Punto Nascite, torna l'anonima Ponte. Marika: "Noi costrette a vivere nell'ansia"
Marika Gigliarano racconta la su storia. E' stata, nel tempo della rivolta contro la decisione regionale di chiudere il reparto, una delle mamme più attive schieratasi a difesa. Ora si trova ad affrontare un altro parto
CASALMAGGIORE – Quattordici mesi dopo è dura. Pensare di non poter partorire a pochi passi da casa, o quanto meno ad una distanza accettabile. Dovrà ricordarsi anche di questo Giulio Gallera quando se ne verrà dal regno milanese sino al confine delle basse padane per ascoltare le richieste di un territorio dimenticato. Come se poi le richieste non fossero già chiare. Salvare un presidio ospedaliero che da tempo, invece di crescere o di rimanere stabile, riduce prestazioni e per il quale la scure del taglio è sempre incombente. Ripristinare un diritto: quello di poter godere dei servizi di cui godono tutti i territori: in maniera avanzata nelle province ‘nobili’ (Milano, Varese, Bergamo, Brescia), in maniera più discontinua nelle altre. Riavere un punto nascite all’Oglio Po.
Tante le donne lasciate in balìa degli eventi, delle nebbie e della strada chiudendo uno dei servizi – il Punto Nascite – sicuro ed efficente, con personale qualificato e la sicurezza di poter veder nascere i propri figli senza ulteriori preoccupazioni. Con l’unico – brillante – risultato che chi può va a nascere in Emilia Romagna. Erano circa 400 i parti annui all’Oglio Po. Ora si nasce altrove, e non per scelta.
Marika Gigliarano ha raccontato qualche giorno fa la sua storia. E’ stata, nel tempo della rivolta contro la decisione regionale di chiudere il reparto, una delle mamme più attive schieratasi a difesa. Ora si trova ad affrontare un altro parto. Senza più le sicurezze del precedente.
“Sono stata a Guastalla – racconta – dove partorirò se ci arrivo, per la presa in carico. Oramai manca pochissimo. C’era la nebbia e un po’ di traffico, ci ho messo un ora, e la nebbia era poca… Guastalla, oltre che ricordarmi molto l’ambiente accogliente e intimo dell’Oglio po, è la scelta più vicina che abbiamo. L’ultimo parto in un ora mia figlia era nata. Come spero di arrivarci? È questo che hanno voluto quando hanno chiuso il nostro favoloso punto nascita. Farci vivere nell’ansia di non arrivare al punto nascita? A Guastalla mi hanno suggerito se ho contrazioni già importanti ed improvvise, in emergenza, come mi era successo per la prima, di fermarmi in Oglio po se c’è un ostetrica oppure chiamare un’ambulanza. Assurdo che noi gravide dobbiamo stare in balia agli eventi! Io non lo accetto proprio! La nostra incolumità e dei nostri figli dove sta?”.
Non serve aggiungere altro. Ha già detto tutto lei, costretta a partorire a Guastalla se ci arriva, o in maniera diversa se dovessero esserci delle difficoltà. Questo il suo racconto che è anche l’invito a ripensare ad una scelta per la quale 400 mamme in media all’anno sono costrette a fare i conti con qualche preoccupazione in più in un periodo che dovrebbe essere il più bello della vita.
Intanto, in nottata, sono tornati a colpire quei bricconi dell’anonima ponte. Una capanna (visto il periodo), un giaciglio vuoto col cartello ‘torno subito’ ed un cartello con scritto ‘Scusate, siamo andati a partorire a Guastalla’. Ironia e sarcasmo nei confronti di una regione e di una nazione che il territorio lo hanno lasciato da tempo in nome di una razionalizzazione che premia le province più prossime a Milano e condanna alla riduzione dei servizi i territori di frontiera.
N.C.