'Il ragazzo di Boretto'. Nicola Cesari racconta la storia di chi ha detto no alla mafia
Non sono sempre e solo storie di grandi appalti, di droga, di rapporti tra mafia e politica. Sono anche storie di vita quotidiana come quella che stamattina racconta il sindaco di Sorbolo Nicola Cesari. Una piccola storia di chi ha detto no all'intimidazione
BORETTO – La mafia è anche qui. L’inchiesta Aemilia con i risvolti che riguardano anche i comuni della nostra area confermano un’infiltrazione sempre più capillare che forze dell’Ordine e Procure stanno cercando di contrastare con altrettanta energia. Non sono sempre e solo storie di grandi appalti, di droga, di rapporti tra mafia e politica. Sono anche e spesso piccole storie di vita quotidiana come quella che stamattina racconta il sindaco di Sorbolo Nicola Cesari. Una piccola storia di chi ha detto no all’intimidazione.
“C’è un ragazzo di Boretto – scrive Cesari – che porta le pizze a domicilio. Un giorno gli arriva un ordine da un paese vicino e fa il suo mestiere di sempre: carica la pizza e va dal cliente. Nel percorso si imbatte nella concorrenza: lo fermano e lo minacciano. Qui sei fuori dalla tua zona, qui lavoriamo noi, torna a Boretto. È un emissario di un organizzazione mafiosa. Torna a Boretto di corsa, ma non va in pizzeria, va a denunciare il fatto. Oggi chi lo ha minacciato è indagato, se ho capito bene arrestato, lui continua a lavorare (non so se in pizzeria o altrove). Ci sono indagini in corso, è uno dei tanti fatti della nuova indagine sulla ‘Ndrangheta qui da noi’, meglio non rivelare l’identità del ragazzo. Questa storia deve essere raccontata in tutte le nostre scuole, è un inno alla libertà e al senso di giustizia. Nelle scuole in Emilia, Lombardia, Piemonte o Veneto, non parlate di mafia richiamando la Calabria o la Sicilia, per i ragazzi sono cose lontane, che non sentono del tutto loro. Raccontate del pizzaiolo. Io lo farò. E ricordiamo di dire che se in tanti avessero fatto come il pizzaiolo, la mafia qui da noi forse non avrebbe attecchito. Se un giorno si potrà rivelare l’identità del ragazzo, chiamatelo nei Consigli comunali e dategli tutte le chiavi del comune”.
Una storia emblematica di intimidazione mafiosa ma pure di coraggio e resistenza alla logica del chinare la testa. Il ragazzo di Boretto non ha chinato la testa ed il suo esempio può essere utile anche agli altri. A partire – come sottolinea il primo cittadino – dalle scuole.
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