Cronaca

Processo Pesci: riconosciuta l'associazione mafiosa nel mantovano e nel cremonese

Nel processo Pesci, costola dell’inchiesta Aemilia, ha retto anche in appello l’accusa di associazione mafiosa. La sentenza contro la cosca di ‘ndrangheta capeggiata da Nicolino Grande Aracri è stata pronunciata in serata dai giudici di Brescia. Confermate in gran parte le condanne emesse in primo grado per le infiltrazioni nel tessuto economico mantovano e cremonese. La condanna più alta è stata inflitta al boss Nicolino Grande Aracri: per lui, 20 anni e 8 mesi (in primo grado era stato condannato a 28 anni). Per tutti gli altri imputati suoi affiliati le pene vanno da un massimo di 17 anni e 6 mesi (Antonio Rocca) ad un minimo di un anno e 4 mesi.

Secondo l’accusa il gruppo «ha costituito, e contribuito a radicare, sviluppare ed efficacemente agevolare, nel territorio delle province di Mantova e di Cremona, un’associazione per delinquere di stampo mafioso, che, rimanendo attiva quantomeno fino al novembre 2015, ha progressivamente operato grazie alla capacità intimidatoria propria del sodalizio al fine di imporre il perseguimento dei suoi fini, consistenti da un lato nell’assumere e mantenere il controllo di interi settori dell’imprenditoria locale, con specifico riferimento al comparto dell’edilizia e dall’altro ad esercitare una sempre più pervasiva penetrazione nelle istituzioni locali mirando ad assumerne il controllo» è scritto negli atti processuali. Parti civili nel processo si sono costituiti l’associazione Libera e Matteo Franzoni, imprenditore che aveva denunciato per primo le infiltrazioni della ‘Ndrangheta.

9 condanne e un’assoluzione: Deanna Bignardi (5 anni e quattro mesi), Nicolino Grande Aracri (20 anni e 8 mesi), Giuseppe Loprete (16 anni e 6 mesi), Giacomo Marchio (2 anni), Salvatore Muto (8 anni e 6 mesi), Antonio Rocca (17 anni e 6 mesi), Salvatore Rocca (un anno e 4 mesi), Danilo Silipo (3 anni) e Ennio Silipo (3 anni). Assolto Alfonso Bonaccio che in primo grado era stato condannato a dieci anni.

“È una sentenza storica, perché sono stati condannati esponenti di spicco della ‘ndrangheta in Lombardia”, ha commentato il procuratore reggente di Brescia, Carlo Nocerino. “Siamo riusciti a dimostrare che Nicolino Grande Aracri ha costituito e gestito una struttura ‘ndranghetista”, hanno commentato a loro volta i sostituti procuratori Paolo Savio e Claudia Moregola. “Questa è la nostra pietra d’angolo sulla quale costruire altre inchieste antimafia”.

Sara Pizzorni

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