Cronaca

Punto Nascita Oglio Po, si comincia a smantellare. Ma il lavoro va avanti, e sino all'ultimo

Il punto nascite di un nosocomio è l'anima pulsante, quella più bella e leggera. Quella più intimamente legata alla speranza. Di speranze realizzate quelle pareti ne hanno viste tante. Di quelle speranze che si realizzano in una culla non ne vedranno più

CASALMAGGIORE – Spariranno pure tutte le piccole tracce di umanità, i piccoli passi. Tante storie che sono rimaste lì, alcune a lungo, affisse a una parete, nei passi più leggeri dei corridoi, attaccati ai vetri dietro ai quali si scorgevano le culle, e la nuova vita.

Lo ha ricordato ieri, in un appassionato messaggio, Anna Stella Vicini che di quel reparto – per i tanti anni trascorsi – è l’anima. Tra venti giorni il Punto Nascite chiuderà ed è già tempo di fare i bagagli. “Questa foto è di mia figlia Camilla – scrive su facebook – che per 24 anni è stata appesa nel reparto maternità dell’Oglio po insieme ad altre decine e decine di foto di piccoli angeli nati in questo reparto. Oggi, con un nodo in gola e lacrime agli occhi, ritorna a casa perché la stanza dove le foto erano appese, sarà adibita ad altro servizio.

La chiusura di un reparto è anche questo. E’ il cancellare una storia, con un colpo di spugna, magari per aprirne un’altra. Che non avrà più la stessa intensità, la stessa partecipazione e lo stesso trasporto. Troppe volte l’ospedale – e per la stessa natura umana che è fatta anche di quello – è associato alla morte, al dolore. Il punto nascite di un nosocomio è l’anima pulsante, quella più bella e leggera. Quella più intimamente legata alla speranza. Di speranze realizzate quelle pareti ne hanno viste tante. Di quelle speranze che si realizzano in una culla non ne vedranno più.

C’è un piano di ‘rilancio’ dell’Oglio Po, ma è un piano di rilancio che parte da un requiem. E’ il rilancio di qualcosa sulla morte di qualcosa d’altro, una sorta di illusioria speranza che una ‘disgrazia’ possa essere cancellata da qualcosa d’altro. Un milione di investimento che avrebbe, o che potrebbe essere gestito preservando il Punto Nascite. Magari con un impegno del ministero a rivedere i parametri di una normativa ormai fuori dalla ragione (e magari un qualche atto ministeriale teso a sospendere – per i punti nascita con tutti i parametri di sicurezza presenti, come quello di Oglio Po – la norma in attesa di una revisione), magari provando il punto nascita a rilanciarlo davvero secondo quanto suggerito da tempo dal Comitato a difesa dell’Oglio Po e sottoscritto anche da chi poi qualche pezzo di quel piano se lo è dimenticato. Togliendo alibi alla regione che si appella alla normativa.

A parlare poi, si è tutti bravi. Anche a lanciare roboanti comunicati da improbabili condottieri. Se ne sono letti tanti da rappresentanti politici in questi giorni. Tanti che non accennano, o forse non vogliono farlo, al cuore stesso del problema: l’input per non fare chiudere il punto nascite o viene da Roma, o non viene affatto. Qui non c’è Zaia. E a Roma non ci sono mamme, comitati, o giornalisti in grado di poter far cambiare le cose. Ci sono politici e quello che è più grave è che a volte ci sono politici amici in ruoli nevralgici.

Non resta che il ricorso, che neppure tutti i sindaci, come ci si sarebbe potuto attendere, hanno firmato. Al momento sono 12 (su 30). Qualcuno ci sta ancora pensando, qualcun altro forse ci ha già pensato. Non si arriverà all’unanimità, molto probabilmente: questo è un territorio in cui ci si divide su tutto, anche sull’essenziale. Peccato. I regni più deboli, quelli divisi tra loro, sono quelli più facilmente attaccabili dai soldati di ventura.

Il personale del nosocomio Casalasco, la difesa ad oltranza delle mamme che hanno visto i loro figli nascere lì e che ancora li vorrebbero veder nascere, il comitato che questa guerra la combatte da anni sono la parentesi più straordinaria di tutta questa triste storia. Continuano a nutrire la speranza anche adesso, che è un piccolissimo lume acceso in balìa del vento freddo. Continuano a combattere e a lavorare. Nella maniera encomiabile in cui lo hanno sempre fatto.

“Il Punto Nascite Oglio Po – ci spiega un’altra che questa battaglia la sta combattendo strenuamente, Jessica Lazzarini – è molto attivo in questi giorni di ottobre. Nelle giornate di martedì e mercoledì sono stati eseguiti un cesareo programmato, un’induzione al parto ad una donna gravida oltre il termine previsto e un cesareo d’urgenza. Quest’ultimo, prontamente eseguito, si è reso necessario poiché il tracciato di controllo aveva evidenziato un battito fetale poco rassicurante per poter procedere ad un parto naturale. In pochi minuti è stata allestita la sala operatoria ed è stato eseguito tempestivamente l’intervento. Mamma e neonato sono in buona salute e tra un paio di giorni lasceranno l’ospedale. Molte sono state le presenze agli ambulatori della gravidanza, molti i tracciati di controllo eseguiti dal personale e molte le visite effettuate a utenti arrivate in pronto soccorso. Ad oggi i bimbi nati dall’inizio dell’anno sono 297. Il reparto, quindi, continua ad ospitare future mamme, mamme e neonati e ad offrire loro competenza, rassicurazioni e l’immancabile umanità”.

Ancora 20 giorni all’alba. O alla fine, per come la si voglia guardare. Il giorno in cui il punto nascite chiuderà non sarà stato solo l’ospedale a perdere qualcosa. Avremo perso tutti. E senza una sola ragione da poter addurre per accettare la sconfitta con cuore più leggero.

Nazzareno Condina

 

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