Le Casette non esistono più. La storia cancellata. Lettera degli Amici del grande fiume
"Ci siamo sbagliati. Ai politici e ai funzionari che hanno seguito questa vicenda ricordiamo solo che le doti che dovrebbero contraddistinguere i buoni politici a cui sta a cuore tutta la comunità che amministrano sono BUON SENSO e IL CORAGGIO".
CASALMAGGIORE – Le casette sul fiume non esistono più. Cancellata è la poesia dei luoghi, i vecchi ricordi. Quelli dei carabinieri in congedo, delle riunioni con tanto di vino e salame dei verdi. Quelle della gente di golena che all’ambiente ha sempre tenuto più di ogni altra cosa. Abuso edilizio, che già di per se è definizione paradossale in una golena continuamente stuprata in decine di modi differenti. Quelle erano costruzioni che avrebbero potuto essere rimosse in un qualunque momento, costruzioni che hanno resistito al tempo e alle piene.
Fu allora il consigliere con delega Orlando Ferroni ad avviare l’iter per la rimozione nonostante i consigli a non avviare una macchina che poi non si sarebbe potuto fermare in alcun modo. Così è stato. A ricordare quei tempi e la loro poesia Massimo Fazzi ed un gruppo di amici. Amici – quelli sì – della golena e del fiume. Gente che per il fiume ha sempre fatto, e non solo a parole.
“Anche l’ultimo capanno, la palafitta in riva al fiume è stato demolito. Il parco del lido Po ora non ha più abusi edilizi. La legalità tanto decantata e pretesa dai nostri amministratori è stata ristabilita. Ci voleva una denuncia per abusi edilizi e una ordinanza del sindaco per convincere un gruppo di pensionati da sempre legati al loro fiume a smantellare quello che per oltre vent’anni è stato un punto di ritrovo per tanti casalaschi.
Sulle piante rimangono solamente le targhe ricordo di alcuni di loro, Antenore e Luigi, assidui frequentatori ora deceduti. Molti ricorderanno gli anni 70 quando il signor Grassi, da tutti conosciuto come Titano, preparava la trippa nel suo Capanno in lamiera vicino al Riolo. Oppure Nordeo Crepaldi che passava l’estate con la moglie nella casetta sul barcone in cemento residuato del vecchio ponte di barche, coltivando l’orto e alberi da frutta.
Dietro di lui il capanno dei carabinieri in congedo che aiutati dal professore Saporito, noto gastronomo, preparavano deliziose merende estive a base di pesce fritto e salumi. A pochi passi dall’acqua, sulla palafitta altri pensionati passavano i pomeriggi giocando a carte, a preparare canne da pesca, a raccontare episodi dei tempi passati.
Chi passava era il benvenuto e un posto a tavola si trovava sempre. Questo modo di vivere il fiume per i nostri politici e funzionari comunali non era più tollerabile. Questi semplici e improvvisati manufatti andavano demoliti perché costruiti in un parco senza autorizzazione. Parco dove tra l’altro tutto è in deroga. Pescatori che entrano in automobile, cacciatori che liberano i loro cani, raccoglitori di legna (basta pagare).
Nello stesso parco i casalesi devono passeggiare con i propri cani al guinzaglio. Tutto derogabile, i capanni no. Nessuna possibilità di potere raggiungere un dialogo in grado di risolvere la questione. Nessuna strada era percorribile per ristabilire lo status quo.
E pensare che sulla sponda opposta del fiume a Sacca e a Torricella parmigiana, tanto per citare due località vicine a noi, numerose famiglie passano il loro tempo libero non in piccoli capanni prefabbricati, ma in costruzioni in muratura e legno, dotate di ogni confort (acqua, luce e servizi) messi a disposizione dalle locali amministrazioni comunali. Non è forse anche quella la riva (destra) del fiume? Che siano terreni comunali o demaniali cosa cambia?
Che strana Italia! Sulla sponda Emiliana il fiume viene vissuto e le comunità rivierasche sono incentivate a vivere e frequentare il Po. A Casalmaggiore tutto questo non è possibile. Si propone continuamente di rivalutare il turismo fluviale invece…
Quanti riminesi o ampezzani vengono a Casalmaggiore a passare le loro vacanze? In pochi amano le zanzare, l’afa estiva e l’umidità che caratterizza la nostra golena. Allora perché non sostenere quei casalesi che vogliono vivere il loro fiume come un tempo e non guardarlo dagli argini solo nei periodi di piena solo spinti dal timore e dalla paura? E pensare che molti di noi sfrattati hanno appoggiato questa amministrazione fiduciosi di ottenere un atteggiamento diverso nei confronti degli antichi frequentatori della sponda sinistra del fiume Po.
Ci siamo sbagliati. Ai politici e ai funzionari che hanno seguito questa vicenda ricordiamo solo che le doti che dovrebbero contraddistinguere i buoni politici a cui sta a cuore tutta la comunità che amministrano sono BUON SENSO e IL CORAGGIO, doti che in questa determinata circostanza sono completamente mancate”.
La lettera è firmata, oltre che da Massimo Fazzi, da un gruppo di cittadini amanti del grande fiume. Così si definiscono. Ed amanti del grande fiume lo erano e lo sono davvero.
Nazzareno Condina