazio anche per qualche spiraglio di luce, qualche sorriso strappato … chi offre le brioche od il caffè, chi sottovoce e umilmente ti ringrazia, chi ti benedice o dice una preghiera per te o semplicemente il fatto che anche nelle tragedie si fa squadra, si crea il gruppo… fra colleghi infatti ci si supporta, si combatte fianco a fianco, si mangia insieme quello che capita fra un campanello e l’altro, ci si scambia battute per alleviare la tensione e lo stress… anche questo serve!

Ora ci chiamate eroi, idoli o angeli, ma siamo gli stessi di prima, quelli che chiamavate incompetenti, fannulloni e poveretti… solo che ora, nel momento del bisogno, abbiamo mostrato per davvero gli attributi (perché “palle” risulta sempre non politicamente corretto) e dimostrato il nostro valore, la nostra professionalità , la nostra competenza!
La rivendichiamo con forza adesso, ma a maggior ragione ad emergenza finita ai tanti che si dimenticheranno ancora una volta di noi…

P.S.1
Messaggio rivolto ai “gufi” cittadini od ai politici che governano questa Regione:
per fortuna che volevate chiudere o smantellare del tutto l’Oglio Po………… a sto punto cosa facevate???
sono sicuro che l’assessore regionale al welfare saprà risponderci con assoluta chiarezza…………..

P.S.2 Un sincero ringraziamento ai colleghi di lavoro, ai miei affetti personali ed alla F.P. Cgil Cremona per il sostegno dato in questo periodo “strong”!”.

redazione@oglioponews.it

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