Cronaca

Antonio Baroni, domani il funerale e l'ultima 'cerimonia' prima dell'ultimo volo

Dormirà a fianco di Argia e forse - uomo di costante moto - non sarà perfettamente a suo agio. Ma - conoscendolo - la prenderà per mano e sulla scia degli aereoplani continueranno insieme il moto eterno. Energia, nell'energia del mondo.

CASALMAGGIORE – Sarà il funerale che desiderava – lui che era così legato ai cerimoniali – quello che domani, a partire dalle 13.45, si aprirà dalla camera ardente della Fondazione Busi sino a San Francesco. Il funerale di un cavaliere ed ufficiale della Repubblica Italiana. Antonio Baroni avrà i suoi labari, le sue divise, i suoi ricordi con se. Non mancava mai alle manifestazioni ufficiali, il cappello in testa e la ‘cerimoniosità’ dei vecchi uomini d’un tempo. Dalle 10 di questa mattina, è aperta la camera ardente presso la Fondazione Busi, nella Casa di Riposo che, anche se per brevissimo tempo, era stata la sua ultima dimora.

Sarà quello che voleva, la celebrazione in San Francesco, la sfilata lenta in via Cavour, il ritrovo in piazza con le associazioni combattentistiche, le autorità, i vecchi amici. Lui che in Grecia aveva vissuto la prima parte della guerra sino all’armistizio e poi, quando avrebbe dovuto andarsene a casa, i campi di prigionia e di lavoro in Germania. Non tutti quelli che partirono con lui tornarono. Era stato fortunato – se di fortuna di un prigioniero di guerra comunque si può parlare – perché le sue mani erano davvero speciali. Aveva costruito in Grecia gli impianti telefonici dei campi base. Sistemava ogni macchina a motore grazie alla lezione che aveva imparato – lui figlio della bassa parmense – da suo padre meccanico. In Germania poi, quando si trattò di scegliere chi doveva fare cosa e chi doveva essere tristemente avviato nei campi di sterminio, fu scelto per le fabbriche.

La vita in fabbrica non fu semplice. Erano fabbriche militarizzate, fabbriche in cui – come lui stesso raccontava – per un qualunque motivo potevi essere portato via e non fare più ritorno. Fabbriche in cui con altrettanta difficoltà che sui vari fronti, si faceva resistenza con il fiato del nemico sul collo. Raccontava dei sabotaggi che dovevano essere efficaci ma non visibili ai controllori. Tutto doveva apparire perfetto, dai proiettili ai macchinari, ma non esserlo pena la fucilazione o i campi di sterminio.

Aveva appreso in fretta il tedesco – quello base, per capire e farsi capire – e questo lo salvò e gli concesse quella ‘tranquillità apparente’ ad altri non concessa. Passò l’epilogo della guerra sotto il bombardamento russo che lo risparmiò più volte – e solo per fortuna – dalla morte. Poi al ritorno in Italia conobbe Ergia (Argia, in italiano) di cui si innamorò stabilendosi poi a Casalmaggiore, in una Casalmaggiore che usciva dalla guerra. Fu abile nello sfruttare le sue doti di meccanico avanti con i tempi. Nei primi tempi riconvertiva vecchi motori di guerra in motori ‘civili’, venivano da ogni dove per i suoi impianti a gas. Non era tempo di computer e di tecnologia, di CAD e progetti con calcolatori. Il suo calcolatore era la testa, i suoi progetti disegni a matita su carta, fatti col righello, i suoi dati calcoli sui fogli a quadretti. Questo anche quando – ormai in pensione – la tecnologia avrebbe potuto dargli una mano, nel suo garage ricostruiva vecchi motori per i collezionisti di due ruote d’epoca. Partiva con la sua vecchia auto a caccia di pezzi nei mercatini del riuso, li rimodellava e li faceva funzionare come un orologio svizzero. “Non posso lamentarmi – aveva ripetuto nell’ultimo Natale ai suoi familiari, tra un sorso di Sambuca ed un bicchiere di malvasia – sono stato bene ed ho sempre lavorato”.

Aveva, e per l’ennesima volta, spiegato il funzionamento del motore a vapore, uno dei primi realizzati in Italia per una lavanderia, quella della moglie. Lo aveva realizzato lui stesso. A 96 anni suonati spiegava ancora le modifiche che aveva architettato per renderlo funzionale ai panni da lavare.

Amava il ballo, l’orchestra Bagutti, cantava con la moglie, sino a che la moglie rimase in vita, vecchie arie che ricordava a memoria. Era presidente (ormai onorario) dell’associazione Arma Aereonautica perché le macchine volanti erano l’altra sua grande passione che non lo abbandonò mai. Una delle stanze di casa sua era il suo sacrario. Onorificenze, lettere di generali, di uomini dell’esercito, la strabordante retorica di pezzi di lettere in cui ci si perdeva tra l’esimio, il voi, le lodi sperticate espresse in forma aulica, l’apparenza ufficiale. Aveva ancora gadgets da regalare, racconti da comunicare, guerre e motori da dire, anche se lo faceva con più stanchezza. Forse – lui che da sempre era stato una roccia – aveva mollato un poco dopo la morte della moglie con la quale aveva condiviso più di un mezzo secolo di strada. e aveva capito che stava per andarsene.

Le figlie Marina e Morena, e i nipoti Luca e Cristina lo hanno assistito con infinito amore sino alla fine. Nonostante non fosse un uomo semplice, nonostante fosse uomo d’altri tempi così fortemente legato alla forma delle cose, ai meccanismi del vivere sociale, al cerimoniale, ai suoi aerei nel cielo e ai suoi labari in terra. A Trecasali aveva sepolto la moglie, a Trecasali tornerà anche lui. Ultimo – o uno degli ultimi – reduci del secolo scorso, portandosi dietro i propri limiti e la propria grandezza. Tornerà nel silenzio, quello che aveva combattuto più d’ogni altra cosa nella vita, prolisso come pochi, loquace con tutti. Tornerà a volare, portandosi dietro la spalla cotta di Palasone, il vino di Samboseto, il malvasia del parmense, le vecchie osterie e i piccoli alimentari di provincia, le splendide conserve di Argia, i saluti sull’attenti, i tanti silenzi e le mille voci raccolte per strada.

Ieri – giorno della morte – era anche il 96° della fondazione dell’Arma Aereonautica. Una coincidenza che lo avrebbe – non ne abbiamo dubbi – fatto sorridere e reso orgoglioso.

Antonio Baroni partirà domani per l’ultimo viaggio in terra. L’ultima cerimonia. Quella che desiderava, con l’inchino e la forma. Con gli onori dovuti ad un uomo che ha attraversato una guerra, la ricostruzione, il boom economico, la crisi, che ha scavalcato il secolo scorso. Antico e moderno. Unico nel suo genere. Dormirà a fianco di Argia e forse – uomo di costante moto – non sarà perfettamente a suo agio. Ma – conoscendolo – la prenderà per mano e sulla scia degli aereoplani continueranno insieme il moto eterno. Energia, nell’energia del mondo.

Nazzareno Condina

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