Ambiente

"Così la plastica può diventare risorsa": il chimico Delferro, con origini casalasche, illustra la scoperta

“Abbiamo trovato un sistema per rompere in modo controllato e selettivo le lunghe catene che compongono questi polimeri - ha spiegato Delferro a Repubblica - così da avere prodotti che posso essere usati come lubrificanti per motori e cere". GUARDA IL SERVIZIO TG DI CREMONA 1

Nella foto l'articolo di Repubblica

PARMA/SABBIONETA/CHICAGO – Paura della plastica. La soluzione arriva dagli Stati Uniti, da Chicago. Ma parla italiano, per certi versi anzi ha origini casalasche o del comprensorio Oglio Po. Ne ha parlato nei giorni scorsi il quotidiano Repubblica nell’articolo a firma Luca Fraioli, intervistando il chimico italiano Massimiliano Delferro, che studia le nuove tecniche di trasformazione dei materiali plastici negli Argonne National Laboratories di Chicago. Lui è di Parma, ma il rapporto col comprensorio casalasco-viadanese, da Casalmaggiore a Sabbioneta, è scritto nel Dna. La mamma di Massimiliano di cognome fa infatti Gualerzi, prima cugina del presidente della Pro Loco sabbionetana.

Ma veniamo alla scoperta, davvero rivoluzionaria. L’obiettivo è scomporre i polimeri della plastica per farne qualcosa di utile. “Abbiamo trovato un sistema per rompere in modo controllato e selettivo le lunghe catene che compongono questi polimeri – ha spiegato Delferro a Repubblica – così da avere prodotti che posso essere usati come lubrificanti per motori e cere che possono essere successivamente trasformate in detersivi o cosmetici. Dipende da quello che serve al mercato in quel momento”.

Qualcosa di simile al processo chimico già esistente della pirolisi, che però produce una rottura casuale dei legami carbonio-carbonio, tanto che i sottoprodotti che ne nascono possono essere usati soltanto come gasolio o cherosene, accrescendo dunque i gas serra e rimanendo parimenti inquinanti per l’ambiente. L’intenzione di Delferro e del suo staff di ricerca, invece, è favorire un’economia davvero circolare con la possibilità di “scegliere” (termine improprio, ma che rende l’idea) in quale materiale trasformare la plastica. Il materiale catalizzatore, che facilita la rottura dei legami tra atomi di carbonio, permettendo di lavorare sulla lunghezza della catena finale, è il platino. Molto costoso, ma che potrebbe trovare un sostituto nel più economico nichel. L’esperimento ha già funzionato in laboratorio, ora resta da capire se su scala industriale si potrà riprodurre.

Intanto Delferro espone la sua idea a Repubblica andando controcorrente. “Le plastiche tanto demonizzate sono state una grandissima invenzione. Per 70 anni si è studiato come sintetizzarne di nuove. Ora, solo da pochi anni, ci stiamo il problema opposto: come scomporle in modo da riutilizzarle e salvare l’ambiente. La nostra proposta potrebbe consentire un giorno, quando si cambierà l’olio della macchina, di avere un 50% del prodotto estratto dalla plastica usate per confezionare alimenti”. Una innovazione su scala mondiale, che parla italiano. Anzi, quasi casalasco…

G.G.

 

 

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