Biogas di piccola taglia, Coldiretti Mantova incontra gli allevatori
Opportunità anche per l’allevamento avicolo, dove per un impianto da 100 kw servirebbe la pollina di 154.000 galline ovaiole e 19 ettari per biomasse da secondo raccolto.
“Per un’agricoltura responsabile e in grado di ridurre l’impatto ambientale il biogas è una delle soluzioni che una moderna azienda agricola deve tenere presente, perché permette il recupero dei reflui di allevamento e di applicare le esigenze di economia circolare che vanno ben oltre le necessità di migliorare il reddito”.
Così il presidente di Coldiretti Mantova ha dato il via al convegno organizzato nella sede centrale della Federazione sul biogas e le opportunità degli impianti di piccola taglia (con potenza elettrica non superiore a 300 kW), rilanciate dalla Legge di Bilancio in vigore quest’anno.
Le prospettive, anche economiche, offerte dal biogas possono trovare adeguata valorizzazione non soltanto per la singola impresa agricola, ma anche in forme consortili. “A Mantova avete un tessuto di cooperative molto sviluppato, potete dialogare non solo nella raccolta di latte, ma anche per fini agro-energetici”, ha detto Massimo Zaghi della Cooperativa agroenergetica territoriale di Correggio, la prima azienda in Italia certificata secondo gli standard del “BiogasFattoBene”, promosso dal Cib.
Ventisei aziende agricole socie della cooperativa, 1.200 ettari di superficie agricola, dei quali 300 dedicati al progetto agroenergetico, sette cantine sociali e due banche coinvolte direttamente. “Abbiamo avviato un percorso sostenibile, in grado di valorizzare il digestato e ridurre l’impatto della chimica, che si traduce in una valorizzazione delle materie prime conferite superiore di circa il 15% rispetto ai prezzi di mercato”.
La Legge di bilancio 2019 (commi 954-957) individua nuovi vincoli per la produzione di biogas. Li ha illustrati Davide Lini dell’Ufficio Tecnico di Coldiretti Mantova. “Gli impianti di biogas realizzati da imprenditori agricoli e alimentati per almeno l’80% a reflui zootecnici provenienti da allevamento e per il 20% con culture di secondo raccolto, compreso il mais. Tutte le biomasse devono provenire dall’azienda agricola o, se l’impianto è realizzato in forma consortile, esclusivamente dai consorziati”, ha riassunto Lini.
Le opportunità ci sono per diverse taglie di allevamento, in base appunto alle dimensioni dell’impianto.
Per un impianto di biogas da 100 kW alimentato con solo reflui da bovine da latte, il costo dell’investimento è di 450mila euro e sono necessari 480 capi in lattazione, 7.500 tonnellate di letame e 4.900 tonnellate di liquame. Qualora si facesse ricorso a una quota del 20% di secondi raccolti per alimentare il biogas, i bovini necessari scenderebbero a 325, ma servirebbero 47 ettari coltivati a sorgo, per ottenere 2.100 tonnellate di insilato di sorgo.
Per un impianto da 100 kW alimentato a reflui di bovini da carne, la mandria necessaria sarebbe pari a 450 capi. Oppure basterebbero 340 capi da carne e 21 ettari di sorgo.
Altri numeri con i suini da ingrasso: rispettivamente 19.500, 38.500 e 58.000 maiali per alimentare impianti di biogas da 100, 200 o 300 kW.
Opportunità anche per l’allevamento avicolo, dove per un impianto da 100 kw servirebbe la pollina di 154.000 galline ovaiole e 19 ettari per biomasse da secondo raccolto. Numeri che aumentano a 313.000 capi e 36 ettari per alimentare un impianto in grado di sviluppare 200 kW.
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