La bomba che divenne una spilla: da Vicobellignano a Lumezzane una storia da riscoprire
Quel ricciolo ricavato dal congegno che consentiva l’innesco della bomba. Tolto dall’arma, quel piccolo pezzo di ferro era perfetto per fissare la spilla. GUARDA IL SERVIZIO TG DI CREMONA 1 (le immagini del Museo del Bijou sono di Arviter)
VICOBELLIGNANO (CASALMAGGIORE) – Dalle bombe ai bijou, da Lumezzane, dalla fabbrica specializzata nella produzione di armi durante il periodo bellico SAG, ossia Serafino Andrea Gnutti, fondatore delle Armerie in Val Gobbia, alla tradizione bigiottiera di Casalmaggiore. Ereditata da un casalese, Evrardo Tentolini, che assieme al fratello Ennio era stato dipendente della FIR di Casalmaggiore, ossia la società che a inizio Novecento e per diversi decenni tenne in piedi l’economia casalese, dando lavoro a molte famiglie con l’invenzione del placcato oro e di un mondo legato alla bigiotteria, commerciata a livello mondiale.
Siamo negli anni ’40, la ditta Fratelli Tentolini di Casalmaggiore viene svuotata di forza lavoro per la chiamata alle armi di tutti i componenti di famiglia, meno che di Evrardo, troppo “vecchio” per la guerra, perché era del 1907. Questi per sopravvivere si sposta a Lumezzane, alle Armerie Gnutti dove, grazie alle abilità acquisite alla FIR, diventa presto caporeparto in un periodo di grande “sforzo bellico” anche nella produzione, con 2mila dipendenti a libro paga. Ogni operaio aveva una spilla di riconoscimento ed è qui che la nostra storia e l’ingegno di Evrardo si fondono: perché quella particolare spilla – che oggi Raul Tentolini, figlio di Evrardo pronto a tramandare questa leggenda realmente accaduta, mostra – ha un meccanismo molto particolare nella sua parte retrostante. Ossia quel ricciolo (Raul non a caso la chiama “spilla ricciolina”) ricavato dal congegno che consentiva l’innesco della bomba. Tolto dall’arma, quel piccolo pezzo di ferro era perfetto per fissare la spilla. Da strumento di morte a “vezzo” di vita.
Alla fine della guerra, quando Evrardo Tentolini era tornato nella sua Vicobellignano, tre uomini arrivarono a trovarlo su segnalazione del Commendator Umberto Gnutti, a capo della fabbrica lumezzanese. Erano i fratelli Polcini, arrivavano dagli Stati Uniti come la loro auto lussuosa chiaramente faceva intendere, e per la precisione da Providence Rhode Island. Una zona conosciuta nel mondo come la zona di produzione dei gioielli delle dive: tre italo-americani giunti sin lì per stringere la mano a quell’uomo che da una bomba aveva saputo creare nientemeno che una spilla.
Giovanni Gardani