"La più bella avventura" del Maestro Mantovani emoziona Bozzolo nel segno di don Primo
La chiesa di San Pietro a Bozzolo, dove le spoglie del sacerdote cremonese, di cui ricorre il 60esimo della morte riposano, era gremita venerdì sera. Il saluto del parroco don Luigi Pisani e del sindaco Giuseppe Torchio ha dato il via alla cantata. GUARDA IL SERVIZIO TG DI CREMONA 1
BOZZOLO – Il richiamo delle campane, perché prima di tutto potesse essere una festa, il ritorno a casa de “La più bella avventura”, la cantata sacra scritta dal Maestro casalasco Federico Mantovani, ispirata a uno dei testi più noti di don Primo Mazzolari, edito nel 1934. La chiesa di San Pietro a Bozzolo, dove le spoglie del sacerdote cremonese, di cui ricorre il 60esimo della morte riposano, era gremita venerdì sera. Il saluto del parroco don Luigi Pisani e del sindaco Giuseppe Torchio, presenti con altri colleghi sindaci dei comuni limitrofi, ha dato il via alla cantata diretta dallo stesso maestro Mantovani, che si è avvalso di Cosimo Vassallo come tenore, Valentino Salvini come baritono, Alberto Branca come voce recitante, oltre che del Coro Polifonico Cremonese e dell’Orchestra Sinfonica dei Colli Morenici.
Diversi i passaggi contenuti nel testo di don Mazzolari e ripresi ovviamente dalla cantata, che si confermano ancora attuali pur essendo stati scritti 85 anni fa. Alcuni passaggi, in un’opera che ha saputo unire e tessere varie pagine scritte in epoche diverse dal sacerdote, sono leggermente più recenti, scritti sull’Adesso, il periodico di don Primo, come ad esempio il seguente del 1958: “Quando, come in quest’epoca, si adorano gli idoli, si calpestano gli uomini e si oscura la verità, allora solo la parola dei Profeti riesce a dirci qualcosa”.
O ancora, in un passaggio che venne ripreso anche da Papa Francesco il 20 giugno 2017 nella sua visita a Bozzolo: “Abbiamo imparato a valutare il carico massimo di una nave, la portata di un ponte e del cemento armato e non curiamo di sapere fin dove reggono le spalle dei fratelli. Le spalle dei poveri non sono diverse dalle nostre”.
E di nuovo, tratto da “Dietro la Croce” del 1942, “sarà il gemito di coloro che muoiono crocifissi sul fango, sulla sabbia, sulla roccia, o dentro le carlinghe d’alluminio, gli scafi corazzati, i carri di ferro. Cambiano le croci, ma la croce resta”. Meritatissimi, dunque, gli oltre cinque minuti di applausi finali, che spingono Mantovani e i vari protagonisti a concedere un’ultima esecuzione davanti alla chiesa di San Pietro gremita.
G.G.